giovedì, Settembre 19

Il caso della doppia cerimonia di resa della Germania

L’8 maggio 1945, il comandante in capo delle forze anglo-americane Dwight Eisenhower riceve un telegramma molto duro di Aleksej Antonov, vicecapo di stato maggiore sovietico che contesta il testo della capitolazione tedesca firmato a Reims così come trasmesso dal capo di stato maggiore Bedell Smith.

I sovietici affermano che il documento non corrispondeva a quello preparato dalla Commissione consultiva europea su incarico dei tre governi alleati Stati Uniti, Unione Sovietica e Gran Bretagna. A niente valgono le rassicurazioni di Eisenhower che sostiene che il testo firmato a Reims è identico a quello concordato.

In realtà l’ira di Stalin mira a ben altro. Il dittatore georgiano pretende una nuova cerimonia di capitolazione da effettuarsi a Berlino, la capitale del Reich, conquistata dai sovietici. In fondo l’Armata Rossa e l’Unione Sovietica non soltanto hanno sopportato il peso maggiore della guerra ma hanno sostanzialmente vinto contro le armate hitleriane a prescindere dal ruolo militare giocato in Europa degli alleati anglo-americani.

In sostanza Stalin diremmo oggi, pretende un risarcimento mediatico. Ovviamente la spunta ed Eisenhower anche su consiglio di Churchill decide di non partecipare personalmente alla nuova cerimonia per non “rubare” la scena al dittatore georgiano.

Gli Alleati occidentali inviarono a Berlino il maresciallo dell’aria britannico Arthur Tedder, il generale statunitense Carl Spaatz e, per le forze armate francesi, il generale Jean de Lattre de Tassigny. Per i tedeschi si presentarono il feldmaresciallo generale Wilhelm Keitel, a capo dell’Okw, l’ammiraglio generale Hans-Georg von Friedeburg per la marina, il colonnello generale Hans-Jürgen Stumpff a sostituire il comandante supremo della Luftwaffe Robert Ritter von Greim, ferito, che era stato nominato successore di Göring dallo stesso Hitler il 26 aprile 1945.

Tre aerei inglesi l’8 maggio intorno a mezzogiorno atterrano all’aeroporto di Tempelhof mentre gli alleati vengono accolti con tutti gli onori ed una banda suona i tre inni nazionali. Gli ufficiali tedeschi vengono trasportati a Berlino-Karlshorst, dove si trovava il quartier generale del maresciallo Žukov.

La seconda cerimonia di capitolazione nazista si svolgerà nell’ex mensa della scuola ufficiali del genio allestita in modo frettoloso dai sovietici requisendo alla popolazione civile tappeti, posate, fiori. Le macerie di fronte all’ingresso furono sgombrate e decorate con le bandiere dei vincitori.

La sottoscrizione dell’atto, inizialmente prevista per le 14, subì un ritardo in quanto i rappresentanti delle potenze vincitrici non solo ebbero da ridire sulla disposizione dei posti e sull’ordine delle firme, ma discussero ore per concordare un testo approvato da tutti. Non fu facile negoziare con i sovietici e alla fine si approvò un testo che aveva soltanto qualche piccola modifica rispetto a quello sottoscritto il giorno prima a Reims.

Intanto i tedeschi aspettavano in una caserma li vicino. Finalmente a mezzanotte quando dovevano scattare gli effetti della capitolazione sottoscritta a Reims in una sala gremita da una decina di generali sovietici, alcuni alti ufficiali alleati, molti attendenti e più di cento tra giornalisti e fotoreporter, Žukov aprì la seduta con poche parole e ordinò di far entrare la delegazione tedesca.

In un silenzio surreale Keitel ed il resto della delegazione tedesca entrò impettito nella sala mentre le telecamere riprendevano l’evento. I tedeschi furono fatti sedere ad un tavolino piccolo non troppo lontano dalla porta e Zukov chiese a Keitel se avesse letto l’atto di capitolazione ed avesse i poteri per sottoscriverlo.

Alla risposta positiva del feldmaresciallo tedesco, i tre furono convocati davanti al tavolo dietro cui sedevano i rappresentanti delle potenze vincitrici. Keitel si sfilò un guanto, si aggiustò il monocolo e firmò le cinque copie dell’atto di resa. Erano passati sedici minuti dopo mezzanotte. A seguire firmarono gli altri delegati tedeschi e poi i rappresentanti delle forze alleate. A mezzanotte e quarantatré era tutto finito. I tedeschi si inchinarono ed uscirono.

La tensione si sciolse definitivamente e nel banchetto che seguì, con la vodka che scorreva a fiumi, si raggiunse forse il massimo grado di concordia e cameratismo tra russi, americani e britannici. Anche alla delegazione tedesca, nella caserma dover era ospitata, fu offerta una cena notturna sontuosa preparata da un ristorante berlinese. La mattina del 9 maggio la delegazione tedesca volò a Flensburg dove giunse per le 10.

Adesso il Terzo Reich era definitivamente finito, la Germania sconfitta e si preparavano i semi per la futura divisione dell’Europa tra il blocco sovietico e quello americano.

Fonti:

8 giorni a maggio, di V. Ullrich

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