giovedì, Settembre 19

I Franchi in Italia

Dopo la disastrosa sconfitta subita nella battaglia dei Monti Lattari nell’ottobre del 552 i Goti disperati richiesero esplicitamente l’aiuto del giovanissimo re merovingio dei Franchi, Teodobaldo. Questi ignorò l’appello dei goti ma lasciò libero campo a due generali di origine alemanna Butilino e Leutari di progettare un’incursione in Italia.

Nel 553 quindi un esercito composto da franchi ed alemanni invase la penisola. Non era la prima volta che ciò accadeva ma adesso, dopo diciotto anni di guerra goto-bizantina ci si apprestava a fare un grande bottino in una terra ormai provata da anni di distruzione, guerra e fame.

Il comandante in capo dell’esercito bizantino in Italia era Narsete, un eunuco esile ma dotato di grande sagacia e determinazione e famoso tra le sue truppe per la generosità nella distribuzione dei bottini di guerra. Appreso dell’invasione franco-alemanna mentre assediava la città di Cuma Narsete si occupò di  sottomettere le fortezze gote che ancora resistevano nella Tuscia.

La sottomissione della Tuscia fu raggiunta senza incontrare resistenza, fatta eccezione per la fortezza di Lucca, che continuava a resistere sperando nel soccorso franco-alamanno.

 Lucca si arrese a dicembre, dopo tre mesi di assedio, mentre quasi contemporaneamente nel mezzogiorno anche Cuma capitolò, nel frattempo Narsete aveva disposto uno schieramento poco sopra Parma, per intercettare la penetrazione delle forze di invasione e rallentarle fino alla conquista delle ultime città occupate dai Goti.

Con l’avvento dell’inverno del 553 Narsete ritenne prudente arrestare le ostilità e dare appuntamento ai suoi generali per la primavera successiva a Roma. I bizantini non erano abituati a combattere durante la stagione più fredda contrariamente ai franchi e agli alamanni. Frattanto l’esercito degli invasori superata la Città Eterna si divise in due colonne, una guidata da Butilino scese a destra, costeggiando il Tirreno fino a raggiungere la punta della Calabria. L’altra colonna sotto il comando di Leutari, a sinistra, lungo l’Adriatico, giunse fino ad Otranto.

La loro avanzata lasciò una scia impressionante di morte e distruzione che non risparmiarono niente e nessuno, neppure chiese e monasteri che seppur godevano di una certa protezione dei Franchi (prevalentemente cattolici) se la dovevano vedere con la ferocia degli Alamanni di religione ariana. Con l’arrivo dell’estate e del caldo, anche in seguito ad un’epidemia di peste, Leutari iniziò a risalire la penisola con la promessa fatta al fratello che messi al sicuro bottino e schiavi sarebbe ridisceso a sud per lo scontro finale con l’esercito bizantino.

La marcia verso nord della colonna di Lautari fu funestata dalla peste e da altre malattie che decimarono l’esercito invasore. A Fano l’accampamento dei franchi subì un’incursione delle forze bizantine di Pesaro al comando del generale Artabane che causarono quasi tremila vittime. Gran parte del bottino andò perduto e cosa più grave di tutto superato a fatica il Po, il contingente invasore perse Leutari colpito come moltissimi dei suoi da un morbo, probabilmente una forma malarica.

La colonna adriatica degli invasori non esisteva praticamente più. Ignaro della sorte del fratello Butilino si accampo a Casilino, nei pressi di Capua, in attesa dell’inevitabile confronto finale con Narsete, mentre la peste infuriava nel suo accampamento mietendo centinaia di vittime.

Narsete aveva nel frattempo addestrato il suo esercito con la cura meticolosa che lo contraddistingueva, quindi uscì da Roma con l’intenzione di annientare definitivamente gli invasori. Un primo scontro fu favorevole ai bizantini e qualche giorno dopo, finalmente i due eserciti si affrontarono per lo scontro finale.

Inizialmente Narsete si trovò in difficoltà perché gli Eruli, che fornivano la parte più efficiente della cavalleria bizantina si rifiutarono di combattere perché uno dei loro capi era stato giustiziato in quanto aveva ucciso uno schiavo violando un editto di Narsete.

Narsete disponeva di circa 18.000 uomini che soprattutto nelle file avanzate erano dotati di armatura difensiva, mentre i 30.000 franchi ed alamanni che si opponevano, erano pressocchè privi di ogni protezione difensiva e stremati per continui attacchi di dissenteria.

Nelle prime fasi lo scontro iniziale al centro vide prevalere i franchi che approfittarono dell’assenza degli Eruli, ma alla fine quest’ultimi furono convinti da Narsete a combattere e le sorti della battaglia iniziarono a mutare.

Inoltre arcieri e frombolieri iniziarono a bersagliare dalle retrovie gli uomini di Butilino che logorati da una lunga campagna, dalle malattie e privi di un contingente adeguato di cavalleria furono sconfitti duramente. Lo stesso Butilino trovò la morte sul campo di battaglia, mentre le perdite bizantine furono molto leggere, un centinaio di uomini. Si concludeva così miseramente l’incursione franco-alemanna dei due fratelli.

N.B. la cartina rappresenta il regno dei Merovingi

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