Per tutti coloro che si chiedono come mai in presenza di stime che portano a circa 60 miliardi, nella nostra galassia, i pianeti rocciosi collocati nella zona abitabile della loro stella, non sia ancora avvenuto il Primo Contatto con una specie aliena evoluta.
Le risposte sono diverse e non molto confortanti. In questo breve articolo, certamente non esaustivo, ci limiteremo ad affrontarne soltanto alcune.
C’è vita e vita…
Innanzi tutto non è scritto da nessuna parte che un pianeta che è riuscito a sviluppare la vita debba per forza evolverla verso una o più specie intelligenti. Anche sulla Terra ci sono forme viventi dotati di un buon potere cognitivo come i delfini e le scimmie, ma nessuna di queste specie ha sviluppato un’intelligenza paragonabile a quella umana eppure hanno prosperato e sono sopravvissute.
Lo stesso potrebbe accadere su altri pianeti della Via Lattea. La vita potrebbe essersi manifestata verso specie con un’intelligenza non in grado di concepire centrali nucleari, astronavi e sofisticati mezzi di comunicazione.
Quanto dura una civiltà
In secondo luogo nessuno può conoscere quali sono i limiti temporali di una civiltà e in questo non ci aiuta neppure la storia dell’uomo. La nostra specie, Homo Sapiens ha soltanto 200.000 anni di vita rispetto ai 4, 5 miliardi della Terra. Inoltre le prime civiltà hanno iniziato a svilupparsi tra i 6000 e i 7000 anni fa e l’esponenziale crescita scientifica e tecnologica è roba di pochi secoli.
Una civiltà anche evoluta può estinguersi per cause naturali o per autodistruzione e nessuno può fare una ragionevole stima della sua durata. Magari ci sono state più civiltà aliene intelligenti nella Via Lattea ma si sono ormai estinte.
Il problema dei problemi
Al di la di queste considerazioni esiste un problema fisico a qualunque tipo di eventuale contatto con una razza aliena anche più evoluta tecnologicamente di noi: le distanze.
L’universo è sterminato e anche la nostra galassia è decisamente troppo grande. La Via Lattea ha un diametro di circa 100 000 anni luce e uno spessore nella regione dei bracci, di circa 1000 anni luce. Comunicare è tutt’altro che facile. In passato abbiamo fatto qualche timido tentativo di lanciare un messaggio in bottiglia nello spazio interstellare per far sapere ad eventuali alieni senzienti della nostra esistenza.
Il più famoso è certamente quello progettato da Frank Drake, (si quello della celebre equazione) che il 16 novembre del 1974 lanciò un messaggio di tre minuti dal radiotelescopio di Arecibo verso l’ammasso stellare M13 a 25.000 anni luce dalla Terra.
Peccato che quando il messaggio tra 25.000 anni arriverà a destinazione non intercetterà il bersaglio che nel frattempo si sarà spostato a causa del movimento di rotazione della galassia. Anche a voler essere ottimisti e stimare che in questo momento ci siano nella nostra galassia almeno 20 civiltà aliene intelligenti e tecnologicamente avanzate la distanza media con ognuna di esse sarebbe non inferiore a 11.000 anni luce.
Quanto costa “telefonare” agli alieni
Scambiare informazioni non sarebbe certamente semplice, 22.000 anni tra un ciao e l’altro sono decisamente troppi. Come se non bastasse dovremmo potenziare enormemente l’intensità dei segnali da inviare a queste ipotetiche civiltà. Il radar del radiotelescopio di Arecibo collassato nel 2020 era in grado di trasmettere ad un massimo di 20.000 miliardi di watt.
Con questa potenza i nostri migliori apparati SETI potrebbero captare un segnale alieno soltanto se provenisse da una distanza non superiore ai 1.500 anni luce. Di più nel volume di spazio compreso in 1500 anni luce ci sono non meno di 25 milioni di stelle e soltanto una sarebbe quella giusta. Quindi individuare il segnale sarebbe tutt’altro che una passeggiata.
Un super telescopio ci aiuterà?
Le cose potranno migliorare un po’ quando nel 2028 entrerà in piena operatività nel deserto di Atacama E-Elt, acronimo di European Extremely Large Telescope, il più grande telescopio mai realizzato nella storia della ricerca scientifica, un progetto di ESO (European Southern Observatory) l’organizzazione europea per la ricerca astronomica nell’emisfero australe con sede in Baviera, finanziata da sedici nazioni del vecchio continente.
Rimane il fatto che anche questo potente e sofisticato radiotelescopio si troverà di fronte un compito estremamente complesso.
7 sfere di Dyson?
La caccia al primo contatto avviene però attraverso un numero significativo di progetti SETI, come il progetto Hephaistos all’interno del quale, recentemente un pool di ricercatori dell’università di Uppsala, in Svezia, ha pubblicato una ricerca nella quale affermano di aver individuato 7 stelle nella nostra galassia la cui emissione infrarossa potrebbe non essere naturale bensì originata da un’ipotetica tecnologia extraterrestre nota come sfera di Dyson.
Una sfera di Dyson è un’ipotetica enorme struttura di rivestimento che potrebbe essere applicata attorno ad un corpo stellare allo scopo di catturarne l’energia. È stata teorizzata dal fisico britannico Freeman Dyson. Dyson teorizzò che delle società tecnologicamente avanzatissime avrebbero potuto circondare completamente la propria stella natia per poter massimizzare la cattura di energia proveniente dall’astro.
Rinchiusa così la stella, sarebbe possibile intercettare tutte le lunghezze d’onda del visibile per inviarle verso l’interno, mentre tutta la radiazione non utilizzata verrebbe mandata all’esterno sotto forma di radiazione infrarossa. Dyson propose questa affascinante quanto avveniristica teoria negli anni Sessanta, secondo l’assunto che la crescita di una civiltà, il suo progresso economico, tecnologico e sociale dipenda essenzialmente da quanta energia può disporre.
Ci siamo allora?
È bene non fantasticare troppo sulle 7 stelle selezionate dai ricercatori all’interno di un panel di 320.000 astri della Via Lattea. Gli autori dello studio sono i primi ad ammettere che la spiegazione più probabile di quelle caratteristiche anomale delle sette candidate alla vita aliena senziente rimane di origine astrofisica, come dischi di polveri in orbita attorno a una stella, interazione tra due oggetti di un sistema binario, o rari tipi di stelle giovanissime.
Da queste sintetiche osservazioni appare chiaro perché, al momento, il Primo Contatto con alieni intelligenti, lo abbiamo visto e lo rivedremo soltanto nelle sale cinematografiche.
Per saperne di più:
Sottoscrivo pur non essendo uno specifico studioso. Resto fermo al paradosso di E.Fermi. Il “volo” umano (?) meccanico interplanetario è, ancora, fantascienza.