giovedì, Settembre 19

Il pomodoro: storia e tecniche produttive

Oggi è il principe delle salse , è alla base dell’alimentazione italiana e di molte ricette del “Bel Paese”, ma non è sempre stato così. Parliamo del pomodoro, una pianta erbacea nativa delle Americhe centro-meridionali, e conosciuto dagli Atzechi come “Xitomati” (da cui deriva il termine inglese Tomato). Il fortunato vegetale, che ha dato anche il nome ad una catena di pizzerie, è giunto in Europa nella prima metà del XVI secolo grazie a Cortez, divenendo fra i più importanti ortaggi prodotti e consumati in Europa (Meridionale) che nel resto del Mondo, ricercato non solo per la bellezza estetica ed il sapore, ma anche per il contenuto in Vitamina C e antiossidanti.

In particolare, nel 1596 raggiunge la Toscana, grazie ai traffici con la Spagna, dove una prima coltivazione a fini ornamentali venne successivamente sostituita con il consumo, prima al Nord e poi nel Sud, nel ventennio successivo. Ed è sempre grazie ad un italiano, Pietro Mattioli (1501-1577), che assume il nome che oggi lo caratterizza, da “Mala Aura”, appunto pomodoro.

L’evoluzione tecnologica seguita alla nascita del processo industriale di conservazione mediante calore, ha portato alla fine dell’800 alla nascita di industrie (Cirio nel 1856) in grado di trasformare la materia prima pomodoro in prodotti trasformati quali: passate, pelati o concentrati. In questo frangente l’Italia rappresenta la prima produttrice mondiale, ed a livello locale la Puglia e l’Emilia Romagna rappresentano le prime due regioni per produzione da industria conserviera, rispettivamente con una produzione di 2.015.060 milioni per l’Emilia Romagna e 1.907.500 per la Puglia. Oggi si stanno sperimentando altri “usi” di questa pianta: produzione di pigmenti e vernici, estrazione del Licopene, innovazione di packaging, ecc..

Il pomodoro o Lycopersicon esculentum Mill.appartiene alla famiglia delle Solanacee ed al genere Solanum. E’ una pianta erbacea annuale munita di radice fittonante o ramificata, che può raggiungere i 0,7-2 m. Il fusto coperto di peli ghiandolari, invece può raggiungere un’altezza compresa fra 1,5-2 m. Le foglie, lunghe e grandi raggiungono i 20-30 cm. L’inflorescenza (7-12 fiori, ma anche 300), è caratterizzata dall’ermafroditismo, e si presenta come un calice gamosepalo con corolla gialla , munita di 5 petali ed ancorato a dei peduncoli.

Il frutto è una bacca dalla superficie liscia che si presenta di colore rosso a fine maturazione , ma può essere anche giallo, bianco o blu (varietà “SunBlack” ).

Il frutto può essere scomposto in tre elementi: un epicarpo o buccia sottile di colore solitamente rosso (1-2%), un mesocarpo carnoso e succoso (90-95%) ed infine il seme piccolo e discoidale, dal peso di 2-3g (2-3%). I frutti si distinguono per forma, grandezza e colore . Per ciò che riguarda la forma si distinguono tre tipologie: tonda, allungata e quadrata, mentre per il peso, si oscilla fra i 10 e i 15 grammi della varietà ciliegina, ai 300g di quella carnosa o beefsteak.

Classificazione e caratteristiche qualitative

La classificazione del prodotto fresco è fatta sulla forma della bacca ma soprattutto alla destinazione d’uso: si hanno pomodori da mensapomodori da serbo, e pomodori da industria. Questi ultimi sono ulteriormente classificati in pomodori per concentrati, pomodori per pelati, pomodori per passate o polpe, ed infine per la preparazione di succhi.

Commercialmente, secondo i Regolamenti CEE al momento in vigore, si distinguono tre categorie: Extra, 1° e 2°.

Derivati e lavorati del pomodoro

In Italia, il settore delle conserve di pomodoro ha un ruolo molto importante: oltre l’80% della produzione totale in campo è destinata alle industrie. Da notare, è l’aspetto culturale legato alle conserve di pomodoro: ancora oggi, vengono prodotte delle conserve artigianali in molte famiglie del Sud Italia.

Principalmente si distinguono due tipologie: pomodori da pelati e pomodori da concentrati. Inoltre, altri prodotti in commercio ricavati dal pomodoro, sono il Ketchup o i succhi. Naturalmente la distribuzione geografica ricalca la cultura territoriale: al Nord si producono pomodori per concentrati, mentre nel Mezzogiorno sono più rilevanti le produzioni per passate e pelati.

Il DPR 428/1975, disciplina le definizioni dei vari prodotti in:

  • pomodori pelati: pomodori lunghi, interi o meno e privi di buccia ;
  • semi-concentrato di pomodoro: succo di pomodoro sottoposto a concentrazione in cui il residuo secco non è inferiore al 12%;
  • concentrato di pomodoro, succo di pomodoro concentrato, il cui residuo secco supera il 18%;
  • Doppio concentrato di pomodoro: succo concentrato con residuo non inferiore al 28%;
  • triplo concentrato: succo concentrato con residuo non superiore al 36%.

Tecnologie produttive

Ma iniziamo da zero, domandandoci: cose’è una conserva? Ebbene, è un prodotto (con valori di pH<4,5), che ha subito un trattamento termico drastico, a temperature superiori ai 100°C (sterilizzazione), tale da consentirne una conservazione per medio- lunghi periodi a temperatura ambiente. Appartiene perciò alla così detta II gamma.

Come già detto esistono principalmente due prodotti ottenibili dalla trasformazione del pomodoro, dette anche “Conserve”: le Passate ed i Concentrati, i Pelati, i Cubettati.

Il frutto, al momento della raccolta, deve presentarsi integro, perfettamente maturo, di un rosso omogeneo, esente da materiale estraneo e con un elevato residuo secco. Questa è effettuata nelle ore più fresche della giornata affinché il pomodoro rimanga turgido.

Dopo la raccolta, manuale o meccanica, il prodotto va incontro a cernita (anche per mezzo di sensori ottici) ed una eventuale prima pulizia. Le operazioni di raccolta influenzano la qualità della materia prima (la raccolta manuale porta ad ottenere un prodotto “migliore”, senza ammaccature o danni , inoltre consente di effettuare una prima cernita o pre-processing). Arrivato nello stabilimento, il pomodoro, posto su un trasportatore a rulli, viene quindi posto in vasche munite di pompe (lavaggio per immersione), ed infine risciacquato con getti d’acqua. Durante la prima fase si potrebbe avere il distacco dei piccioli, che saranno rimossi con il risciacquo. Da questo momento il pomodoro può prendere diverse strade a seconda del prodotto finale desiderato.

Pomodori Pelati

Per la produzione dei pelati, si usano cultivar lunghe (San Marzano).

La tradizione casalinga vuole che i pomodori, dopo la selezione ed il lavaggio accurati, siano sbollentati al fine di rimuovere le bucce, e quindi posti in barattoli di vetro opportunamente lavati, sia aggiunto del basilico, quindi chiusi e sottoposti a bagnomaria per 40 min in acqua bollente.

Naturalmente, la produzione industriale, seppur simile è leggermente differente, infatti dopo la raccolta, il lavaggio e la cernita, i pomodori vanno incontro ad operazioni di pelatura al fine di rimuovere la buccia. Si hanno diverse tecniche di pelatura: termica, enzimatica a fiamma, a vapore, con soda ed infine quella meccanica. Quelle generalmente applicate per la lavorazione del pomodoro sono quella meccanica con rulli (meno usata) e quella termica (più comune).

La  pelatura termica consiste nel sottoporre il pomodoro ad una scottatura con acqua bollente o vapore, in apposite vasche o lungo dei tunnels, seguita da un raffreddamento in acqua. L’elevata temperatura del vapore porta all’evaporazione dell’acqua dello strato sottostante la buccia e ad una separazione di quest’ultima dalla polpa.

Le bucce, saranno poi torchiate al fine di ottenere del succo ulteriore da aggiungere al prodotto, eventualmente a piccole quantità di concentrato, mentre dai semi, si ottiene dell’olio per estrazione con solvente. Infine, il confezionamento in barattoli in lega stagnata, opportunamente riempiti con succo ed acido citrico per correggere il pH del mezzo, evitando la proliferazione del Clostridium botulinum, è fatto a caldo, con riempitrici a cilindri telescopici, oppure a freddo mediante una sterilizzazione in tunnel a temperature superiori ai 120°C per alcuni minuti, seguita infine da un raffreddamento e dall’etichettatura.

Concentrati di pomodoro

Col termine concentrato è definito il prodotto triturato, concentrato e setacciato , del pomodoro avente un residuo secco finale che va dal 12% al 55% a seconda se si parli di semi-concentrato o sestuplo concentrato. Il semplice Concentrato ha un residuo secco pari al 18%. Il processo produttivo è molto simile a quello per ottenere la passata, infatti il frutto, una volta selezionato, lavato ed asciugato, va incontro alle fasi di triturazione (mediante molini a martelli), scottatura in Hot Break a 88-90°C , un primo raffinamento, quindi una setacciatura, mediante setacci cilindrici, seguita dalla concentrazione (impiegata per evaporazione del succo), seguita da una pastorizzazione, ed il riempimento dei barattoli. Quest’ultima fase può avvenire a caldo (tradizionale), o a freddo in condizioni asettiche per i prodotti non destinati al consumo diretto.

Passata di Pomodoro

Per Passata, si intende il prodotto ottenuto direttamente da pomodoro fresco, sano e maturo, avente il colore, l’aroma ed il gusto caratteristici del frutto da cui proviene, per spremitura, eventuale separazione di bucce e semi e parziale eliminazione dell’acqua di costituzione in modo che il residuo ottico rifrattometrico risulti compreso tra 5 e 12 gradi Brix, con una tolleranza di 3%, al netto del sale aggiunto.

Anche in questo caso, si è passata dalla ricetta casalinga, che fa uso del passa pomodoro manuale, a quella industriale, con apposti impianti. Dopo la raccolta, la pulizia e la cernita, il pomodoro viene triturato in appostiti mulini (a coltelli, a pettine o a martelli), quindi va incontro a scottatura per “Hot Breack” in scambiatori tubolari a temperatura di 90°C per 2 o 3 minuti. Tale trattamento serve per intenerire la polpa e facilitare il distacco delle bucce, inoltre consente di inattivare gli enzimi pectolitici presenti nel pomodoro.

Il triturato quindi viene, prima setacciato e raffinato-passato al fine di rimuovere le bucce e di ridurre la viscosità del mezzo, “polmonato”, ed infine concentrato in evaporatori sottovuoto. Dopo quest’ultima fase viene aggiustato il contenuto di sale e il valore di pH con acido citrico, in apposite vasche d’agitazione. Se la concentrazione non è fatta in condizioni di vuoto, viene effettuata una disaerazione. Infine il prodotto, verrà pastorizzato in HTST (75-85°C per 20 s, e poi raffreddato.

Quindi si opera un riempimento a caldo (o in condizioni asettiche) in contenitori che vanno dalla banda stagnata al vetro, ed un secondo trattamento di pastorizzazione , in pastorizzatori a tunnel per getti vi vapore o acqua seguita da un raffreddamento finale. Seguono infine l’asciugatura e l’etichettatura.

Fonti:

Pompei C., La trasformazione industriale di frutta ed ortaggi ed agricole, 2005;

Baldoni R. – L. Giardini Coltivazioni erbacee Pàtron editore, 2001;

Regolamento CEE 1535/2003;

DPR 428/1975;

D. M. del Ministero delle Attività produttive del 23 settembre 2005;

Conserve alimentari e marmellate, Il fatto alimentare, 2014 (https://ilfattoalimentare.it/conserve-alimentari-marmellate.html/3);

Italia Fruit News, da Rapporto FAO, 2014;

Markup, 16 marzo 2017.

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