Se possibile il comandante della II Armata che sarà travolta a Caporetto è una figura ancora più controversa di Cadorna. Lugi Capello, classe 1859, si presentava con una figura imponente, quasi obesa ma con un carattere irruento, passionale e spietato che lo portò presto ad essere detestato dai suoi ufficiali e dalla truppa.
Per alcuni era il miglior generale del Regio Esercito durante la Grande Guerra, anche se quasi tutti concordavano sul fatto che Capello dava il meglio di sé nelle operazioni militari offensive. Il suo linguaggio sfociava spesso nel turpiloquio e non aveva in alcuna considerazione l’incolumità dei propri uomini, tanto che gli fu affibbiato il soprannome di “macellaio”. Lo stesso Cadorna che pure lo aveva messo al comando della Seconda Armata aveva un opinione controversa sul generale piemontese, di lui scriveva nel marzo del 1917: “Il Capello è un lestofante, ma è abile ed energico e sa ispirar fiducia a tutti”.
La sua carriera conobbe un forte balzo in avanti dopo la conquista di Gorizia nella sesta battaglia dell’Isonzo, ma secondo il generale Cavaciocchi, suo parigrado e feroce avversario, ma anche subordinato al comando del IV Corpo che sarà annientato durante il primo giorno dell’offensiva di Caporetto, la scalata gerarchica era dovuta essenzialmente ad un’alleanza innaturale fra massoni e preti, fra il ministro Bissolati e il cappellano padre Semeria.
Non pochi tra intellettuali e giornalisti che bazzicavano gli alti comandi italiani subivano il fascino di quest’uomo corpulento animato da una “violenza” interiore, forse seconda soltanto a quella di Cadorna. Filippo Tommaso Marinetti, il grande esponente del futurismo italiano, lo incontra per la prima volta nel marzo del 1917 e di lui dice:
Grasso tondo gioviale senza gravità. Mi dice: io sono di quei generali che attaccano. Lo spirito delle mie truppe è buono ma lo voglio migliore. Bisogna che l’impeto delle fanterie sia travolgente… Sembra un uovo di pasqua grasso tondo: ma è un forte intelligente ed energico generale.
Prima di Caporetto, se si escludono alcuni alti ufficiali in competizione gerarchica con Capello, come ad esempio Cavaciocchi, pochi avevano espresso dubbi sulle qualità militari e morali dell’uomo. Fra questi, il grande giornalista Luigi Barzini che di Capello scriveva:
Da noi vi è il Capellismo. Si dice che è il genio di Capello, l’abilità di Capello, l’energia di Capello, che hanno trionfato. E si vorrebbe Capello alla testa. Imbecilli! Capello ha bene eseguito, con molti errori, e impigliandosi alla fine nell’assurda lotta del S. Gabriele… Capello, ciarliero, maldicente, intrigante e megalomane, generale italiano del vecchio stampo, è la causa prima di questi errori d’opinione.
Capello era uno dei pochissimi ufficiali sotto il comando di Cadorna ad essere di umili origini e a non appartenere alla cosiddetta cricca lombarda. La sua carriera fu stroncata dalla disfatta di Caporetto e dal suo singolare comportamento in quelle drammatiche fasi. A Capello si rimprovera di non aver sufficientemente organizzato la difesa delle posizioni italiane anche se a sua discolpa occorre rilevare che l’esercito italiano era nel complesso impreparato a gestire una guerra difensiva avendo passato tutto il conflitto all’attacco, anche se con scarsi risultati dal punto di vista strategico.
Sta di fatto che nella notte tra il 25 e il 26 ottobre mentre tutto il fronte della Seconda Armata stava collassando, Capello si diede malato e chiese di essere sostituito al comando, attirandosi così il disprezzo di molti ufficiali e la costernazione dello stesso Cadorna.
Durante le audizioni della Commissione d’inchiesta il generale dovette difendesi non soltanto rispetto alla sua condotta durante lo sfondamento di Caporetto ma anche ad un suo presunto tentativo, ingraziandosi politici e quelli che noi oggi definiremmo opinion leader, di subentrare al posto di Cadorna. Capello negherà decisamente questa manovra dichiarando ai parlamentari che egli era “un generale ed un italiano e non un generale turco o spagnolo”.
Il caso aveva voluto che il più brillante generale offensivo del nostro esercito si trovasse a dover fronteggiare la spallata austro-tedesca di Caporetto mettendo cosi a nudo la totale impreparazione del comando e delle truppe ad una guerra difensiva. La Commissione d’Inchiesta parlamentare sulla disfatta di Caporetto, istituita dal governo Orlando nel gennaio 1919 e presieduta dal generale Carlo Caneva, aveva bisogno di un capro espiatorio e Capello era l’elemento giusto per soddisfare questa esigenza. Alla Commissione d’inchiesta i testimoni dissero di Capello tutto il male possibile. La Commissione sostenne dal suo canto che il generale avesse brigato con esponenti politici e media per prendere il posto di Cadorna, accusa che come abbiamo scritto Capello respinse sdegnosamente.
Dopo la fine del conflitto Capello parteciperà alla marcia su Roma ed aderirà al fascismo, ma quando nel 1923 il regime sancirà l’incompatibilità tra massoneria e fascismo, prenderà le distanze da quest’ultimo. Capello dichiarò apertamente la propria appartenenza massonica e nel 1924 difese fisicamente dagli attacchi fascisti la sede centrale del Grande Oriente d’Italia, Palazzo Giustiniani.
Capello fu arrestato a Torino con l’accusa di aver preso parte all’organizzazione del fallito attentato contro Mussolini organizzato dal deputato Tito Zaniboni. Nonostante la sua professione di innocenza verrà condannato a 30 anni di reclusione. Rimarrà in carcere per dieci anni uscendone il 22 gennaio 1936. Morirà a Roma il 25 giugno del 1941.
Fonti:
alcune voci di Wikipedia
Caporetto di A. Barbero