giovedì, Settembre 19

Una strana paralisi infantile

È il 30 settembre 1911 quando il Corriere della Sera pubblica un articolo allarmista su uno strano e sconosciuto morbo che provoca la “perdita degli arti, specialmente le gambe. Sovente entro mezz’ora la paralisi si estende al resto del corpo e il disgraziato muore fra gli spasimi“.

Questa inquietante paralisi sembra colpire soprattutto i bambini, ancora la medicina del tempo non lo sa ma si trova di fronte ad una malattia, la poliomielite, tutt’altro che nuova. Una stele egizia del XV secolo a.C. in cui è raffigurato un sacerdote con una gamba più corta e il piede in posizione equina, e una mummia ancora più antica, databile XXV-XXIV secolo a.C. e ritrovata con la stessa atrofia a una gamba, testimoniano come la polio colpisse già da diversi millenni l’umanità.

Diversi medici, tra il Settecento e l’Ottocento, ne descrissero la sintomatologia ritenendola una malattia nuova. Eppure nonostante una lunghissima presenza nella storia dell’umanità, a cavallo tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo, si parlava della poliomielite come di un “morbo misterioso“. Una delle ragioni di questa presunta misteriosità va ascritta al fatto, che contrariamente ad altre malattie infettive, la polio non aveva prodotto vere e proprie epidemie, presentandosi spesso in forma sporadica e magari “mescolata” con altre infezioni.

La prima descrizione moderna di un piccolo focolaio di poliomielite risale al 1835 in Inghilterra, seguita da un’epidemia in Germania nel 1840, una in Norvegia nel 1868 e, tra il 1880 e il 1900, in Svezia, Francia e Stati Uniti, tutti con un numero di casi relativamente piccolo sia pure in costante crescita.

La polio colpiva soprattutto i bambini, i sintomi erano sempre gli stessi: febbre, nausea, spossatezza, mal di testa che in certi casi sfociavano nella paralisi degli arti e in gravi problemi respiratori. Nella prima epidemia di poliomielite che colpì gli Stati Uniti, nel 1894, su 123 persone colpite dalla malattia, 50 rimasero paralizzate in modo permanente e 18 morirono.

Oggi sappiamo che i sintomi più gravi si verificano solo in una minoranza dei soggetti infettati, ma all’epoca complice la constatazione che raramente si riscontrava più di un caso di “paralisi infantile” in un famiglia, si riteneva che la poliomielite non fosse una malattia contagiosa. Si deve ad un pediatra svedese Ivar Wickman e alle sue osservazioni durante una grave epidemia che colpì la Svezia nel 1905 con 1031 casi, la dimostrazione che la polio era una malattia contagiosa. Wickman mise in evidenza fra l’altro che la polio non si limitava a colpire i bambini, un malato su cinque aveva più di quattordici anni.

Si scoprì successivamente che la poliomielite si trasmetteva da individuo a individuo per via oro-fecale. Il suo agente eziologico il  poliovirus, è stato identificato nel 1908 da Karl Landsteiner, medico e biologo austriaco naturalizzato statunitense. L’insidiosità di questa malattia era dovuta a una grande presenza di persone infette asintomatiche (un po’ come accade anche oggi per il Covid19) ben il 72% dei casi totali. Nel restante 24% si manifesta con sintomi blandi che venivano facilmente scambiati per una gastroenterite e soltanto nel 1% il virus arriva così a danneggiare una sezione specifica del midollo spinale.

Quando il virus penetra nel sistema nervoso centrale, colpisce di preferenza i neuroni motori, portando a debolezza muscolare e paralisi flaccida acuta. A seconda dei nervi coinvolti, possono presentarsi diversi tipi di paralisi. La polio spinale è la forma più comune, caratterizzata da paralisi asimmetrica che spesso coinvolge le gambe. La polio bulbare porta alla debolezza dei muscoli innervati dai nervi cranici. La polio bulbospinale è una combinazione di paralisi bulbare e spinale.

La paralisi bulbare è quella più grave perché coinvolge anche il sistema respiratorio e la deglutizione e può causare la morte per soffocamento. Tra coloro che vengono colpiti da una paralisi irreversibile, dal 5 e il 10% muoiono per l’impossibilità di respirare.

Nel 1910 gran parte del mondo ha sperimentato un drammatico aumento di casi di polio, e le epidemie sono diventate eventi regolari, soprattutto nelle grandi città e durante i mesi estivi. Queste epidemie hanno fornito l’impulso per una “grande corsa” verso lo sviluppo di un vaccino, soprattutto negli Stati Uniti dove la paura di contrarre la polio negli anni quaranta e cinquanta dello scorso secolo era seconda soltanto a quella della bomba atomica.

Questa sorta di terrore verso la polio è difficilmente spiegabile se si considera che l’epidemia più grave degli Stati Uniti, quella del 1952, contò 57.879 casi e 3.145 morti, numeri molto più bassi rispetto a malattie come tubercolosi, polmoniti e influenza. Soltanto queste ultime due, nel 1953 fecero oltre 52.000 morti. Il singolare primato del terrore della polio va ascritto, probabilmente, al fatto che la maggior parte dei soggetti colpiti erano bambini e le immagini drammatiche dei bambini resi permanentemente disabili dalla malattia, costretti per tutta la vita su sedie a rotelle oppure ad arrancare faticosamente utilizzando delle stampelle, colpiva in profondità la mente dei genitori americani.

La corsa al vaccino raggiunse una prima tappa importante nel 1950 ed oggi siamo vicinissimi alla completa eradicazione nel mondo di questa malattia, che andrebbe ad aggiungersi a quella del vaiolo e della peste bovina, ma questa è un’altra storia che racconteremo in un prossimo articolo.

Fonti:

alcune voci di Wikipedia

La malattia da 10 centesimi di A. Collino

 

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