giovedì, Settembre 19

Quanto dovremo convivere con Covid19?

Per rispondere a questa domanda occorre analizzare il contesto nazionale ed internazionale della pandemia di Covid19. In Italia da alcuni giorni si parla di una curva epidemiologica che inizia ad accennare un calo. Si dovrebbe più correttamente parlare di una stabilizzazione della crescita dei nuovi contagi.

In base soprattutto al numero dei tamponi effettuati il numero dei nuovi contagi attualmente oscilla tra le 3.000 e le 3.900 unità al giorno. Ieri 8 aprile, ad esempio, a fronte di un numero molto importante di test effettuati circa 50.000, sono stati individuati 3.836 nuovi casi positivi, oggi con un numero di test leggermente inferiore sono stati 4.204. Il saldo delle persone attualmente positive a Covid19, che risulta dalla somma algebrica dei casi “storici” dei positivi, più il nuovo numero dei contagiati, detratti guariti e decessi è stato di più 1.195 rispetto al giorno precedente l’8 aprile e più 1615 oggi. Gli unici dati in leggero calo sono quelli relativi alle ospedalizzazioni ed un po’ più netti i ricoveri nei reparti di terapia intensiva.

Quindi la curva di crescita si è stabilizzata grazie esclusivamente alle misure di distanziamento sociale e di segregazione domiciliare. Il tasso di contagiosità di SARS-COV-2 il famoso R con 0 oscilla tra 1,1 e 1 ancora relativamente alto per innescare una decisa curva discendente. Ogni agente patogeno parte con un certo grado di trasmissibilità, ad esempio, una persona infetta da morbillo può arrivare a contagiarne fino a 18, SARS-COV-2, secondo gli studi attualmente disponibili, aveva un tasso di partenza di contagiosità pari a 2,5. In Italia, soprattutto in Lombardia ed in alcune zone dell’Emilia Romagna, del Piemonte e del Veneto, durante la fase più acuta dell’epidemia si è sfiorato un R con 0 pari a 4. Quindi la situazione è decisamente migliorata da questo punto di vista anche se per giungere all’agognata quota di “contagi zero” occorre che questo indice sia sensibilmente più basso, intorno a 0,2-0,3.

Questo risultato in assenza di un vaccino (che non arriverà prima di un anno) si può raggiungere esclusivamente mantenendo in modo rigoroso le misure di distanziamento sociale, facendo mancare al virus il suo nutrimento, ovvero noi. Non dimentichiamo che il virus circola esclusivamente attraverso il suo ospite.

Secondo la Fondazione Gimbe organismo indipendente che ha lo scopo di promuovere attività di formazione e ricerca in ambito sanitario, il raggiungimento dell’auspicata soglia di “zero contagi” avverrebbe non prima del 2 giugno, sempre che le attuali misure restrittive vengano mantenute e rispettate dalla popolazione.

Il 2 giugno secondo questo modello predittivo si arriverà ad un livello di R con pari a 0,1 il parametro che hanno adottato i cinesi per sospendere il lockdown a Wuhan.

Il Direttore della Fondazione ha però chiarito che questo modello ha un «Affidabilità robusta, ma basata solo su 2 variabili (l’incremento percentuale dei nuovi casi e il tempo espresso in giorni): maneggiare con cura perché potrebbe essere influenzato da nuovi focolai, tamponi effettuati, aderenza a misure distanziamento sociale, sovraccarico ospedali».

Qualunque modello previsionale infatti sarà influenzato da una serie molto articolata e complessa di fattori, il primo dei quali è la data di partenza della cosiddetta FASE 2. La sua gradualità, la messa a punto di sistemi affidabili di tracciamento dei positivi, il mantenimento di serie limitazioni alla mobilità sociale, la capacità di intervenire con decisione e prontamente all’insorgere di nuovi focolai sono tutti fattori cruciali per giungere all’agognato risultato.

Quand’anche si riuscisse ad arrivare alla soglia dei contagi zero per fine maggio o per i primi di giugno, non possiamo aspettarci altro che una tregua nel periodo estivo. Non dobbiamo dimenticare infatti che questa è una pandemia che riguarda tutti i paesi del mondo e che le varie epidemie sono asimmetriche, ovvero non sono iniziate tutte nello stesso momento e quindi il pericolo di contagi di ritorno è piuttosto alto.

Inoltre tutte le precedenti pandemie e non c’è motivo perché Covid19 debba comportarsi in modo diverso hanno avuto una o più ondate successive e perciò quasi inevitabile che nel prossimo autunno saremo di nuovo interessati da un’ondata epidemica sperabilmente meno virulenta di quella attuale.

In conclusione senza un vaccino è altamente probabile che dovremo convivere con questo virus almeno per buona parte del 2021.

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