giovedì, Settembre 19

MANTE: leggiadri aquiloni sottomarini

Le Mante sono pesci molto singolari e appariscenti, appartenenti alla famiglia delle Mobulae, come la Mobula mobular, innocua, ingiustamente denominata “pesce del diavolo”. Si possono ritenere squali appiattiti,  ma del tutto pacifici e tolleranti verso le persone. Se ne conoscono finora due specie, di cui la più grande, dai 5 ai 7 metri di lunghezza, è la M.birostris, che preferisce zone di alto mare, mentre la M.alfredi (dai 3,5 ai 5m), stanziale, si trova presso le barriere coralline.

Nonostante le dimensioni ed i pesi considerevoli, fino a circa 2 tonnellate, si nutrono di minuscolo zooplancton, nei cui banchi entrano a bocca aperta, per poi filtrarlo attraverso le branchie. Le caratteristiche più evidenti sono senz’altro l’esteso mantello romboidale, nero sopra e bianco sotto, e la lunga ed affilata coda. Rispetto alle mobule, con aculeo  caudale velenifero e denti su entrambe le mascelle, le mante hanno l’ampia bocca all’estremità anteriore del corpo, invece che in quella inferiore.

Oltre ad una notevole longevità, con  durate di vita che sfiorano i cento anni, posseggono il cervello più grande tra tutti i pesci, con un buon sviluppo di certe zone, sensoriali ed intellettive. Sembra accertato che si riescano a riconoscersi allo specchio, come oranghi e scimpanzé; inoltre hanno una certa capacità comunicativa, interagendo a gruppi, e possono persino giocare senza timori con le persone, facendosi cavalcare.

Nonostante la scarsa appariscenza del plancton, sanno inoltre riconoscere le zone più dense, anzi disponendosi a catena o roteando in vortici a spirale fanno ammassare copepodi e gamberetti. Importanti punti di ritrovo sono le barriere coralline, con pesci labridi, veri e propri agenti di pulizia, che tolgono pezzetti di cibo, alghe e parassiti in bocche e branchie di pesci più grandi, procurandosi così del cibo per sé.

Inoltre nella stagione riproduttiva questi posti permettono una maggiore possibilità di incontri tra maschi e femmine. Le mante sono ovovivipare: dopo l’accoppiamento, l’uovo fecondato si sviluppa nel corpo materno, col piccolo che ne esce già capace di procurarsi il cibo ed affrontare gli imprevisti quotidiani. Dopo il “parto”, la femmina si trova davanti gruppi numerosi, fino a 25, di maschi la inseguono, si avvicinano, accarezzandole la testa con una pinna cefalica. Solo uno, il favorito, la ferma e le morde la punta della pinna sinistra.

Le mantre possono essere individuate singolarmente e studiate da una specie di impronte digitali, anzi ventrali, un gruppo di macchie scure piccole e grandi, diverso da un individuo all’altro. Dal tasso di avvistamento si può dedurre il numero di popolazioni nel tempo. Le zone in cui se ne avvistano maggiormente sono le Maldive, dove ne sono state fotografate circa 2700, presso lo Yucatan in Messico, Mancora al Nord del Perù, Indonesia e Mar Rosso. Nel Mediterraneo vengono osservate soprattutto nel santuario Pelagos.

Eppure sono diversi i pericoli a cui sono esposti questi bellissimi animali.

In primo luogo, la pesca diretta per ricavarne le branchie, ritenute erroneamente efficaci dalla medicina popolare, ma anche quella indiretta, restando impigliate in reti. Inoltre l’inquinamento marino provoca nel tempo una sensibile diminuzione del plancton. Pure il turismo eccessivo, non regolato, può causare un certo allontanamento delle mante. Certamente ci saranno in futuro nuove scoperte, che permetteranno una maggiore comprensione delle loro facoltà fisiche e comportamentali. 

Crediti fotografici: cms.int/ subacqueaedintorni-wordpress.com

VIDEO: Lo straordinario incontro con le manti giganti in Baja California

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