venerdì, Marzo 29

La materia nell’universo: creata nuova mappa

La materia nell’universo: creata nuova mappa. I ricercatori hanno utilizzato l’analisi combinata insieme dei dati del Dark Energy Survey e del South Pole Telescope. Queste informazioni permetteranno di comprendere l’evoluzione dell’universo.

La materia, quando l’universo ebbe inizio, fu scagliata verso l’esterno. Questa, gradualmente, formò i pianeti, le stelle e le galassie che oggi conosciamo. I ricercatori assemblando con cura la mappa della materia, possono riuscire a comprendere le forze che hanno plasmato l’universo.

Un team di ricercatori, appartenenti all’Università di Chicago e al Fermi National Accelerator Laboratory, ha rilasciato una delle misurazioni più precise mai effettuate prima. Questa descrive in quale modo la materia si è distribuita fino ad oggi nell’universo. L’analisi ha coinvolto più di 150 ricercatori ed è stata pubblicata attraverso tre articoli lo scorso 31 gennaio sul Physical Review D.

L’analisi, tra le molte scoperte, è riuscita a evidenziare che la materia non è poi così “grumosa” come ci si aspetterebbe. Questo sulla base del nostro attuale miglior modello dell’universo. La scoperta si va ad aggiungere ad una serie di prove, informazioni che potrebbero indicare che manca qualcosa nell’attuale modello standard dell’universo.

Materia dell’universo: il raffreddamento

La materia, subito dopo che il Big Bang l’ha creata in pochi momenti molto caldi e intensi circa 13 miliardi di anni fa, si è espansa in tutto l’universo, raffreddandosi e ammassandosi man mano che si disperdeva. I ricercatori, oggi, sono molto interessati a tracciare il percorso di questa materia. Questo permetterebbe di vedere dove è finita, cercando di provare a ricreare ciò che è accaduto e quali forze erano in gioco.

Il primo passo è stato quello di raccogliere enormi quantità di dati con i telescopi. I ricercatori, nella nuova ricerca, hanno combinato i dati di due indagini telescopiche molto diverse. Questi sono The Dark Energy Survey, che ha esaminato il cielo per sei anni in Cile, e il South Pole Telescope. Quest’ultimo ha cercato deboli tracce di radiazioni, elementi che stanno ancora viaggiando attraverso il cielo fin dai primi istanti dell’universo.

La combinazione di due diversi metodi di osservazione del cielo ha ridotto la possibilità che i risultati vengano scartati a causa di un errore in una delle forme di misurazione. L’astrofisico di UChicago Chihway Chang, uno dei principali autori della ricerca, ha spiegato che: “La combinazione di osservazioni ha funzionato come un controllo incrociato. Quindi diventa una misurazione molto più affidabile rispetto a quando ne se utilizza una sola”.

L’analisi ha analizzato, in entrami le osservazioni, un fenomeno chiamato lente gravitazionale. Mentre la luce viaggia attraverso l’universo, può essere leggermente piegata mentre questa passa davanti ad oggetti con molta gravità, come ad esempio le galassie. Questo metodo ha permesso di catturare sia la materia normale che la materia oscura, rilevata solo grazie ai suoi effetti sulla materia normale. Questo perché sia la materia regolare che quella oscura esercitano la gravità.

Queste due mappe del cielo del Dark Energy Survey (a sinistra) e del South Pole Telescope (a destra) sono state combinate per creare la mappa di distribuzione della materia più precisa mai realizzata. 
Credito immagine: Yuuki Omori

La materia dell’universo: i dettagli della ricerca

I ricercatori, analizzando rigorosamente queste due serie di dati, hanno potuto dedurre dove sia finita tutta la materia nell’universo. La nuova ricerca è molto più precisa delle misurazioni precedenti, ed è riuscita a restringere le varie possibilità di dove è finita la materia.

La maggior parte dei risultati si adattano perfettamente alla migliore teoria dell’universo attualmente accettata. Nonostante ciò, ci sono delle discrepanze, evidenze suggerite in passato anche da altre analisi. Il coautore dell’analisi e astrofisico dell’Università delle Hawaii Eric Baxter (UChicago PhD’14), ha spiegato che: “Sembra che ci siano meno fluttuazioni nell’universo attuale, rispetto a quanto previsto. Questo ci permette di assumere il nostro modello cosmologico standard come condizione ancorata all’universo primordiale”.

Conclusioni

Se cerchi di creare un modello che incorpori tutte le leggi fisiche attualmente accettate, quindi utilizzi le letture partendo dall’inizio dell’universo e vai avanti nel tempo, i risultati sembrano leggermente diversi da ciò che effettivamente misuriamo intorno a noi oggi.

Le letture odierne, in particolar modo, rilevano che l’universo è meno “grumoso”, ossia un raggruppamento in determinate aree piuttosto che distribuito uniformemente, come previsto dal modello.

I ricercatori, se altre ricerche dovessero trovare gli stessi risultati, potrebbero accertare che manca qualcosa nel nostro attuale modello dell’universo. I risultati, però, non sono ancora al livello statistico, tanto da permettere ai ricercatori di poterli considerare inattaccabili. Per questo sono necessarie ulteriori ricerche.

L’analisi svolta dai ricercatori rimane comunque una pietra miliare, in quanto ha fornito informazioni utili da due indagini telescopiche molto diverse. Chihway Chang conclude spiegando che: “Penso che questa ricerca abbia mostrato sia le sfide che i vantaggi di fare questo tipo di analisi. Ci sono molte informazioni nuove che si possono utilizzare quando combini questi diversi punti di vista dell’universo”.

IMMAGINE:

https://www.iflscience.com/most-accurate-map-of-all-the-matter-in-the-universe-revealed-67336

FONTE:

https://www.eurekalert.org/news-releases/977893?

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