giovedì, Settembre 19

L’inganno della fusione fredda

Gli scienziati sono uomini come tutti noi e pertanto alcuni di essi sono divorati da un’ambizione sfrenata ed altri, per fortuna non molti, addirittura ossessionati da idee di ricerca ai limiti di quella che viene definita scienza patologica. Uno dei casi più eclatanti di un’ambizione senza freni è quella che riguarda la “scoperta” della cosiddetta fusione fredda, ovvero di una fusione nucleare che si produrrebbe a pressioni e a temperature molto minori di quelle necessarie per ottenere la fusione nucleare conosciuta, diminuendo così notevolmente le difficoltà tecnico-economiche tipiche nel raggiungere tali reazioni.

Tutto comincia nel 1989 quando due chimici dell’Università di Salt Lake City,  Martin Fleischmann e Stanley Pons effettuarono un esperimento piuttosto semplice che produsse dei risultati sorprendenti. I due misero un elettrodo ricoperto di palladio all’interno di un vaso di Dewar (vaso di vetro a doppia parete al cui interno era stato fatto il vuoto) riempito di acqua pesante per svolgere l’elettrolisi ed accesero l’interruttore.

Il passaggio di corrente nell’acqua normale spezza H2O e crea i gas di idrogeno e di ossigeno. Nell’acqua pesante accade qualcosa di simile solo che l’idrogeno (in questo caso chiamato deuterio) ha un neutrone in più. Pons e Fleischmann crearono molecole di idrogeno con due protoni e due neutroni. Ciò che rendeva speciale questa impresa era la presenza del palladio un metallo raro, di aspetto bianco-argenteo con numero atomico 46 che ha una caratteristica straordinaria è in grado di assorbire idrogeno fino ad un massimo di 900 volte il suo volume. Un po’ come se un essere umano riuscisse ad ingoiare 125 elefanti africani senza ingrassare!

Mano a mano che l’elettrodo al palladio assorbiva idrogeno i termometri collocati nell’acqua registravano temperature molto più alte di quelle giustificabili dal debole passaggio di corrente con picchi sporadici ed imprevedibili. SI trattava di un esperimento che non produceva sempre gli stessi risultati a partire dalle medesime condizioni di partenza e che pertanto avrebbe necessitato di un lungo periodo di approfondimento e verifica.

Pons e Fleischmann erano però divorati dal desiderio di assurgere ad una fama planetaria e in tutta fretta convocarono una conferenza stampa durante la quale nello spiegare i risultati del loro esperimento evocarono la fine dei problemi energetici dell’umanità grazie ad una fonte a buon mercato e non inquinante: la fusione fredda.

Ed in effetti la fama arrivò nell’arco di poche settimane. I media conquistarono il favore dell’opinione pubblica per i due chimici americani ed anche di una parte della comunità scientifica. Anche se i risultati dell’esperimento apparivano controversi una parte del mondo della ricerca era rimasta scottata da alcuni aspetti della teoria dei superconduttori. Fino al 1986 si riteneva infatti che la superconduzione fosse impossibile sopra i -200° centigradi. Proprio quell’anno due ricercatori tedeschi che avrebbero vinto il Premio Nobel l’anno dopo scoprirono invece che la superconduttività si poteva attivare anche a – 138°C (oggi il record è -103°C). Questo imprevedibile risultato aveva impresso nella mente di molti scienziati che fosse possibile anche soltanto per una coppia di ricercatori scoprire qualcosa ritenuto impossibile o altamente probabile in base alle teorie conosciute.

In ogni caso una parte importante della comunità scientifica nutriva fortissimi dubbi sull’esito dell’esperimento di Pons e Fleischmann. In particolare alcuni ricercatori del Caltech scoprirono che i due chimici avevano totalmente saltato la peer review ovvero la procedura di selezione degli articoli o dei progetti di ricerca proposti da membri della comunità scientifica effettuata attraverso una valutazione di specialisti del settore che ne verificano l’idoneità alla pubblicazione scientifica su riviste specializzate o, nel caso dei progetti, al finanziamento degli stessi, evitando errori, distorsioni,  plagi, falsità, o truffe scientifiche.

Insomma i due chimici per alcuni erano dei ciarlatani in caccia di fama e soldi, sensazione per alcuni avvalorata quando i due chiesero a Bush senior che finanziasse la loro ricerca per 25 milioni di dollari. I due tenevano rigorosamente nascosti i parametri del loro esperimento con la scusa che altri avrebbero potuto “rubare” il frutto del loro ingegno, comunque alcuni dati trapelarono ed il fronte degli scettici che ormai era diffuso in tutto il mondo riuscì a replicare l’esperimento.

Questo sforzo collettivo non aveva riscontri nella storia della scienza moderna e poche settimane dopo fu organizzato un convegno lampo a Baltimora dove l’esperimento di Pons e Fleischmann fu letteralmente massacrato. I due non avevano fatto misurazioni precise ne avevano tenuto conto degli errori sperimentali. In genere ci vogliono anni per dirimere una disputa scientifica, ma in quel caso, in poco più di 40 giorni una grossa pietra tombale cadde sulla fusione fredda di Pons e Fleischmann.

Lungi dalle evidenze scientifica una pattuglia agguerrita di seguaci dei due chimici americani continuò a sostenere la validità di quell’esperimento e i due autori di questa bufala scientifica non si tirarono indietro. Nel 1992 si trasferirono in Francia ove lavorarono per una società collegata con la Toyota. Secondo alcuni gruppi di “complottisti” la Toyota e altre multinazionali avrebbero avuto interesse a far ritirare i due dal progetto della fusione fredda. I due si separarono nel 1995 e Fleischmann morì nel 2006 all’età di 85 anni.

N.B. nella foto Fleischmann ed il suo collega ed ex studente Pons.

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