venerdì, Maggio 17

L’olio extravergine d’oliva tra storia e tecnologia

Assieme al pane, ai latticini e formaggi, alla frutta secca, i vegetali, il pesce e il vino, l’Olio extravergine d’oliva è l’alimento (e condimento) principe della Dieta Mediterranea, che da circa due anni è classificato come un vero e proprio farmaco dalla F.D.A. (L’Agenzia federale americana sulla sicurezza alimentare, e non solo, equivalente alla nostra EFSA) per le sue proprietà antiossidanti ed antitumorali dovute al contenuto di α-Tocoferolo (la vitamina E) e Polifenoli presenti nella frazione insaponificabile (circa il 2%) o sulle bucce (un po’ come le uve, dove i polifenoli sono presenti principalmente sulle bucce degli acini, i quali si trasmetteranno al mosto mediante ammostamento , contribuendo alla colorazione dello stesso, nella vinificazione in rosso) .

L’olio d’oliva , ha subito, nella storia dell’uomo e della gastronomia un’evoluzione sia degli usi che delle tecniche produttive, o meglio ancora, estrattive ed ha assunto un ruolo ed un significato importanti, nelle funzioni religiose, ed in particolare nel Cristianesimo (l’Unzione dei Re nell’Antico testamento, l’unzione nel rito battesimale e nella Cresima, o nella consacrazione sacerdotale).

A ragion di ciò, si possono citare: Noè, il filosofo Talete che si affitta i frantoi per provare che la filosofia è utile, o la diatriba fra Poseidone ed Atena per il Patrocinio della Città dell’Attica che porta il nome della Vergine guerriera “dagli occhi azzurri” (citando Omero nell’Odissea).

Venendo a noi, tra le prime fonti sulle pratiche di “addomesticamento” e di coltivazione dell’ulivo ci sono i Babilonesi, ma è in Palestina e Fenicia (gli odierni Israele e Libano) che si ha l’impulso per una produzione massiva, per poi diffondersi prima a Creta e poi nella Grecia continentale, e mediante i coloni greci, dall’VIII sec. a.C., in tutto il bacino del Mare Nostrum (come avrebbero chiamato il Mediterraneo i romani più tardi).

Ebbene i primi impieghi accertati, non sono di tipo alimentare, bensì l’olio, veniva impiegato come cosmetico ed unguento (famosa è la pratica spartana di ungersi il corpo), nei riti religiosi (come testimoniato dall’antico testamento) e come combustibile per l’illuminazione.

Le tecniche di raccolta e produzione non sono mutate molto, già i romani praticavano (e consigliavano) la raccolta a mano, e l’immediata molitura delle olive. La prima classificazione degli oli, fu fatta dai romani, che distinguevano in quattro categorie: Oleum ex albis ulivis, Oleumviride, Oleum maturum, ed Oleum cadocum.

Oggigiorno la classificazione è fatta su parametri chimico fisici (acidità, numero dei perossidi, ΔK a 232 e 270 nm, per citare i parametri più importanti) ed in particolare sensoriali. Le olive venivano consumate in quella che oggi viene detta “oliva da mensa”, e quelle mature, cadute perciò a terra, venivano conservate sotto sale.

Catone il censore infatti, consigliava di molire le olive immediatamente, mentre Varrone e Plinio, consigliavano la brucatura, magari mediante l’impiego di una scala, rispetto alla abbacchiatura (uso di bastoni per favorire un distacco violento delle olive mediante scuotimento dei rami) al fine di preservare la qualità del frutto e quindi dell’olio.

Vengono infatti consigliate e praticate tutt’ora queste metodologie, al fine di evitare l’irrancidimento delle olive, l’insorgenza di fermentazioni , o produzioni di sostanze sgradevoli se non dannose. In merito alla tecnologia di produzione, si impiegavano già all’ora molazze in pietra o granito (frangitura) e l’estrazione a pressione con vite in legno senza fine (questa veniva impiegata anche nella produzione di vino).

La filtrazione e l’affinaggio dell’olio avvenivano mediante decantazione in vasca sotterranea (l’olio è sensibile alla luce, alla temperatura ed all’umidità). Già allora il Mezzogiorno d’Italia ed in particolare la Puglia, rivestiva un ruolo importante per la produzione di olio, ruolo che è stato confermato nel Medioevo , dove l’olio pugliese era commerciato dalla Repubblica di Venezia.

E’ però col Medioevo che l’olio inizia ad essere impiegato principalmente come condimento, e la sua produzione assume un ruolo cruciale per l’economia dei territori a vocazione olearia.

Sempre nell’era (falsa ) dei “secoli bui” che bui non erano, si differenzia su base geografica anche il metodo di raccolta: al centro- Nord Italia è mantenuta la brucatura , mentre al Sud è praticata l’abbacchiatura.

Il ruolo economico della coltura in esame, è testimoniato dal così detto “Miracolo del rinverdimento degli olivi”, avvenuto nella città di Francavilla, e tutt’ora festeggiato il 24 gennaio, secondo cronache differenti fra il 1420 e il 1458, a seguito di una forte gelata.

Ma com’è cambiata la tecnologia produttiva? Ebbene si è passati da una raccolta a mano ad una meccanica, e dalla molitura con la frangitura mediante molini a martelli (con un impatto diverso sul prodotto ed i costi, oltre che i tempi di produzione), alla estrazione mediante centrifuga (a due o tre fasi) e la sinolea (quest’ultima è poco impiegata).

Di recente sono in sperimentazione metodi estrattivi innovativi, che fanno uso di microonde o ultrasuoni (ricerche delle Università di Bari, e di Bologna) e metodi di filtrazione mediante gas inerti (Università di Bologna), al fine di ridurre i tempi di produzione e migliorarne la resa. Gli ultrasuoni (onde sonore emesse a frequenze superiori ai 16 KHz), ad esempio, portano a formare delle bollicine d’aria nel mezzo liquido, che ad un certo punto collassano per un fenomeno detto “di cavitazione”, il quale porta alla rottura delle membrane cellulari ed alla fuoriuscita dei succhi.

Ricordiamo che l’olio è contenuto nelle membrane cellulari della polpa, e solo in piccole frazioni nel nocciolo. Tale tecnologia è già impiegata per sanificare i prodotti o migliorarne le proprietà chimico-fisiche.

Altra alternativa, è la produzione di prodotti fortificati tramite l’aggiunta (ad esempio in frangitura) di componenti alimentari estranee alla composizione naturale, per migliorarne le proprietà nutrizionali.

Durante il tirocinio universitario, ho contribuito alla produzione di “olio” co-franto con bucce di pomodoro essiccate per ottenere un prodotto (condimento a base di olio aromatizzato) contenete licopene, un carotenoide aciclico presente nel pomodoro con spiccate proprietà antiossidanti quando il prodotto è sottoposto a cottura. Il tutto mediante l’impiego di ultrasuoni per aumentare la resa estrattiva.

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