giovedì, Settembre 19

Quasar e buchi neri

Nei primi anni Sessanta dello scorso secolo vennero scoperti dei minuscoli oggetti a cui gli astronomi diedero il nome di quasar, abbreviazione di “quasi-stellar radio sources” (“sorgenti radio quasi stellari”). Nel 1962 un astronomo del Caltech, Maarten Schmidt utilizzando il grande telescopio ottico del Monte Palomar, scoprì la luce che proveniva da un quasar chiamato 3C273. Sembrava una stella molto luminosa da cui usciva un debole getto.

In base alla velocità di espansione dell’universo si calcolò che 3C273 si trovava a circa 2 miliardi di anni luce dalla Terra e si allontanava da noi alla ragguardevole velocità di un sesto della velocità della luce. Si trattava di uno degli oggetti più lontani fino ad allora osservati. Considerando la sua luminosità e la sua distanza, Schmidt concluse che la potenza emessa da 3C273 sotto forma di luce superava di quattromila miliardi di volte quella del Sole, e di cento volte quella delle galassie più luminose.

Si calcolò inoltre che questa incredibile potenza veniva da un oggetto relativamente piccolo, questo poneva l’interrogativo di come fosse possibile che una regione così piccola dello spazio potesse erogare una potenza simile. L’energia in natura può derivare sostanzialmente da tre tipologie: energia chimica, energia nucleare ed energia gravitazionale.

Fu ben presto chiaro che l’energia prodotta da 3C273 provenisse da energia gravitazionale. Un energia che doveva provenire da un buco nero. Per diversi anni gli astrofisici si sforzarono di comprendere come un buco nero potesse avere tali effetti. La risposta venne trovata da Donald Lynden-Bell del Royal Greenwich Observatory, in Inghilterra, nel 1969. Un quasar, ipotizzò Lynden-Bell, è un gigantesco buco nero circondato da un disco di gas caldissimo (un disco di accrescimento) attraversato da un campo magnetico

Nel nostro universo il gas caldo è quasi sempre attraversato da campi magnetici. Questi campi sono bloccati nel gas e i due devono muoversi insieme, di pari passo. Quando attraversa un disco di accrescimento, un campo magnetico diventa un catalizzatore per la conversione dell’energia gravitazionale in calore e poi in luce. Il campo fornisce un fortissimo attrito che rallenta il moto circonferenziale del gas, riducendo la forza centrifuga che lo spinge verso l’esterno e che si oppone all’attrazione della gravità, così che il gas inizia a muoversi verso l’interno, in direzione del buco nero. Man mano che il gas scende, la gravità accelera il suo moto orbitale di un valore superiore al rallentamento dovuto alla frizione. In altre parole, l’energia gravitazionale viene convertita in energia cinetica.

L’attrito magnetico trasforma quindi metà di quella nuova energia cinetica in calore e luce, e il processo si ripete. L’energia proviene dalla gravità del buco nero, e gli agenti della sua estrazione sono l’attrito magnetico e il gas del disco. Lynden-Bell concluse che la brillante luce del quasar osservata dagli astronomi deriva dal gas riscaldato del disco. L’articolo scientifico di Lynden-Bell in questione sarà uno dei più importanti della storia dell’astrofisica.

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