giovedì, Settembre 19

L’estate del 1940

L’estate del 1940 fu la prima e l’ultima nella quale l’Italia fascista si crogiolò nella convinzione che una vittoria dell’Asse non soltanto fosse possibile, ma ormai imminente. Le armate naziste dilagavano in Europa, la Francia era stata sconfitta, la Gran Bretagna isolata era sottoposta a duri bombardamenti propedeutici ad un’invasione dell’isola. Insomma Mussolini era fiducioso che con il suo pugno di morti si sarebbe potuto sedere al tavolo del vincitore (Hitler) e spartirsi con lui i frutti della guerra.

Il futuro sembrava radioso, molto più di quel luglio, insolitamente freddo e piovoso che si raddrizzerà soltanto nell’ultima decade. In Italia dopo le prime incursioni aeree inglesi seguite alla dichiarazione di guerra del 10 giugno, i bombardamenti si erano dapprima rarefatti per poi terminare completamente. La guerra sembrava di nuovo lontana.

I giornali di regime facevano di tutto per rafforzare nell’opinione pubblica la sicurezza che gli inglesi fossero ormai alle corde e che la nostra antiaerea rinforzata da nuovi pezzi d’artiglieria regalateci dall’alleato tedesco fosse in grado di respingere eventuali, nuove attacchi aerei. I giornali presero a pubblicare con regolarità l’Albo della Gloria, di fatto l’elenco dei caduti italiani. Il primo elenco apparve il 9 luglio. Registrava 775 morti sul fronte delle Alpi, 43 nell’Africa Orientale Italiana, più 2982 feriti e 315 dispersi.

Uno dei cardini della propaganda fascista era il cinema, dove prima degli spettacoli venivano propinate immagini di guerra, accuratamente censurate, dove i nostri soldati apparivano sempre intrepidi, belli e leali mentre, i nemici erano sempre brutti, sporchi, laceri ed infidi. I cinegiornali LUCE presentavano agli italiani una versione edulcorata e fasulla di una guerra in cui l’esercito italiano era stato catapultato assolutamente impreparato e privo delle più elementari forniture belliche.

Oltre ai cinegiornali i cinema offrivano interi programmi dedicati alla guerra, documentari opportunamente realizzati, il cui titolo era già tutto un programma: L’uomo senza tramonto con Harry Baur, Azione di bombardamento eseguita da Italo Balbo, La marcia su Parigi, Si avanza all’Est, La battaglia delle Fiandre.

In quell’anomalo luglio si conclude anche il censimento della popolazione e gli italiani apprendono di essere quasi 45 milioni. Gli italiani con la guerra apparentemente lontano dalle loro case sopportavano le mancanze di generi di necessità che iniziavano a manifestarsi sugli scaffali dei negozi. In particolare la penuria di sapone indusse molte persone a prepararselo da sole facendo bollire nauseabondi intrugli.

Zucchero e carne furono tra i primi alimenti a rarefarsi fin quasi a sparire. Le macellerie potevano restare aperte solo tre giorni la settimana e offrivano, finché ce n’era, soltanto frattaglie: fegato, polmone e trippa. Cotolette e fettine divennero un miraggio.

Un paese povero e con il commercio ridotto alle relazioni con l’alleato tedesco virò progressivamente verso un’economia autarchica. La mancanza di tessuti incentivò le rubriche specializzate dei giornali ad insegnare alle donne come realizzare vestiti utilizzando stoffe usate, juta e tessuti sintetici. Le donne furono in parte precettate come operaie per sostituire gli uomini al fronte, altre soprattutto appartenenti alle classi altolocate o aristocratiche infoltirono i ranghi delle crocerossine, mentre si sviluppò enormemente il fenomeno delle madrine di guerra. Si trattava in poche parole di donne che intrattenevano rapporti epistolari con un soldato al fronte, inviandogli qualche dono e cercando di lenire le sofferenze psichiche e talvolta fisiche dei giovani in guerra.

Sul fronte l’iniziativa bellica italiana stagnava, dopo l’ingloriosa fine delle operazioni sul fronte francese, si era registrata soltanto qualche scaramuccia nella Somalia britannica (quasi priva di difese) e in Sudan. Ed a proposito di scaramucce, sempre in quel mese di luglio si registra un contatto fra la squadra italiana dell’ammiraglio Campioni e quella britannica dell’ammiraglio Cunningham al largo di Punta Stilo in Calabria. Le due formazioni navali si scambiano alcune cannonate a grande distanza senza subire danni, a parte una cannonata che centra la plancia della corazzata Giulio Cesare.

Questa scaramuccia navale rivelerà subito l’assurda gestione della flotta che dipende in tutto dalle istruzioni centralistiche di Supermarina, senza alcuna autonomia operativa, mentre le navi inglesi sono libere di gestire il contatto con il nemico come meglio credono. Ritornando al “fronte interno” c’era però una parte degli italiani già in grande sofferenza. Le famiglie operaie il cui capofamiglia era stato arruolato si trovarono improvvisamente sull’orlo della fame. Il sussidio che il governo passava era infatti del tutto insufficiente. Per la propaganda fascista il proletariato non esisteva se non per dipingerne un presunto spirito di sacrificio.

Nel mese di agosto del 1940 il governo approvò il nuovo trattamento economico per i richiamati. Per impiegati e professionisti impegnati nel servizio militare la retribuzione economica militare equivaleva a quella civile ed inoltre avevano diritto alla conservazione del posto. Per gli operai chiamati a svolgere il servizio militare, il posto di lavoro era perso però avevano diritto ad una gratifica. Per i contadini non era previsto niente, anzi rischiavano di perdere l’uso della casa colonica in cui abitavano se il padrone assumeva altri coloni per «integrare le capacità lavorative venute a mancare».

Niente di tutto ciò trapelava sulla stampa o alla radio. Come la cronaca nera espunta dalle veline di regime, le difficoltà della parte meno abbiente della popolazione erano rigorosamente ignorate. Si dava spazio unicamente alle “notizie costruttive ed edificanti” come le migliaia di studenti universitari che quel mese accorrevano ai Campi Dux per le esercitazioni paramilitari.

Nel frattempo gli aerei inglesi tornano nei cieli italiani bombardando Milano, Torino, Tortona e Alessandria. La contraerea italiana si rivela completamente inutile. I media di regime accusano di azioni piratesche l’aviazione inglese mentre usarono toni trionfalistici per la “conquista” nella Somalia britannica di fatto indifesa, di uno sconosciuto villaggio: Zeila. Uno dei titoli della stampa recitava pomposamente: «Prima vittoria sulla via delle Indie!».

Nel paese intanto è al via la raccolta del ferro: inferriate, cancellate ed altri materiali ferrosi vengono requisiti dall’ENDIROT (l’ente per la raccolta dei rottami) per utilizzare questo materiale nello sforzo bellico. Il mese di agosto termina con l’entusiasmo per i pesanti bombardamenti inflitti a Londra e la scomparsa della circolazione delle 5 lire d’argento (chiamati comunemente aquilotti). Si inaspriscono le disposizioni per l’oscuramento e calano anche le relative infrazioni, più per l’effetto degli attacchi aerei britannici che per la paura delle multe.

L’ultimo mese di quell’estate si apre con la vittoria del film di Augusto Genina, “L’assedio di Alcazar” al Festival del Cinema di Venezia che quell’anno di internazionale ha davvero poco. I giornali riportano che l’Istituto case popolari (l’unico che ancora lavorava nell’edilizia visto che l’intera attività privata era in crisi) aveva stanziato trecento milioni per la costruzione di quattro città satelliti attorno a Milano. Secondo il progetto, dovevano essere realizzati quattro centri autonomi (dedicati a Costanzo Ciano, Arnaldo Mussolini, Italo Balbo e Guglielmo Oberdan) capaci di ospitare ciascuno 20 000 abitanti e dotati di tutti i servizi indispensabili, ossia: Fascio, chiesa e scuola.

Ormai l’estate del 1940 andava declinando e con essa la speranza che la guerra non soltanto potesse avere un esito breve ma anche vittorioso.

Fonti:

alcune voci di Wikipedia

Come eravamo negli anni di guerra di A. Petacco

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