giovedì, Settembre 19

Scoperto perché il polo nord della luna di Plutone è rosso

Scoperto perché il polo nord della luna di Plutone è rosso. Caronte, il satellite di Plutone, possiede un misterioso polo nord rosso e adesso potremmo finalmente sapere perché. I ricercatori, da quando la New Horizons ha sorvolato il polo nord color ruggine della luna durante il sorvolo del 2015, hanno potuto analizzare i processi planetari che possono aver creato la colorazione del polo lunare.

I ricercatori, inizialmente avevano ipotizzato che la colorazione rossa, soprannominata Mordor Macula, fosse del metano catturato dalla superficie di Plutone, e che la colorazione fosse stata causata dalle radiazioni ultravioletta del Sole. Un ipotesi che doveva però essere confermata.

La ricerca

I ricercatori attraverso delle modellazioni e degli esperimenti in laboratorio hanno scoperto che la prima ipotesi non era poi così distante dalla realtà. La ricerca svolta ha aggiunto dei nuovi sorprendenti dettagli alla comprensione di Caronte, suggerendo che c’è di più nella colorazione della luna di quanto non si potesse immaginare.

La sonda spaziale New Horizons della NASA, lanciata nel 2006, ha fornito ai ricercatori una visione senza precedenti del sistema planetario nano Plutone e Caronte, situato ad una distanza di oltre 5 miliardi di chilometri dal Sole.

Randy Gladstone, uno scienziato planetario del Southwest Research Institute (SwRI), ha affermato che: “Prima di New Horizons, le migliori immagini di Hubble di Plutone rivelavano solo una macchia sfocata di luce riflessa. Il sorvolo, oltre a tutte le affascinanti caratteristiche scoperte sulla superficie di Plutone, ha rivelato una caratteristica insolita su Caronte, ossia una sorprendente colorazione rossa centrata sul suo polo nord”.

La colorazione rossa non è un colore insolito da vedere su dei mondi ricchi di ferro come ad esempio la Terra o Marte. Ma nella periferia ghiacciata del sistema solare, è molto più probabile che il rosso indichi in realtà la presenza di un gruppo eterogeneo di composti simili al catrame, denominati tholin.

Su Plutone, il metano è il punto di partenza. Per potersi formare un tholin, dei minuscoli idrocarburi, dovrebbe semplicemente assorbire uno specifico colore di luce UV filtrata dalle nubi di idrogeno orbitanti, denominata Lyman-alfa.

I dettagli

I ricercatori sono riusciti attraverso la sonda New Horizons a rivelare il preciso schema dei tholin sulla superficie di Plutone in alta definizione. Ma riuscire ad individuarlo anche su Caronte è stata una sorpresa intrigante.

I ricercatori avevano presunto che il rilascio di metano da Plutone potesse spostarsi sulla sua luna in orbita. Ma il momento preciso necessario affinché il gas si riuscisse a depositare e si congelasse in una macchia così distintamente diffusa è sempre stato un punto critico.

Il problema principale era creato dal contrasto tra la debole gravità di Caronte e la fredda luce del lontano Sole, che ne riscaldava la superficie. L’alba primaverile, per quanto fosse molto tenue, poteva essere sufficiente a sciogliere la brina di metano, scacciandola nuovamente sulla superficie.

Per poter comprendere cosa sia realmente accaduto i ricercatori SwRI hanno modellato il movimento altalenante del sistema planetario, che risulta essere in gran parte inclinato. Il segreto della macchia rossa potrebbe essere l’arrivo della primavera.

Il riscaldamento relativamente improvviso che colpisce il polo nord sarebbe avvenuto nell’arco di diversi anni, quasi come un semplice battito di ciglia nell’orbita del Sole di 248 anni della luna. Il metano spesso solo poche decine di micron, durante questo breve periodo, sarebbe evaporato da un polo mentre iniziava a congelare sull’altro.

La modellazione ha scoperto che questo rapido movimento sarebbe stato troppo veloce perché gran parte del metano congelato assorbisse una quantità sufficienti di Lyman-alfa per diventare un tholin. Ma invece l’etano, un idrocarburico leggermente più lungo del metano, avrebbe avuto un diverso riscontro.

Lo scienziato planetario Ujjwal Raut, autore principale di un secondo studio che ha modellato i cambiamenti nella densità del metano che evapora e si congela, ha dichiarato che: “L’etano è molto meno volatile del metano, ed è in grado di rimanere congelato sulla superficie di Caronte, anche dopo molto tempo rispetto all’alba primaverile”.

Ujjwal Raut, continua spiegando che: “L’esposizione al vento solare può convertire l’etano in depositi superficiali rossastri persistenti, che contribuiscono alla colorazione della calotta rossa di Caronte“.

Il team di ricerca è riuscito, insieme ai risultati degli esperimenti di laboratorio, a dimostrare un modo per poter trasformare il metano in etano ai poli. L’unico aspetto critico è che la radiazione Lyman-alfa non trasformerà l’etano in una sostanza rossastra. Questo però non esclude l’idrocarburo.

Le particelle cariche che fluiscono dal Sole, per un periodo più lungo, potrebbero comunque generare catene di idrocarburi sempre più lunghe, che donerebbero a Caronte la sua caratteristica calotta rossa.

Conclusioni

Ujjwal Raut, conclude spiegando che: “Pensiamo che le radiazioni ionizzanti del vento solare riescano a decomporre il gelo polare da Lyman-alfa, così da sintetizzare materiali sempre più complessi e rossi responsabili dell’albedo unico presente su questa enigmatica luna”.

Non ci resta che attendere ulteriori test di laboratorio e modellazione, che potrebbero aiutare a consolidare l’ipotesi che la colorazione rossa di Caronte, sia in realtà molto più complessa di quanto avessimo mai immaginato.

FONTE:

https://www.sciencealert.com/we-might-finally-know-how-pluto-s-moon-charon-got-its-stylish-red-cap

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