giovedì, Settembre 19

Il 26mo Doge di Venezia

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Il processo di indipendenza di Venezia dall’Impero Romano d’Oriente o come si legge nei manuali di scuola Impero Bizantino fu un processo lungo e complesso. Intorno all’anno Mille la città lagunare di fatto godeva di una sostanziale indipendenza dall’ingombrante vicino orientale anche se da un punto di vista formale faceva ancora parte dei possedimenti bizantini.

Gli ultimi anni del IX secolo erano stati contrassegnati da una forte turbolenza politica e della lotta senza esclusioni di colpi tra le famiglie dei Morosini e dei Coloprini. Nel 991 il Doge Tribuno Memmo fu costretto all’abdicazione e si aprì così un’opportunità per un’altra grande famiglia patrizia, gli Orseolo, di far eleggere come ventiseiesimo Doge di Venezia Pietro Orseolo II (961-1009).

Questi dovette affrontare subito il problema più scabroso, quello dei rapporti con i due imperi, germanico e bizantino che per Venezia rappresentavano i classici incudine e martello. Mantenere una posizione equilibrata tra i due imperi che vantavano pretese egemoniche era per essenziale per preservare il cuore dell’attività economica di Venezia, ovvero il commercio.

E proprio in questo campo Pietro Orseolo II, appena salito al potere, riportava due notevoli successi. Nel marzo 992 gli imperatori bizantini Basilio e Costantino emanavano una “bolla d’oro” che garantiva ai mercanti veneziani, in cambio dell’appoggio militare contro gli Arabi, un netto vantaggio sui loro concorrenti, Amalfitani, Longobardi di Puglia ed Ebrei. Il 19 luglio dello stesso anno l’imperatore germanico Ottone III confermava i tradizionali privilegi veneziani nel regno d’Italia.

Tra il 996 e il 998 fu impegnato nella crisi seguita all’occupazione di Eraclea da parte del vescovo di Belluno, Giovanni II. La discesa di Ottone III in Italia fu determinante nella risoluzione della vertenza a favore dei Veneziani e,in questa stessa occasione, l’imperatore confermò la sua alleanza con il Ducato facendo da padrino alla cresima del figlio del doge (il quale cambiò nome da Pietro a Ottone).

Gli ultimi anni di Pietro Orseolo II non furono altrettanto felici. Nel luglio del 1005 si erano celebrate a Costantinopoli, con grande splendore, le nozze di suo figlio Giovanni. Il ritorno a Venezia di Giovanni assieme alla sposa, Maria, nipote dell’imperatore bizantino Basilio II, era stato pretesto di feste ancora più splendide, le prime di cui si parli nelle cronache veneziane; poco dopo, la nascita di un figlio maschio aveva garantito la discendenza della giovane coppia. Ma, in pochi giorni, la peste uccise Giovanni, Maria e il bambino.

Da allora Pietro si intristì, associò nel governo della città lagunare il terzo figlio e visse come un monaco nel suo palazzo fino alla morte sopraggiunta nel 1009.

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