giovedì, Settembre 19

Il carattere di Carlo Magno

Da quando gli uomini hanno lasciato fonti documentali, per gli storici è relativamente semplice ricostruire gli avvenimenti e le gesta dei grandi protagonisti. Una parte affascinante della storia però sta nel far risorgere dall’oblio del tempo cosa pensavano gli uomini di una determinata epoca, quale era la loro indole, quale la mentalità prevalente. Si tratta di un’impresa estremamente difficile per l’uomo comune, appena un po’ più semplice per le grandi personalità su cui cronisti e agiografi, non sempre coevi, ci hanno lasciato molti indizi, che opportunamente letti e depurati possono ritornarci, in qualche misura, l’essenza dell’uomo e non soltanto le gesta del re, del papa, del grande generale.

Quale era il carattere di Carlo Magno, l’imperatore che dominerà la scena europea dal 768 al giorno della sua morte, ad Aquisgrana, il 28 gennaio 814? Le fonti principali sono quelle del suo biografo Eginardo e di Notker I di San Gallo, noto anche come Notkero il Balbuziente, nato ventisei anni dopo la morte di Carlo e autore delle Gesta Caroli Magni, una cronaca degli avvenimenti occorsi nel IX secolo.

Il ritratto che ci viene restituito di Carlo è quello di un uomo allo stesso tempo bonario e violento, sensualmente attaccato ai piaceri della vita, che fossero di natura sessuale, del cibo o dei divertimenti, in primis la caccia, che amava sopra ogni cosa. Secondo lo storico Heinrich von Fichtenau, l’imperatore era affetto da un disturbo bipolare di bassa intensità che in qualche modo giustificherebbe i non infrequenti sbalzi d’umore del sovrano. Non sapremo mai se le cose stavano davvero in questi termini.

Secondo Eginardo, Carlo era un uomo molto loquace che amava parlare in pubblico e persino il suo biografo, garbatamente, accennava come si trattasse a volte di un comportamento esagerato. La solitudine nell’esercizio del potere assoluto era controbilanciata dall’assoluta necessità di Carlo di essere sempre circondato da molte persone, ministri, sacerdoti, guardie del corpo, poeti perfino in situazione che oggi considereremmo intime come ad esempio fare il bagno.

I visitatori della corte di Carlo rimanevano colpiti dal grande frastuono che c’era intorno al sovrano che peraltro sembrava trovarsi perfettamente a suo agio in questa “confusione”. Carlo però era incline a scatti imprevisti di brutalità, che potevano sfociare anche in un confronto fisico con il malcapitato di turno. Gli aneddoti che circolavano fra la gente lo raffiguravano, inoltre, piuttosto facile alle spacconate.

Era come spesso capita ai potenti sensibile alle adulazioni ma anche capace di stare allo scherzo come un qualunque popolano del suo regno. Dai suoi consiglieri più fidati accettava anche qualche battuta sferzante tesa spesso a rintuzzare la sua presunzione. Un giorno Carlo esclamò: «Ah, se potessi avere anche solo una dozzina di chierici dotti come sant’Agostino e san Gerolamo!». Alcuino di York, uno dei suoi consiglieri più ascoltati, soprattutto in materia di fede, replicò: «Ma come! Perfino Dio ne ha soltanto due di quel livello, e tu ne vorresti addirittura una dozzina!».

Infine un’ultima annotazione pare che spesso Carlo usasse un linguaggio piuttosto volgare e intriso di turpiloquio che non aveva niente a che fare, ad esempio, con la rigida etichetta anche verbale del Basileus, l’altro imperatore che ad oriente, reclamava la stretta derivazione romana dell’impero bizantino.


Fonti:

alcune voci di Wikipedia

Carlo Magno, di A. Barbero

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