giovedì, Settembre 19

Dio stramaledica gli Inglesi! Mario Appelius, la voce del regime

Senza ombra di dubbio la radio fu il principale strumento di propaganda del regime fascista, prima e durante la guerra. Affidandosi alle voci note e popolari di alcuni speaker, il regime, soprattutto dopo l’entrata in guerra, cerco di far passare attraverso apposite rubriche l’idea di una guerra vincente, dove le forze dell’Asse apparivano inarrestabili.

Notizie gravi quale un bombardamento di una grande città o una sconfitta militare venivano nascoste o quanto meno minimizzate. Tra le rubriche radiofoniche più popolari, una è addirittura ideata dallo stesso Ministro della Propaganda Alessandro Pavolini, si chiama “Notizie da casa” ed ha l’intento di far pervenire ai soldati al fronte i saluti e gli incoraggiamenti dei familiari. Ma i messaggi che giungono alle stazioni dell’EIAR non soddisfano il regime: si parla troppo di bambini e di madri in attesa, di raccolti andati a a male. Insomma comunicazioni che aumentano la nostalgia più che l’ardore guerresco di un soldato fascista.

Per questo improvvisamente iniziano ad apparire con sempre maggiore frequenza saluti ed incoraggiamenti di questo tipo: «Tu mi dici che combatti con lo stesso accanimento che in Africa. Ne ero certa: uno squadrista non poteva fare altrimenti»; «Ti ho visto nel giornale Luce, ho potuto distinguere persino le tue tre decorazioni. E il Duce ti era vicino»; «Siamo orgogliosi di te. Fai sempre il tuo dovere come il Duce comanda».

Ma certamente la rubrica radiofonica più popolare, vera e propria punta di lancia del fascismo, era “Commenti ai fatti del giorno“. Andava in onda tutte le sere, alle 20.20 e vi si alternavano propagandisti scelti, come Mario Appelius o Giovanni Ansaldo.

Soprattutto il primo era stimato dallo stesso Duce. Mario Appelius nato ad Arezzo il 20 luglio 1892 aveva avuto una gioventù avventurosa. Negli anni Trenta aveva girato mezzo mondo, da un certo punto in poi, come inviato del mussoliniano “Popolo d’Italia”. Eiopia, Somalia, Congo, Giava, Borneo, Indocina, Cambogia, Laos, Tonkino, Patagonia, Cuba, Haiti, Guatemala, Nicaragua i suoi racconti di viaggio, scritti con una prosa fantasiosa e forbita, sulle città ed i popoli che andava visitando contribuirono in modo decisivo a costruire l’immaginario fascista sul resto del mondo.

La sua conduzione dei “Commenti ai fatti del giorno” era certamente la più brillante e si chiudeva invariabilmente con la frase “Dio stramaledica gli inglesi!“. Appelius è anche l’inventore del famoso complotto “demo-pluto-masso-giudaico” oltre ad un abile confezionatore di vittorie militari inesistenti o di eroici episodi di resistenza dei soldati italiani, altrettanto fasulli.

Succede però che il 6 ottobre 1941 accadde qualcosa che mise in crisi gli ingranaggi ben oliati della propaganda radiofonica. Mentre Appelius inneggiava alla travolgente avanzata tedesca sul fronte russo, dalla radio si diffuse una voce che non era quella del commentatore, ma di un’altra persona: «Italiani, qui parla la voce della verità. La voce dell’Italia libera. La voce dell’Italia antifascista».

Questo anonimo disturbatore sfrutterà tutte le pause di Appelius per controbattere le sue affermazioni. Lo speaker fascista spesso riuscirà a sconfiggere le incursioni dello sconosciuto con una serie di argomentazioni pre confezionate. Questo non impedirà allo Spettro, come lo chiamava lo stesso Appelius, di “piombare” dall’etere sui “Commenti ai fatti del giorno” fino alla liberazione di Roma il 4 giugno del 1944.

Ma la sorte radiofonica di Appelius si infrangerà molto prima. Gli sarà fatale l’ennesima guasconata e l’odio viscerale che nutriva per gli inglesi. Una sera accuserà i britannici di bombardare città indifese e li sfiderà ad attaccare La Spezia, a suo dire una piazzaforte inviolabile. Quella notte, del tutto casualmente, bombardieri britannici attaccano La Spezia devastandola senza perdere un solo aeroplano. Per Appelius è un grande smacco e la sua popolarità ebbe un repentino crollo. A fine febbraio del 1943 fu definitivamente allontanato dalla conduzione della rubrica.

Ma lo Spettro chi era? Il disturbatore di Appelius era Luigi Polano, classe 1897, comunista di ferro che conobbe Lenin, agente impiegato dal Komintern in delicati incarichi in giro per l’Europa, uomo di fiducia, negli anni difficili a Mosca, del leader dei comunisti italiani Palmiro Togliatti.

E proprio su disposizione di quest’ultimo, da Užice, nella Serbia occidentale, un’enclave dove i partigiani di Tito resistevano strenuamente all’avanzata tedesca, in una piccola stanza di un edificio della cittadina, con l’assistenza di Lenochka, una agente del Nkvd (la polizia segreta staliniana), e di Lavrentji, un tecnico esperto di radiofonia, Polano cominciò a far partire i segnali radio destinati a disturbare il programma di Appelius e a mandare su tutte le furie il Duce. La “voce della verità” trasmise ininterrottamente dal 6 ottobre 1941 sino al 5 giugno 1944, in una situazione precaria dovuta alle alterne vicende della guerra.

Mario Appelius dopo la fine della guerra venne processato per apologia del fascismo e condannato, ma grazie all’amnistia Togliatti evitò il carcere. Morì a Roma il 27 dicembre 1946, all’età di soli 54 anni.

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