giovedì, Aprile 18

L’elezione del Doge nella Repubblica veneziana

La lunga marcia di Venezia, da lembo italico dell’Impero bizantino a Stato sovrano ed indipendente iniziata intorno al VIII secolo, prosegue attraverso un lungo periodo, contrassegnato dalla costituzione di cariche ed assetti istituzionali in continua evoluzione.

Come abbiamo constatato, in precedenti articoli, il confronto tra i poteri del Doge e quelli dell’aristocrazia e del popolo caratterizzeranno i secoli a venire. Da un lato il tentativo di molti nobili assunti alla carica dogale di forzare questa istituzione verso un’espressione di tipo monarchico ed ereditario, dall’altra l’azione dell’aristocrazia nel suo complesso ma anche di mercanti, armatori, banchieri, grandi artigiani di ingabbiare questa volontà con un sistema di contrappesi, attraverso la creazione di consigli e il potere dell’assemblea, volti a limitare il potere del Doge.

Un punto nodale è costituito dal sistema elettivo del Doge che trova una riforma destinata a durare fino all’ultimo giorno della Repubblica di Venezia dopo la morte del Doge Ranieri Zen, il 7 luglio 1268. I sei consiglieri speciali del defunto Doge e i tre capi del Consiglio dei Quaranta, o come veniva chiamata Quarantia, un organo con funzioni sia politiche che giudiziarie, istituito dal 1179, elaborarono una profonda e complicata riforma per giungere all’elezione del successore di Zen.

Secondo questa legge, che la tradizione voleva ispirata da uno dei capi della Quarantia, Ruggero Zorzi, il consigliere più giovane doveva scendere nella basilica di San Marco, prendere con sé il primo bambino in cui si fosse imbattuto e portarlo a palazzo, precettandolo come ballottino, cioè addetto all’estrazione dall’urna delle ballotte e delle schede. Le ballotte erano sfere di argilla, poi di cera e poi di tela che si usavano per le votazioni.

Nell’urna ricoperta di panno cremisi, venivano messe tante ballotte quanti erano i membri del Maggior Consiglio, ma in trenta di esse era stato inserito un bigliettino con la scritta elector (in seguito furono usate trenta palle dorate). Il ballottino estraeva le palle alla cieca una alla volta, e le consegnava, una per ciascuno, ai membri del Maggior Consiglio che gli sfilavano davanti. Finita l’estrazione, tutti dovevano uscire meno i trenta che avevano avuto in sorte la designazione elettorale.

I trenta dovevano appartenere a famiglie diverse e non potevano essere legati da vincoli di parentela: così, non appena uno di loro aveva ricevuto la ballotta che lo faceva elettore, il suo nome veniva gridato a gran voce e tutti i membri della sua famiglia nonché i parenti dovevano uscire dalla sala. Fra i trenta rimasti ne venivano allora estratti, ancora a sorte, nove; i nove si riunivano e i primi quattro proponevano cinque nomi per uno mentre gli altri cinque ne proponevano quattro per uno.

Sui nomi proposti i nove votavano, e i quaranta eletti da loro con un minimo di sette voti sfilavano a loro volta davanti al cappello per una nuova estrazione a sorte, che li riducesse a dodici. Con una maggioranza minima di nove voti, i dodici eleggevano altri venticinque elettori, tra i quali ne venivano estratti a sorte ancora nove che eleggevano quarantacinque nuovi elettori (maggioranza richiesta, sette voti).

Seguiva un ulteriore estrazione a sorte con successiva eliminazione, questa volta di trentaquattro elettori su quarantacinque; gli undici rimasti eleggevano con regolare votazione, a maggioranza di almeno nove voti, i quarantuno elettori, i quali, stando ognor chiusi e ristretti, procedevano all’elezione del doge, per la quale era richiesta una maggioranza di venticinque voti.

Questa farraginosa e complicata procedura elettorale aveva come scopo impedire elezioni corrotte o passionali e mantenere la carica del Doge protetta da influenze di lobby o di quelle delle più potenti famiglie nobiliari di Venezia. In questo modo la città lagunare riuscirà ad evitare il sorgere di signorie e tirannie personali che invece fu caratteristica molto diffusa nelle città italiane di quel periodo. Con questo sistema, paradossalmente fu eletto Doge il 23 luglio 1268, Lorenzo Tiepolo, appartenente ad uno dei grandi casati di Venezia.

L’elezione fu accolta da grandi festeggiamenti specie da parte dei mercanti e dalle corporazioni di artigiani, che sfilarono in corteo, nella speranza che il neoeletto seguisse le orme del padre promuovendo politiche in loro favore.

Ad una sola settimana dall’insediamento, dopo essersi pacificato con i Dandolo, altro grande casato veneziano con cui esisteva una feroce competizione, ratificò la tregua che il predecessore era riuscito a concludere con Michele VIII Paleologo, Imperatore bizantino, poco prima di spirare. Due anni dopo, il 22 agosto 1270, riuscì a concludere la pace anche con Genova, aprendo un periodo di pace nel Mediterraneo che favorì la ripresa dei commerci della Repubblica.

fonti:

alcune voci di Wikipedia

La Repubblica del Leone, di A. Zorzi

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