giovedì, Settembre 19

Quelle fermentazioni spesso dimenticate. Due casi esemplificativi: il cacao e il caffè.

La fermentazione rappresenta la principale e la primaria applicazione biotecnologica impiegata dall’uomo per trasformare e conservare il cibo, come pane, vino, birra, salumi, ecc.  Dal latino “fervere” o ribollire,  è di fatto un processo metabolico che permette a particolari organismi viventi (Lieviti e Batteri) di ricavare energia partendo da materia organica (zuccheri), in assenza di Ossigeno. Lungo il processo, avvengono due fasi principali: la glicolisi che porta ad ottenere Piruvato dal glucosio e la rigenerazione del NAD+ dal NADH (trasportatore di elettroni) attraverso la conversione dell’acido piruvico in etanolo o acido lattico, o altri substrati.

 Ma non è tutto qui! Alcune fermentazioni sono impiegate ai fini estrattivi. Casi esemplificativi sono il cacao e il caffè.

Per il piacere del lettore, elenco di qui alcune delle più comuni fermentazioni di interesse alimentare:

  • Fermentazione alcolica: processo fermentativo operato  principalmente dai Lieviti ( Saccharomyces cerevisiae) che porta alla conversione del glucosio in Piruvato e quest’ultimo in CO2  e CH3CH2OH (ETNOLO), producendo anche  calore. E’ tipica del VINO, della Birra e dei prodotti da forno come il pane .
  • Fermentazione lattica : è la fermentazione operata dai Batteri lattici che convertono il lattosio Piruvato, e questo in acido lattico. Sulla base dei prodotti di reazione si hanno processi omofermentativi (solo acido lattico), ed etero fermentativi (acido lattico + alcool etilico o etanolo, acetaldeide, ecc). E’ tipica dei formaggi, latti fermentati, yogurt , salumi , cioccolato ed impasti acidi. Avviene anche a livello muscolare.
  • Fermentazione propionica : avviene a carico del lattosio convertito in  acido propionico dai Propianobatteri . Il processo è tipico dei formaggi coi buchi (Emmenthal, Groviera ,ecc.).
  • Fermentazione acetica : è operata dagli Acetobacter che convertono l’alcool etilico in acido acetico nella produzione degli aceti.
  • Altre fermentazioni minori sono : citrica, butirrica, acido-alcolica.

Il caffè, è una bevanda che si ottiene dalla lavorazione dei semi delle  piante del genere Coffea L., appartenente alla famiglia delle Rubiaceae , originaria dall’Etiopia ed in particolare dalla regione di Coffa, da cui sembra aver preso il nome, è conosciuta dall’antichità per il potere eccitante data dal principio attivo in essa contenuto: la Caffeina.

Con un altezza di 8-10 m, e con frutti simili a ciliegie, dette drupe, che all’interno contengono due semi o chicchi allungati, rivestiti da una pellicina ed immerse in una polpa mucillaginosa,  raccoglie nel suo seno,  oltre 13.000 specie. Quelle più comuni appartengono alle varietà arabica e robusta.

Arrivata in Europa verso il XVII secolo grazie agli olandesi, divenendo ben presto di moda e venendo gustata sotto forma di  bevanda nelle Caffe House. Già se ne attesta il consumo a Venezia verso il 1640. Nel XVIII secolo viene esportata dagli europei nelle colonie americane, ed in particolare nei Caraibi e nel Brasile.

I frutti non ancora verdi, una volta raccolti (a mano o meccanicamente) per stripping o picking, sono separati dal chicco, La fermentazione ha lo scopo di rimuovere la polpa (un mix di acqua, polisaccaridi vari, acidi, cellulosa, pectine, ecc.) che racchiude i due chicchi, e dura dalle 20 alle 100 ore. I protagonisti saranno dei batteri lattici, in particolare quelle etero fermentativi appartenenti ai generi Leuconostoc e Lactobacillus. Essa avviene in due modalità:

  • per pigiatura delle bacche e successiva fermentazione delle stesse in recipienti in acciaio o cemento, appositamente chiusi e senza eliminazione dei liquidi prodotti;
  • per fermentazione asciutta, cioè mediante drenaggio dell’acqua prodotta in corso del processo fermentativo . Quest’ultima consente di produrre il caffè migliore.

Al termine della fermentazione avverrà la estrazione dei chicchi, il loro lavaggio e la loro essiccazione, generalmente effettuata in macchinari a tamburo rotante o a letto fluido, sottoponendo il chicco verde alle temperature di 200-300°C per un massimo di 20 minuti. Questo processo non ha solo il compito di conferire colore, ma anche sapore e aromi tipici , oltre che di asciugare il prodotto, impedendo l’attacco di microrganismi dannosi (muffe).

La pianta di Cacao o Theobroma cacao, appartiene alla  famiglia delle  Sterculiaceae, originaria dell’America centrale. I Maya la consideravano “il cibo degli Dei”. La pianta arriva in Europa nel XVI secolo. L’albero ha un’altezza di 8-10 m con grandi foglie lanceolate e frutti giallo-rossi, di forma ovoidale, detti  Cabosse. Queste , sono lunghi 20 cm e presentano all’interno dei semi o fave (25-40), immersi in una polpa  bianca e acidula. Dalle fave si estrae il caco. Le varietà principali di cacao sono tre:

Criollo: è il più diffuso nelle Americhe ed è il più delicato e pregiato anche se la sua resa è poca (10% produzione mondiale).

Forestero : dal gusto forte , è la varietà più diffusa, con alte rese (80% della produzione mondiale), viene coltivato, oltre che in America meridionale anche i  Africa occidentale.

Componente %
Acqua5,5
Zuccheri12,5
Cellulosa4,5
Lipidi41,5
Proteine19,0
Minerali4,5
Teobromina2,5

Trinitario: è un ibrido dei precedenti.

La Teobromina: è il principio stimolante del cacao . Ha azione su reni, cuore, cervello, pressione arteriosa. La componente grassa è la più abbondante (acido palmitico, oleico, linoleico e stearico).  Il burro di cacao rappresenta la parte grassa del cacao (50-%) che può essere estratto (per spremitura o per solvente)  per usi cosmetici, o in pasticceria. 

  • Fermentazione: ne esistono due tipologie: una all’africana, in cui le fave, sono poste in fosse scavate nel terreno ricoperte da foglie di banano, o in speciali  vasche, a fermentare, dai 4 ai 10 giorni; ed una all’americana , in cui le fave sono poste in contenitori in legno dalla capienza di 15 quintali e muniti di un foro di drenaggio. Il prodotto, è estratto dopo 24 h e posto in cestelli più piccoli e qui lasciati a fermentare. Anche in questo caso il processo ha una durata che può arrivare a 12 giorni. I protagonisti in questo caso sono i lieviti del genere Saccharomyces,  che portano quindi a sviluppare alcool ed a incrementi di  temperatura  di 50°C, con la conseguente liquefazione della polpa bianca per azione di enzimi . In questa fase si sviluppano gli aromi tipici del cacao. Altri microrganismi che intervengono, ma in maniera minore sono quelli appartenenti ai generi Glucanobacter e Acetobacter, oppure batteri lattici come Lactobacillus e Lactococcus.
  • Torrefazione : processo con il quale le fave vengono trattate termicamente sui 140°-150°C , con aria calda, in speciali camere di essiccazione per circa 30 minuti.  Il processo di torrefazione permette di portare l’umidità a livelli compresi fra  il 5 e il 10%,  far formare e sprigionare aromi ed odori, inoltre di colorare la fava (Reazione di Maillard), coagulazione proteica,  essiccamento del prodotto ( protezione da attacchi batterico-fungini). Se fatta male, porta dei difetti che influenzano pesantemente la qualità del prodotto finale  (cioccolato).

Il cioccolato è il prodotto ottenuto da pasta di cacao, cacao in polvere, burro di cacao , zucchero, o altri ingredienti (latte, nocciole) . Dopo la macinazione (in molini a sfere), dalla quale si hanno cacao in polvere o granella,  i vari  ingredienti vengono miscelati in mescolatori muniti  di braccia rotanti, dalla quale si  ricava una pasta che viene raffinata  (facendola passare fra dei cilindri  rotanti)  per ridurne le  dimensioni .

Bibliografia

Storia della gastronomia, Migliari-Azzola, Edipem, 1978;

Microbiologia degli alimenti fermentati, Zambonelli-Tini- Giudici-Grazia, Calderini ed agricole, 2001;

Arte bianca: materie prime processi e controlli; Carrai , Edagricole, 2010

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