giovedì, Settembre 19

L’uomo, il male e le sue conseguenze ne “Il Signore delle Mosche” di William Golding

Il Signore delle Mosche” è forse il romanzo più complesso e più riuscito di tutta la produzione letteraria dello scrittore inglese William Golding (1911 – 1993). Romanzo prettamente a tesi, dallo sviluppo decisamente coerente, che si serve delle forme dell’utopia negativa, “Il Signore delle Mosche” analizza, in modo preciso, il comportamento di un gruppo di studenti britannici che, in seguito a un disastro aereo, viene abbandonato su un’isola tropicale deserta durante un conflitto planetario.

Dopo i primi tentativi, coronati da successo, di dare vita a una società organizzata e democratica – i bambini più piccoli liberi di giocare, quelli più grandi divisi tra cacciatori e custodi del fuoco indispensabile per essere avvistati e quindi salvati – le tensioni all’interno del gruppo esplodono in modo drammatico e si deteriorano rapidamente fino alle estreme conseguenze. 

Il pessimismo e la sfiducia nelle potenzialità e nella natura dell’uomo ne “Il Signore delle Mosche” sono quasi totali, perché i genitori di quei ragazzi sono, a loro volta, in guerra e il fatto che appartengano alla stessa nazione esclude i motivi più immediati di rivalità. Il romanzo affonda le sue radici nelle atrocità che tutti hanno commesso nell’ultimo conflitto mondiale e formula, in realtà, due circostanziati atti di accusa.

Il primo è contro la fiducia nella razionalità e il feticismo nei confronti del progresso e della tecnologia. Il secondo, che ha avuto un impatto maggiore tra i lettori di cultura anglosassone, è quello contro le interpretazioni dei concetti di male e di peccato. Le responsabilità individuali, etiche e universali dell’uomo contenute in questo romanzo hanno avuto una vasta eco nel mondo letterario internazionale.

Si può, a scanso di equivoci, ritenere “il Signore delle Mosche” di William Golding una metafora di tutto ciò che la civiltà umana ha prodotto e continua a produrre di negativo e del male che l’uomo più civilizzato può operare ai danni del suo simile e della natura tutta. Vi si riscontrano, nel romanzo, ad una lettura più profonda e meditata, i diversi mali, o problemi, che affliggeranno in modo marcato la società dei decenni futuri, cioè quella del ventunesimo secolo in cui viviamo proprio oggi.

Fanatismo religioso e politico, prevaricazione sociale e umana, lotta per i diritti inalienabili di minoranze e categorie varie, incomprensioni e pregiudizi di ogni genere sono temi che si concentrano tutti via via nel corso del romanzo dall’inizio fino alla fine non lasciando scampo per la spietatezza della lotta fra il bene e il male, con la vittoria di quest’ultimo che sembra apparire definitiva. Eppure William Golding lascia, alla fin fine, spazio alla speranza e alla possibilità di redenzione e quindi di salvezza dell’uomo. Egli sembra voler dire: “E’ l’uomo la vera bestia, il vero mostro da temere. Perché il male è dentro di lui, e di lui soltanto. Tuttavia egli può estirparlo lavorando molto su se stesso e comprendendo che la civiltà, la tecnica, la tecnologia non dovrebbero mai essere separati dai suoi sentimenti più nobili ed elevati“. La salvezza per i ragazzi sopravvissuti arriverà. Ed essi potranno lasciare l’isola traendo insegnamenti preziosi da tutto il male che hanno inflitto, sopportato, vissuto.

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