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Attacco alla Finlandia

Nell’autunno del 1939 dopo essersi impadronito della Polonia Orientale in seguito dell’invasione nazista di questo disgraziato paese ed al codicillo segreto del Patto Molotov-von Ribbentrop, Stalin sorprende il mondo intero e perfino il suo innaturale e provvisorio alleato Hitler, invadendo la vicina Finlandia.

Questo paese, una sterminata distesa di foreste e laghi, scarsamente abitato, era indipendente da pochi anni. Nel periodo napoleonico apparteneva alla Svezia, poi era passato sotto il dominio della Russia, fino al 1918. In seguito alla Rivoluzione d’Ottobre aveva ottenuto la sua indipendenza ed erano stati tracciati dei confini convenzionali con il vicino e potente stato sovietico. L’URSS intendeva rafforzare la posizione difensiva di Leningrado che si trovava ad appena una cinquantina di chilometri dal confine, spingendo le frontiere oltre l’istmo di Carelia anche per impossessarsi delle preziose miniere di nichel sulla costa finlandese. Una delegazione finlandese convocata a Mosca respinse le richieste ultimative dei sovietici con grande stupore di quest’ultimi.

Ai vertici sovietici sembrava impossibile che un paese che contava 3,6 milioni di abitanti in tutto potesse sfidarli militarmente. Avevano sottovalutato l’intransigente nazionalismo che si era sviluppato in poco più di 20 anni in quel gelido paese del nord europa. Alle 9.20 del 30 novembre 1939 preceduti da un bombardamento aereo sulla capitale Helsinki, le truppe sovietiche penetrarono da più punti in territorio finlandese.

Ben lungi da spaventarsi circolava questa facezia tra i soldati ed i civili finlandesi: “Loro sono così tanti, il nostro paese così piccolo, come faremo a seppellirli tutti?”. La difesa nazionale fu affidata ad un generale settantaduenne, di origini aristocratiche, già al servizio dello Zar, Carl Gustaf Emil Mannerheim (1867-1951). Uomo altero e spietato, parlava ben sette lingue e quella che conosceva di meno era proprio il finlandese. Mannerheim poco prima dell’attacco russo aveva ordinato di evacuare ben 100.000 civili dalle zone di frontiera facendo una sorta di terra bruciata per gli invasori.

Dodici divisioni sovietiche, 600 carri armati e 1000 cannoni attaccarono il piccolo paese in dodici punti. Stalin nonostante che alcuni coraggiosi generali gli avessero fatto notare che le strade di accesso in territorio finlandese erano strette e limitate, incastonate tra foreste, laghi e paludi era convinto di fare un sol boccone della Finlandia in poche settimane.

Anche se i soldati finlandesi avevano pochissimi ed obsoleti pezzi di artiglieria e pochissime armi anticarro inflissero perdite spaventose ai mezzi corazzati russi che persero ben presto il 60% degli effettivi anche perché avanzavano senza il supporto della fanteria. Fu durante questi primi attacchi che fu consacrata un’arma primitiva che diventerà tristemente famosa in tutto il mondo. Si trattava di una bottiglia riempita di benzina e tappata con uno stoppino acceso che la faceva esplodere come un fuoco liquido una volta che si infrangeva contro un veicolo corazzato russo. Benché fossero già state usate nella guerra civile spagnola, fu in Finlandia, che questa rozza arma chiamata inizialmente “cestino del pane di Molotov” e poi semplicemente bomba Molotov, entrò nel lessico militare.

I finlandesi, sfruttando le immense foreste del paese, adottarono tattiche di guerriglia, volte a scompaginare le formazioni nemiche per poi annientarle separatamente. La grave penuria di armamenti e munizioni portò i finnici ad utilizzare perfino cannoni francesi da tre pollici e mezzo fusi nel 1871 e nel settore settentrionale del fronte un treno corazzata risalente al 1918 che faceva la spola nei punti critici delle linee d’attacco russe.

L’Armata rossa non era adeguatamente equipaggiata per combattere nel rigidissimo inverno finlandese dove non di rado si toccavano i 35° sottozero. Il generale sovietico Cujkov fece una lucida analisi delle difficoltà russe. Carri armati ed artiglierie costretti a muoversi su strade e sentieri stretti non avevano lo spazio necessario per un’efficace manovra, i soldati non sapevano sciare mentre gli jager finlandesi erano provetti sciatori in grado di muoversi con rapide incursioni anche in presenza di terreni fortemente innevati.

Dal punto di vista della pubblica opinione l’invasione sovietica raccolse una generale ondata di indignazione ed i governi alleati promisero un aiuto militare che non si concretizzerà mai. Il maresciallo Mannerheim conduceva la campagna militare con una precisa ed immodificabile routine. SI faceva svegliare alle 7 in punto nei suoi alloggi presso un hotel di Mikkeli, a circa 60 chilometri dal fronte. Un’ora dopo, perfettamente vestito scendeva per fare colazione, poi in auto raggiungeva il Quartier Generale, collocato in una scuola abbandonata a poche centinaia di metri di distanza dall’albergo. Poi insisteva perché gli si leggessero, nome per nome, gli elenchi dei caduti del giorno precedente. Per comprendere la personalità forte ed eccentrica di questo condottiero può essere utile richiamare un episodio che lo vide protagonista nel 1942, quando la Finlandia era alleata con la Germania nazista. In occasione del suo settantacinquesimo compleanno il 4 giugno 1942 Adolf Hitler in persona venne in visita in Finlandia per convincerlo ad attaccare Leningrado, ma Mannerheim per tutta risposta fece fare al dittatore tedesco e ai suoi generali un paio d’ore di anticamera. Il luogo dell’incontro era un vagone fermo ad un binario morto nei pressi di Immola ed Hitler e il suo seguito stettero ad aspettare con impazienza di essere ricevuti. Mannerheim finalmente ricevette Hitler e nonostante i discorsi del dittatore tedesco confermò la sua linea di azione che non prevedeva un sostegno diretto delle truppe finlandesi.

Dopo settimane di guerra difensiva il 23 dicembre i finnici passarono al contrattacco oltre l’istmo di Carelia ma furono respinti con gravi perdite. Il governo finlandese e Mannerheim sapevano che non potevano sconfiggere un nemico non soltanto enormemente superiore per uomini e mezzi ma assolutamente indifferente al numero di perdite che subiva. Stalin destituì come nel suo stile alcuni comandanti del corpo di invasione (un comandante di divisione venne fucilato ed un altro internato in un gulag) ed inviò massicci rinforzi.

Intanto tra gli Alleati fioriva una retorica ipocrita sulle virtù eroiche dei finlandesi e dello stesso Mannerheim senza che questa si traducesse però in aiuti concreti. La Gran Bretagna si limitò ad inviare 30 biplani Gloster Gladiator, un aereo già concettualmente vecchio, che i finlandesi dovettero pagare in contanti. Dopo poche settimane di combattimento ben 22 di essi era stato abbattuto o andato perso per altre cause.

A metà gennaio del 1940 venne lanciata una nuova offensiva in un punto del fronte difeso soltanto da 32 soldati finlandesi verso cui vennero scagliati ben 4000 sovietici. Al termine della battaglia ben 400 russi erano periti ma soltanto 4 soldati finlandesi erano ancora vivi. Una nuova offensiva dell’Armata Rossa iniziò il 1º febbraio con una serie di attacchi locali, supportati da massicci bombardamenti d’artiglieria e attacchi aerei, per distruggere le posizioni fortificate finlandesi.

Un’ondata di truppe e carri armati sfondò in più parti la linea finlandese. Le munizioni e le armi pesanti ormai scarseggiavano. Considerando la situazione militare, il maresciallo Mannerheim raccomandò al proprio governo di giungere a un cessate il fuoco prima del collasso definitivo del fronte. Nella notte fra il 9 e il 10 marzo, con l’opposizione di soli due membri, il governo decise di autorizzare la delegazione che a Mosca discuteva di una possibile fine delle ostilità ad accettare i termini della pace a propria discrezione. Il mattino dell’11 marzo, il governo e il Comitato parlamentare per le relazioni con l’estero concordarono con la proposta del ministro Tanner che i termini di pace avanzati dai sovietici dovessero essere accettati. Il 12 marzo l’accordo fu firmato e il cessate il fuoco entrò in vigore la mattina successiva.

La pace imposta da Stalin fu insolitamente moderata, il dittatore sovietico rinunciò ad occupare tutto la Finlandia come avrebbe potuto e si limitò ad acquisire circa il 10% del territorio finlandese. La fine di questo conflitto aveva consegnato a Stalin la consapevolezza dell’impreparazione dell’Armata Rossa che aveva subito nel corso della cosiddetta “guerra d’inverno” tra i 127.000 e i 250.000 morti, contro i 48.243 caduti finlandesi e gli oltre 400.000 sfollati senza più un’abitazione.

n.b. nella foto il fronte nell’ultimo giorno di guerra

Valmont57

Diversamente giovane, fondatore di Wiki Magazine Italia, (già Scienza & DIntorni), grande divoratore di libri, fumetti e cinema, da sempre appassionato cultore della divulgazione storica e scientifica.

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