giovedì, Settembre 19

Italo Svevo: l’unicità di uno scrittore appartenente a due culture diverse

Il suo vero nome fu Ettore Schmitz, nacque (nel 1861) e visse a Trieste, e morì a Motta di Livenza, presso Treviso, in un incidente automobilistico nel 1928. Cinque anni di studi in Germania, un impiego in banca durato diciotto anni, la direzione della fabbrica di vernici sottomarine di proprietà della moglie e la conseguente attività industriale con frequenti viaggi all’estero ( Inghilterra e Germania) per ragioni commerciali.

Questa vita (ritenuta dallo stesso poco edificante e povera di emozioni) fu sostenuta dalla passione per la letteratura la quale, però, gli costò grandi amarezze; infatti, i suoi romanzi passarono del tutto inosservati. Pubblicò tutte le sue opere con lo pseudonimo di Italo Svevo (per rimarcare la sua appartenenza a due popoli e a due culture diverse: l’italiana e la tedesca). I suoi due primi romanzi, “Una vita” (1892) e “Senilità” (1898) furono all’epoca ritenuti scadenti e poco letterari, al ché lo scrittore, in preda allo sconforto e ad una latente depressione, decise di abbandonare definitivamente la scrittura.

Ma forse non era questo ciò che il destino voleva o aveva deciso per lui! La conoscenza inaspettata dell’irlandese James Joyce, uno dei più grandi e rivoluzionari scrittori del Novecento, che allora si trovava a Trieste, cambiò definitivamente la sua vita e lo trasse fuori dall’abisso psichico nel quale era precipitato.

James Joyce ammirò, a dispetto di tutti e di tutto, il suo talento letterario e lo esortò a proseguire. Egli scrisse, così, il suo terzo romanzo “La coscienza di Zeno” (1923). Proprio su indicazione dello stesso James Joyce nel 1925, per merito di alcuni critici francesi e del poeta Eugenio Montale, Italo Svevo ebbe finalmente il riconoscimento meritato dell’importanza e del grande valore della sua produzione letteraria.

I romanzi di Italo Svevo hanno una forte base autobiografica, ma la loro caratteristica più importante consiste nell’approfondimento psicologico dei personaggi che l’autore studia scavando nei lati oscuri della loro psiche scrutandone tutte le pieghe e tutte le sfumature e creando attorno ad essi lo sfondo di una città, di un ambiente e di una realtà opaca e sordida.

Il linguaggio dei suoi romanzi è ironico e amaro, e nel suo scavo profondo e verace oltre la coscienza mette a nudo miserie e debolezze della vita, della nostra vita, dietro le mentite spoglie di personaggi inconsueti e problematici. Eppure, con una certa rassegnata tristezza, egli lascia ampio spazio all’amore unico rimedio ai mali che affliggevano, affliggono e affliggeranno sempre la fragile e debole creatura umana.

Italo Svevo si eleva sulla letteratura contemporanea italiana come una sorta di faro possente e solitario che illumina acque profonde e tenebrose, descrivendo ed esprimendo il dramma esistenziale dell’uomo moderno che si ritrova in tutta la letteratura europea da Joyce a Proust e da Musil a Kafka.

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