giovedì, Settembre 19

Le meraviglie della Terra: l’atmosfera

Gli esseri umani devono quasi tutto all’atmosfera. Senza di essa, ad esempio, la Terra sarebbe una landa ghiacciata con una temperatura media di -50° Celsius. Come se non bastasse l’atmosfera è un formidabile scudo protettivo contro raggi cosmici, raggi ultravioletti e particelle cariche che se penetrassero impunemente risulterebbero letali per la sopravvivenza umana.

Uno scudo protettivo

L’atmosfera terrestre è l’involucro di gas che riveste il pianeta Terra, trattenuto sia dalla forza di gravità che dal campo magnetico. Nell’insieme questa cortina gassosa equivale ad un muro di cemento spesso 4,5 metri. Senza questa “barriera” protettiva perfino le gocce di pioggia, non più frenate dall’atmosfera, risulterebbero molto pericolose. Se la vediamo da un punto di vista astronomico, l’intera atmosfera è poco più che un velo, in altezza si estende per circa 190 km. La composizione chimica dell’atmosfera varia in base all’altezza e alla localizzazione che prendiamo in considerazione, costituendo così una struttura piuttosto complessa e suddivisa in cinque strati, chiamati sfere, definite in base all’inversione del suo gradiente termico verticale.

Gli strati atmosferici

Partendo dal basso, queste sfere sono troposfera, stratosfera, mesosfera, termosfera ed esosfera, mentre la superficie di discontinuità tra due strati dove ha luogo l’inversione del segno viene detta “pausa”. La parte più preziosa per la vita sul nostro pianeta è la troposfera. Dalla superficie terrestre fino al suo punto di massima altezza la troposfera è spessa circa 16 km all’equatore e 10 o 11 km nell’area temperata dove vive la stragrande maggioranza della popolazione mondiale.

L’80% della massa atmosferica, e in particolare quasi tutta l’acqua e quindi tutti i fenomeni meteorologici, è contenuto in uno strato esile e delicato. La tropopausa è lo strato di atmosfera che separa la troposfera, in cui avvengono tutti i fenomeni meteorologici, dalla stratosfera, che è uno strato stabile. Si trova ad una quota media di 12 km, che varia da circa 8 km ai poli a circa 17 km all’equatore. Questa sorta di soffitto invisibile fu scoperto nel 1902 da un francese in mongolfiera: Léon-Philippe Teisserenc de Bort.

Le montagne russe della temperatura atmosferica

Mano a mano che risaliamo l’atmosfera la temperatura scende, a 10.000 metri di quota può raggiungere i -57° Celsius. Lasciata la troposfera però la temperatura ricomincia a salire fino a toccare i 5° Celsius circa, grazie agli effetti assorbenti dell’ozono. Poi come in una sorta di montagne russe, riscende verso il basso fino a toccare nella mesosfera i -90° Celsius. Nella termosfera la temperatura schizza verso l’alto attestandosi intorno ai 1500°, con oscillazione di circa 500° tra il giorno e la notte.

Ricordiamoci che la temperatura non è altro che una misurazione dell’attività delle molecole. Vicino alla superficie terrestre le molecole sono molto concentrate e possono percorrere solo minime distanze, circa otto milionesimi di centimetro, prima di collidere fra loro. Questa costante collisione produce lo scambiamento di molto calore. Ad 80 km di altezza la rarefazione dell’aria fa si che le molecole siano molto distanti l’una dall’altra, anche svariati chilometri e questo fa si che la loro collisione sia molto più rara. Le interazioni sono quindi rare e si scambia molto meno calore. Può sembrare contro intuitivo che più saliamo nell’atmosfera e minore sia la temperatura, almeno fino a quando non raggiungiamo la termosfera. Non ci stiamo avvicinando al Sole, la fonte di calore per eccellenza del sistema solare?

In realtà il nostro avvicinamento al Sole è insignificante. Salire di 10.000 metri di quota, rispetto alla distanza tra la Terra e la nostra stella che è circa 150 milioni di chilometri è praticamente irrilevante. La spiegazione è ancora una volta nella rarefazione delle molecole ad alta quota, che impedisce quelle collisioni responsabili dell’aumento della temperatura.

Non tutta l’aria è respirabile

Non è necessario però assurgere a quote così estreme per avere seri problemi di respirazione. Come ben sanno gli alpinisti quando si iniziano a superare i quattromila metri le condizioni respiratorie peggiorano a causa della progressiva rarefazione dell’aria, per diventare molto problematiche, nonostante il supporto di ossigeno, quando si cerca di raggiungere quote di sette od ottomila metri (Everest, K2, etc.). La sofferenza fisica è tristemente nota a quote superiori ai 7500 metri (quella che gli scalatori chiamano «zona della morte»); molte persone sperimentano una grave debilitazione già a partire da circa 4500 metri.

Il “peso” dell’aria

L’aria è tutt’altro che un mezzo etereo, possiede una massa ragguardevole di cui però non avvertiamo gli effetti tipici, ovvero lo schiacciamento. Anche questo è dovuto, come per le profondità marine, al fatto che il nostro corpo è costituito per la maggior parte da fluidi non comprimibili che esercitano una forza contraria, bilanciando così la pressione tra interno ed esterno. Ci rendiamo conto della massa dell’aria quando siamo coinvolti da forti venti o da un uragano. Ogni chilometro quadrato è “ricoperto” da 15 milioni di tonnellate d’aria.

Quando questi milioni di tonnellate d’aria si muovono sotto l’influsso di venti che viaggiano a 60, 80 o 100 km orari è normale che si producano danni anche ingenti a cose e persone. In determinate condizioni, le nubi temporalesche possono sollevarsi a un’altezza compresa fra i 10 e i 15 chilometri, e contenere correnti ascensionali e discensionali in grado di spostarsi a velocità superiori ai 150 chilometri orari.

Una questione di convenzione

Il processo che muove le masse d’aria sul nostro pianeta è dovuta alla convenzione, ovvero tutti quei movimenti interni dell’atmosfera terrestre causati  dall’instabilità dell’aria dovuta a una differenza di temperatura verticale o orizzontale. La sua intensità dipende dalla velocità di diminuzione di questa temperatura e dà movimenti organizzati nello strato d’aria instabile, provocando trasferimenti verticali di calore, quantità di moto e umidità. Il movimento convettivo può avvenire sia dal suolo che dall’altitudine in uno strato d’ aria instabile di spessore variabile.

All’equatore il processo di convenzione è relativamente stabile e per questo il tempo è prevedibilmente bello; non è così nelle zone temperate, dove la stagionalità dà luogo ha un’alternanza, spesso imprevedibile, tra sistemi di aria ad alta e a bassa pressione. I sistemi a bassa pressione sono creati dall’aria che sale trasportando nel cielo molecole d’acqua le quali formano le nuvole e infine la pioggia. Queste condizioni sono portatrici di nuvolosità e precipitazioni, anche molto intense. L’incontro tra fronti di alta e bassa pressioni avviene all’interno di sistemi nuvolosi. Data la distribuzione ineguale del calore del Sole sulla Terra si verificano differenze nella pressione dell’aria. Nel tentativo di ricreare l’equilibrio perso l’aria si muove. Il vento non è che il modo in cui l’atmosfera cerca per l’appunto di ricreare l’equilibrio perduto.

La cella di Hadley

L’aria si sposta sempre dalle zone di bassa pressione a quelle di alta pressione. La tendenza dell’atmosfera a tendere verso l’equilibrio fu intuita da Edmond Halley e poi consolidata nel diciottesimo dall’inglese George Hadley, il quale intuì che le colonne d’aria ascendenti e discendenti tendevano a produrre «celle». La cella di Hadley è un tipo di circolazione convettiva, che coinvolge l’atmosfera nella zona tropicale (dall’equatore ai tropici) generando un’ascesa di grandi masse d’aria calda nei pressi dell’equatore che, dopo essere risalita fino ad un’altezza di circa 10–15 km, si sposta in quota verso i tropici, da cui successivamente ridiscende verso la superficie dirigendosi nuovamente nei bassi strati verso l’equatore. Questa circolazione è correlata alla presenza stabile degli alisei, delle piogge tropicali, dei deserti subtropicali e delle correnti a getto.

L’evoluzione dell’atmosfera

L’atmosfera terrestre non è stata sempre così. fino 2,45 miliardi di anni fa l’atmosfera terrestre era priva di ossigeno (O2): la sua presenza nell’atmosfera moderna è dovuta alla fotosintesi operata inizialmente da cianobatteri, ai quali si sono poi aggiunte le alghe e le piante. In origine l’atmosfera terrestre doveva essere composta da idrogeno, metano, vapore acqueo e ammoniaca, una combinazione chimica letale per la vita umana. L’evoluzione ha lentamente permesso il mutare della composizione chimica dell’atmosfera con le caratteristiche odierne che la rendono un elemento indispensabili per l’intero ecosistema terrestre.

Foto di Dimitris Vetsikas da Pixabay

Fonti:

alcune voci di Wikipedia

Storia di quasi tutto di B. Bryson

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Verified by MonsterInsights