giovedì, Settembre 19

Covid19: cosa c’è di vero nel presunto effetto benefico della vitamina D?

Nel corso delle ultime settimane circola insistentemente la notizia che la vitamina D potrebbe essere utile sia nelle complicanze indotte da Covid19 che come fattore di prevenzione del contagio per le persone maggiormente a rischio.

L’assunto parte dal fatto che la polmonite interstiziale che è la complicanza più importante (e potenzialmente letale) durante l’infezione da SARS Cov 2 non è determinata dal virus di per se ma da una risposta aberrante del sistema immunitario e della produzione di Interleuchina 6 che ha una attività pro infiammatoria e quindi un suo eccesso determina una  infiammazione importante. La vitamina D giocherebbe secondo alcuni un ruolo de infiammatorio preservando i pazienti dagli esiti più gravi dell’infezione.

Diciamo subito che non si tratta di una totale fake news, basti pensare che fra gli altri, due docenti dell’Università di Torino – di Geriatria, Giancarlo Isaia, e di Istologia, Enzo Medico – hanno infatti scritto una relazione  all’Accademia di Medicina di Torino in cui si suggerisce “ai medici, in associazione alle ben note misure di prevenzione di ordine generale, di assicurare adeguati livelli di Vitamina D nella popolazione, ma soprattutto nei soggetti già contagiati, nei loro congiunti, nel personale sanitario, negli anziani fragili, negli ospiti delle residenze assistenziali, nelle persone in regime di clausura e in tutti coloro che per vari motivi non si espongono adeguatamente alla luce solare”. Inoltre – si legge nella relazione – “Potrebbe essere considerata la somministrazione in acuto del calcitriolo per via endovenosa in pazienti affetti da Covid-19 con funzionalità respiratoria particolarmente compromessa”.

In premessa diamo alcune spiegazioni su cosa sia la vitamina D. Si tratta di un gruppo di pro-ormoni liposolubili costituito da 5 diverse vitamine: vitamina D1, D2, D3, D4 e D5. Le due più importanti forme nelle quali la vitamina D si può trovare sono la vitamina D2 (ergocalciferolo) e la vitamina D3 (colecalciferolo), entrambe le forme dall’attività biologica molto simile. L’ergocalciferolo (D2) è di provenienza vegetale mentre il colecalciferolo (D3), derivante dal colesterolo, è sintetizzato negli organismi animali.

La vitamina D infatti non è prodotta direttamente dal metabolismo umano ma viene assunto attraverso la dieta alimentare e soprattutto l’esposizione solare. Bastano 15-20 minuti al giorno di esposizione solare per raggiungere la quantità minima di vitamina D necessaria al nostro organismo. La vitamina D ottenuta dall’esposizione solare o attraverso la dieta è presente in una forma biologicamente non attiva e deve subire due reazioni di idrossilazione per essere trasformata nella forma biologicamente attiva, il calcitriolo.

Allora come stanno le cose? Le prese di posizione di diversi medici si basano su molti studi clinici effettuati negli anni scorsi sulla vitamina D ed i suoi possibili effetti positivi. La questione è che al momento non c’è uno studio clinico, rigoroso e certo sul rapporto tra coronavirus ed assunzione massiccia di vitamina D.

“Prima di dire che una sostanza è utile per le complicanze da Coronavirus bisogna che sia dimostrato in uno studio clinico. Al momento di questi studi non ce ne sono” e quanto afferma, ad esempio, Vincenzo Bronte, ordinario di Immunologia all’Università di Verona, ricercatore Airc e coordinatore di uno studio proprio sugli aspetti immunologi caratteristici di Covid-19.

D’altra parte lo stesso prof. Medico, coautore insieme a Giancarlo Isaia, della segnalazione sui possibili effetti benefici della vitamina D ha tenuto a precisare che il loro non è uno studio clinico, ma una analisi per porre l’attenzione sull’argomento: “Nel corso delle ultime settimane alcuni colleghi dell’Ospedale di Torino ci hanno segnalato una diffusa carenza di vitamina D nei pazienti ricoverati per essere risultati positivi al Covid-19. Abbiamo quindi deciso di raccogliere una serie di studi clinici per cercare di dare un quadro più organico della questione. Nelle fonti da noi citate vengono presi in considerazione oltre 12mila casi e le pubblicazioni sono sia a favore che contro la tesi benefica della vitamina D.”

In conclusione in attesa che uno studio specifico possa chiarire in via definitiva se un determinato dosaggio di vitamina D può effettivamente avere un ruolo certo nel combattere le complicanze di Covid19, non esistono controindicazioni particolari per un’integrazione di questa vitamina, in aggiunta alla quantità normale assunta con la dieta e un piccolo “bagno solare”, purché non si pensi che questo ci conferisca uno scudo particolare rispetto alla prevenzione del contagio.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Verified by MonsterInsights