giovedì, Settembre 19

Burro delle mie brame…..

Dal punto di vista chimico il burro è un’emulsione di minuscole goccioline d’acqua disperse in un grasso. Queste vengono tenute in sospensione dalle sostanze emulsionanti naturalmente presenti nel latte, che cercano di impedire che acqua e grassi si separino. Queste goccioline contengono in prevalenza proteine e lo zucchero del latte, il lattosio.

Secondo il regolamento comunitario il burro deve essere costituito da almeno l’80% di grassi ed al massimo il 16% d’acqua. Questo grasso animale è stato oggetto negli anni ad una vera e propria campagna di demonizzazione, basata sullo schema olio d’oliva salutare e leggero, burro, grasso insalubre e di dubbia digeribilità. In realtà come per la maggior parte degli alimenti la vera questione è quella di un utilizzo equilibrato e consapevole. Inoltre ci sono piatti che “vogliono” il burro: un risotto o le cotolette alla milanese non si possono proprio preparare con l’olio!

La preparazione del burro è uno dei più antichi metodi inventati dall’uomo per conservare grassi di provenienza animale. In Asia si hanno notizie di burrificazione almeno 2000 anni prima dell’era volgare. Il nostro paese è da sempre spaccato in due, nel Nord si è sempre prodotto e consumato molto burro, mentre nel Meridione il grasso alimentare principe era ed è l’olio d’oliva.

Ma come si conservava alla fine del Diciannovesimo secolo o agli inizi del Ventesimo il burro, quando ancora il frigorifero era di la da venire? In realtà all’epoca si faceva largo uso del “burro chiarificato” che contiene soltanto la parte grassa, senza acqua e proteine. Oggi lo compriamo comodamente in negozio o al supermercato soprattutto perché è ottimamente digeribile dalle persone intolleranti al lattosio o per preparare qualche piatto gourmet. Un tempo si produceva in casa sciogliendo il burro a bagnomaria sino a quando l’acqua e le proteine precipitavano sul fondo del recipiente. Il grasso veniva raccolto e usato per friggere.

Il colore del burro nostrano può variare dal bianco al giallo, e dipende principalmente dall’alimentazione delle vacche. Più caroteni le vacche assumono con l’alimentazione, più il burro risulterà colorato. Il burro deriva dalla panna (crema di latte) che per ragioni di sicurezza alimentare viene sottoposta a pastorizzazione. Se si eccettua qualche malga di montagna è impossibile assaggiare il burro prodotto senza pastorizzazione per le rigide norme di tutela della salute pubblica che ne regolano la commercializzazione. Va da se che il burro prodotto da panna non pastorizzata è certamente più buono ma ha un periodo di conservabilità decisamente inferiore.

Nei paesi del Nord Europa la crema di latte viene separata per centrifugazione, un processo molto più veloce ed efficace che, se il latte di partenza è di alta qualità, permette di ottenere burro di qualità altrettanto elevata. La panna ottenuta per centrifugazione è più ricca di grassi, grazie alla maggiore efficienza del processo, e non è inacidita perché il processo di separazione è rapido. In Italia invece la qualità del burro è decisamente modesta e questo deriva dal metodo di produzione. Nel Nord Europa grazie alla centrifugazione il processo produttivo è latte → burro → formaggio. Da noi invece viene utilizzato il metodo di affioramento che a parità di latte utilizzato produce un burro di minor qualità rispetto alla centrifugazione.

Il motivo di questa scelta è semplice, il burro italiano per oltre due terzi è un sottoprodotto della lavorazione del Grana Padano e del Parmigiano Reggiano, che utilizza latte parzialmente scremato per affioramento della crema. In questo caso la filiera produttiva è latte → formaggio → burro ed il risultato come si può facilmente immaginare è un burro di qualità decisamente inferiore.

Il bianco panetto, che sta scomparendo dalla tavola delle prima colazione, (alzi la mano chi la mattina accompagna ancora caffè o cappuccino con l’intramontabile fetta di pane o fetta biscottata con burro e marmellata), ha permeato la cultura artistica del nostro paese. Gli esempi potrebbero essere tantissimi, per ragioni di spazio, né citeremo soltanto due. Il primo è una poesia nel quale il burro assurge come elemento indispensabile per la preparazione del risotto.

Giovanni Pascoli (1855-1912) risponde ad una poesia scritta dall’amico Augusto Guido Bianchi sulla preparazione del risotto alla milanese, con questi versi:

Amico, ho letto il tuo risotto in …ai!
E’ buono assai, soltanto un po’ futuro,
con quei tuoi “tu farai, vorrai, saprai
”!

Questo, del mio paese, è più sicuro
perché presente. Ella ha tritato un poco
di cipolline in un tegame puro.

V’ha messo il burro del color di croco
e zafferano (è di Milano!): a lungo
quindi ha lasciato il suo cibrèo sul fuoco.

Tu mi dirai:”Burro e cipolle?”. Aggiungo
che v’era ancora qualche fegatino
di pollo, qualche buzzo, qualche fungo.

Che buon odor veniva dal camino!
Io già sentiva un poco di ristoro,
dopo il mio greco, dopo il mio latino!

Poi v’ha spremuto qualche pomodoro;
ha lasciato covare chiotto chiotto
in fin c’ha preso un chiaro color d’oro.

Soltanto allora ella v’ha dentro cotto
Il riso crudo, come dici tu.
Già suona mezzogiorno…ecco il risotto
romagnolesco che mi fa Mariù.

Se nei versi di Pascoli il burro evoca tradizione ed affidabilità, l’uso che Bernardo Bertolucci ne fa nel suo “Ultimo tango a Parigi” è trasgressivo e dissacrante. Marlon Brando userà un po’ di questo prelibato grasso animale per lubrificare il sedere di MARIA SCHNEIDER, in una sodomizzazione che ha fatto epoca.

Al di la dei richiami artistici, il burro consumato in quantità ragionevoli non è soltanto un ottimo alimento ma ha comprovate proprietà antinfettive e anticancerogene e contiene elementi importanti per la salute: sfingomieline, acido butirrico, tocoferoli, squalene, pigmenti carotenoidi, steroli, vitamina A e soprattutto l’acido linoleico coniugato. Quest’ultimo svolge una funzione anticancerogena e agisce nel controllo di arteriosclerosi, diabete e obesità, svolgendo un’azione anticolesterolemica e di protezione dalle coronaropatie, con effetti positivi sulla formazione ossea e, come antinfiammatorio, in patologie come l’artrite reumatoide.

Naturalmente come per molti alimenti ci sono anche le controindicazioni, per il burro, come per molti altri prodotti, vige come sempre una parola d’ordine: equilibrio.

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