giovedì, Settembre 19

Gli eventi estremi dei cambiamenti climatici

Uno degli effetti più pericolosi ed indicativi dei cambiamenti climatici è l’intensificarsi di eventi estremi anche durante stagioni dell’anno che non dovrebbero, in linea di massima, prevederli. Durante l’estate del 2021, a metà luglio, una serie di nubifragi ha fatto cadere fino a 200 mm di pioggia in Germania occidentale ed in Belgio.

In alcune località la forza dell’alluvione ha fatto a pezzi molti edifici, spargendone i detriti per le strade. Pochi giorni più tardi sulla provincia cinese di Henan sono caduti, in tre giorni, 600 mm di pioggia, praticamente quanto ne cade mediamente in un anno intero. A metà agosto una brusca deviazione della corrente a getto (un vento forte che soffia in alta quota in certe latitudini) ha provocato piogge torrenziali in Tennessee con 430 mm di pioggia in sole 24 ore, una drammatica alluvione che ha provocato anche 20 vittime.

Passano pochi giorni ed un uragano (Ida) formatosi nel Golfo del Messico, cresce di intensità fino ad abbattersi con la forza devastante di un categoria 4 sulla costa della Louisiana. Sostenuto da venti di oltre 240 chilometri orari Ida ha lasciato oltre 1 milione di persone senza elettricità e circa 600.000 senza acqua per diversi giorni. Poi ha proseguito per tutti gli Stati Uniti orientali facendo 80 vittime e provocando danni ingentissimi.

Tutti questi eventi estremi hanno un denominatore in comune: il vapore acqueo. La forma gassosa dell’acqua è un potente “combustibile” per gli eventi estremi ed un acceleratore dei cambiamenti climatici. Il riscaldamento globale infatti causa una sempre maggiore evaporazione dell’acqua nell’atmosfera che diviene via via più calda. L’aria più calda è in grado di “immagazzinare” una maggiore quantità di vapore prima che questo si condensi e cada in precipitazioni più intense della norma.

Dalla metà degli anni Novanta la quantità di vapore acqueo presente nell’atmosfera è cresciuta del 4%, facendone un serbatoio più ricco per alimentare tempeste di ogni tipo. Questo surplus di vapore acqueo favorisce inoltre la formazione più rapida di uragani al largo delle coste orientali degli Stati Uniti mettendo in crisi il servizio di monitoraggio e di allerta di questi fenomeni estremi.

La scienza aveva da tempo previsto che il vapore acqueo in eccesso avrebbe provocato un’intensificazione di eventi estremi in tutto il mondo. Nel 2017 l’uragano Harvey, ha rilasciato nella città texana di Houston, la sbalorditiva cifra di 1500 mm di pioggia. Secondo le stime dei meteorologi le caratteristiche record di questo evento era stato reso tre volte più probabile e il 15% più intenso dai cambiamenti climatici.

Contrariamente ad altri gas atmosferici il vapore acquo non è distribuito in modo omogeneo per tutto il globo ma si concentra nelle zone tropicali umide a cavallo dell’equatore. Il calore fa evaporare l’acqua presente in terreni umidi, paludi, mari, fiumi e laghi. Il vapore porta con se una forma latente di energia chiamata “calore latente”. Se più tardi il vapore condensa e torna allo stato liquido rilascia quel calore nell’atmosfera. Si forma così una bolla di aria calda che è più leggera dell’aria circostante e perciò sale.

Salendo la bolla incontra aria sempre più fredda, cresce condensando altro vapore in goccioline che formano nubi e rilasciano altro calore latente. E questo calore latente è il principale combustibile di tempeste ed uragani. In un normale uragano la quantità di energia termica rilasciata in un giorno supera di oltre 200 volte l’energia elettrica prodotta in tutto il mondo in un giorno. Un uragano può rilasciare la forza esplosiva di una bomba nucleare da 10 megatoni ogni 20 minuti.

Il principale fattore di rischio della crescita del vapore acqueo nell’atmosfera è l’intensificazione delle tempeste tropicali. Negli ultimi 40 anni la probabilità che una tempesta si in rapida intensificazione è quintuplicata. Nel 2021 cinque dei sei uragani formatisi fino a metà settembre sono stati a rapida intensificazione. Oltre all’aumento del vapore acqueo gli eventi estremi trovano un altro combustibile nella diminuzione del cosiddetto wind shear. In meteorologia aeronautica il wind shear (o gradiente del vento) è un fenomeno atmosferico che consiste in una variazione improvvisa del vento in intensità e direzione. Questa diminuzione favorisce lo sviluppo di tempeste perché rende meno probabile che le colonne d’aria ascendente vengano spazzate via.

L’aumento di vapore non ha però riflessi negativi soltanto sull’intensificazione di eventi estremi. Le notti estive diventano sempre più afose e umide. Dalla metà degli anni Novanta si è registrato un aumento maggiore delle temperature minime notturne rispetto a quelle massime diurne. Questo effetto è anche pericoloso per la salute degli esseri umani soprattutto anziani e bambini molto piccoli. Inoltre il calore si può accumulare anche nel terreno uccidendo alcuni insetti e piante.

Fonte:

Le Scienze, febbraio 2022, ed. cartacea

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