giovedì, Settembre 19

Caccia alle comete

Le comete sono piccoli corpi celesti costituiti prevalentemente da ghiaccio, roccia e metalli che popolano la parte esterna del Sistema Solare. Le comete che entrano nel sistema interno, e si rendono quindi visibili dalla Terra, sono frequentemente caratterizzate da orbite ellittiche. Sono composte per la maggior parte di sostanze volatili ghiacciate, come biossido di carbonio, metano e acqua, mescolate con aggregati di polvere e vari minerali. La sublimazione delle sostanze volatili quando la cometa è in prossimità del Sole causa la formazione della chioma e della coda.

L’esplorazione spaziale di questi straordinari oggetti celesti che hanno ricoperto un ruolo significativo anche nella mitologia e nell’immaginario dell’umanità inizia concretamente nel 1986, grazie alla missione europea “Giotto”, dedicata al celebre pittore italiano che dipinse una cometa così come l’aveva vista col suo occhio di pittore, al suo passaggio vicino alla Terra nel 1301. Adesso sappiamo che si trattava della cometa della quale l’astronomo inglese Edmund Halley (1656-1742), nel 1705, predisse giustamente il ritorno, quella che chiamiamo cometa di Halley.

La sonda “Giotto”, battendo la concorrenza americana, sovietica e giapponese, arrivata a meno di 600 km dalla cometa riuscirà ad inviare alla Terra oltre 200 immagini che ci hanno permesso di vedere che dietro la chioma si cela un corpo nero come la pece della grandezza più o meno dell’isola di Ischia.

Tra il 1998 ed il 2006 la NASA rispose con tre missioni ottenendo immagini molto più ravvicinate e nitide di quelle scattate da Giotto. «Giotto». In due casi era stato possibile effettuare analisi in situ e nel terzo (la missione «Stardust») addirittura prelevare e portare a Terra campioni di polvere cometaria. Un successo strepitoso, anche perché nella polvere della chioma della cometa visitata da «Stardust» fu trovato nientedimeno che un amminoacido semplice, uno dei venti che costituiscono i mattoni della vita sulla Terra.

Il successo più clamoroso appartiene ancora una volta all’Agenzia Spaziale Europea, con un contributo fondamentale della ricerca italiana: si tratta della missione Rosetta alla cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko. Partita nel 2004 per il suo lungo viaggio interplanetario giunse a destinazione nel 2014.

Rosetta non soltanto doveva accompagnare la traiettoria della cometa per cercare di carpire il maggior numero di segreti e di dati sulla loro effettiva natura ma grazie ad una piccola sonda inserita nella sonda madre e ad uno speciale trapano-carotatore ideato da Amalia Ercoli Filzi (1937) del Politecnico di Torino doveva perforare la superficie con una punta rotante cava che poi avrebbe deposto la «carota» di materiale cometario estratto direttamente in un forno per analisi chimica.

Purtroppo la piccola sonda Philae non riuscì ad aggrapparsi bene alla superficie della cometa per un malfunzionamento di una parte meccanica costruita dai tedeschi (sic!) ed il trapano-carotatore di Amalia non riuscì a svolgere il suo compito. Nonostante questo insuccesso Rosetta ha fornito una mole di dati preziosa per la comprensione delle comete e della genesi del Sistema Solare ed anche il trapano di Amalia sarà utilizzato quando la seconda missione Exomars (o come si chiamerà) atterrerà sulla superficie del pianeta rosso.

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