giovedì, Settembre 19

Vita di Einstein: L’estate del 1900 Ep. 10

Ancora fresco di laurea il giovane Albert Einstein arrivò alla fine di luglio del 1900 a Melchtal, un paesino annidato sulle Alpi svizzere tra il lago di Lucerna e il confine con l’Italia, per trascorrere le vacanze estive con la famiglia.

Fu l’occasione per rinsaldare il rapporto con l’amata sorella Maja, durante una delle loro prime passeggiate per i sentieri di montagna Maja gli confidò di non aver osato affrontare con la madre la sua relazione con Mileva Marić, che era nota in famiglia come «affare Bambolina», dal nomignolo con cui lui la chiamava, e gli chiese di «andarci piano con la mamma».

Questa raccomandazione però non fece molto presa sul carattere ribelle ed anticonformista di Einstein che affrontò la madre già durante il primo giorno delle vacanze, anticipandole che avrebbe sposato Mileva quanto prima. Scrisse poi alla Maric che la madre dopo la discussione si gettò sul letto di camera piangendo senza ritegno come una bambina. Questo scontro verbale non fu il primo e neppure l’ultimo di quelle vacanze, momenti di calma e di bufera si alternarono con teutonica regolarità.

La madre di Einstein (ed anche il padre) erano fermamente contrari alla sua relazione con Mileva, non tanto perché non fosse ebrea, quanto perché si trattava, a loro avviso, di una moglie inadeguata per molte delle ragioni per cui la consideravano tale anche alcuni degli amici di Einstein: era maggiore di età, un po’ malaticcia, zoppicava, era di aspetto ordinario ed era un’intellettuale appassionata ma non eccezionale.

Naturalmente questa opposizione moralistica non faceva altro che rinsaldare in Einstein la convinzione sulla giustezza del suo rapporto con la Maric, gettando se possibile, altra benzina sul carattere ribelle del giovane.

«Nel caso dei miei genitori, come in quello della maggior parte delle persone, i sensi esercitano un controllo diretto sulle emozioni» scrisse Einstein a Mileva nel bel mezzo delle battaglie familiari di agosto. «Nel nostro caso, grazie alle circostanze fortunate in cui viviamo, il godimento della vita è enormemente dilatato.» Emerge in queste poche righe ed in altre lettere di quell’estate il carattere romantico ed elitario della loro unione che agli occhi di Einstein li differenziava rispetto alla stragrande maggioranza delle persone.

Per cercare di rabbonire il padre Albert decise di andare a Milano a trovarlo per fare un giro delle sue nuove centrali elettriche e informarsi sull’azienda di famiglia «in modo da poter prendere il posto di papà in caso di emergenza». Hermann Einstein ne parve così compiaciuto che promise di portarlo a Venezia al termine del giro di ispezione.

Nel frattempo cercò infruttuosamente di ottenere un posto come insegnante al Politecnico di Zurigo, ma dovranno passare ben nove anni prima che questo suo desiderata si realizzasse concretamente. Alla fine di ottobre del 1900 Einstein e la Marić erano entrambi di ritorno a Zurigo, dove trascorrevano la maggior parte delle giornate nell’appartamento di lei a leggere e scrivere. Quel mese, sulla sua domanda di cittadinanza, Einstein rispose «nessuna» alla domanda sulla sua appartenenza religiosa, e quanto all’occupazione scrisse: «do lezioni private di matematica nell’attesa di ottenere un posto fisso».

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