giovedì, Settembre 19

Infiniti mondi

Fin dall’antichità alcuni filosofi o astronomi avevano con la sola forza deduttiva del pensiero asserito che l’universo era popolato da innumerevoli altri pianeti. Qualcuno per affermare questa evidenza, che per la verità è tale soltanto dal 1995 ci lasciò la vita.

E’ il caso di Giordano Bruno, che espresse questa idea più chiaramente, nel terzo dialogo, De l’infinito, universo e mondi (1584), ben prima dell’invenzione del cannocchiale, con la sola forza della mente: «Ci sono soli innumerevoli, terre infinite che girano attorno a quei soli, come vediamo questi sette girare [Bruno contava i cinque pianeti visibili a occhio nudo più Terra e Luna] intorno a questo sole a noi più vicino. Così dunque gli altri mondi sono abitati come questo? È impossibile che un ingegno razionale e alquanto sveglio possa pensare che mondi innumerevoli che si mostrano magnifici quanto il nostro, o di più, siano privi di abitanti simili a noi o migliori».

Per questa eresia Giordano Bruno fu bruciato vivo nel 1600 in Campo dei Fiori. Dieci anni dopo Galileo Galilei pubblicò le sue scoperte attirandosi l’ira della Chiesa e dotato di minor coraggio di Bruno abiurò i suoi convincimenti di fronte al Tribunale Ecclesiastico.

Ma la scienza e la storia non possono essere fermate e soltanto 50 anni dopo, Giovanni Cassini insegnava la teoria copernicana, con tutte le sue conseguenze, all’Università Pontificia, allora quella di Bologna. Passano due secoli e nel 1827, un malinconico poeta italiano, Giacomo Leopardi, in una delle sue operette morali quella dedicata a Copernico, parla di astronomia e dice tra l’altro: «… scoppieranno fuori tante migliaia di altri mondi, in maniera che non ci sarà una minutissima stelluzza della via lattea che non abbia il suo…».

Ora forse le stelle dell’universo non sono infinite ma secondo il calcolo effettuato da uno dei più grandi astronomi del Novecento Carl Sagan (1934-1996) nell’Universo le stelle sono più numerose dei granelli di sabbia di tutte le spiagge della Terra. Eppure nonostante quanto logica e pensiero inducevano a credere dobbiamo arrivare al 1995 perché si scopra il primo pianeta extra solare.

I primi ad individuare un “esopianeta” sono stati due tenaci astronomi svizzeri il professore ginevrino Michel Mayor e il suo studente Didier Queloz, che misurando lo spettro della luce della stella 51 Peg della costellazione di Pegaso, a circa 40 anni luce da noi si convinsero che quella stella banalotta, una come tante altre, possedeva un gigante gassoso che spostava un pochino la stella, anche se impiegava solo 4 giorni (invece dei 12 anni di Giove) per girare intorno al proprio sole!

Il suo brevissimo periodo orbitale, come ci ha insegnato Keplero, conferma la vicinanza alla stella: il pianeta di 51 Peg è un gigante gassoso molto più vicino alla sua stella di quanto il nostro minuscolo Mercurio sia vicino al Sole. Dunque è un «Giove caldo», anzi caldissimo, con punte di 2000°C, molto diverso dal nostro gelido Giove, dove la temperatura scende fino a -200°C.

Da quell’anno non è passato quasi giorno senza la scoperta di un nuovo esopianeta ed adesso siamo già a diverse migliaia.

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