Augustus di John E. Williams

Il secondo grande romanzo di John E. Williams (1922-1994), che affianca degnamente il suo capolavoro Stoner è “Augustus“. Si tratta di un grande romanzo storico, raffinato ed elegante che utilizza sapientemente la forma epistolare per tracciare il ritratto di un uomo e di una società.

La vicenda parte dalle Idi di marzo del 44 a.C. quando Giulio Cesare viene assassinato e Gaio Ottavio, il gracile e malaticcio diciottenne protetto dal grande condottiero romano si trova al centro degli intrighi e delle tensioni successive all’omicidio.

Augustus ci racconta le vicende che da quel tragico momento condurranno Ottaviano, assecondato da un pugno di amici, verso la costituzione del principato e dell’era augustea che sancisce una trasformazione sotterranea ma sostanziale dell’assetto istituzionale di Roma.

Molti sono i protagonisti e grande spazio è dedicato ai loro profili interiori, ai loro dissidi e alle loro debolezze: la libertà di Orazio, la saggezza di Marco Agrippa, la sensibilità di Mecenate, ma soprattutto l’inquietudine di Giulia, che accanto al padre è uno dei personaggi più importanti e tragici del romanzo.

La forma epistolare non appesantisce il romanzo ma anzi esalta l’introspezione dei personaggi ed il disvelamento delle loro debolezze, ambiguità, ambizioni. Ma Williams con Augustus scatta anche una spietata fotografia della solitudine del potere che per essere esercitato con efficacia necessita, obbligatoriamente, di una dissociazione profonda dagli altri, persino dagli affetti più cari.

L’originalità del romanzo sta appunto nella scelta di immaginare una ricostruzione narrativa storica riunendo numerosi documenti generati dai protagonisti (reali o fittizi) dell’epoca dei fatti. A tale proposito lo stesso Williams in prefazione scrive:

“[…] alcuni errori contenuti in questo libro sono deliberati. Ho cambiato l’ordine di vari avvenimenti; ho inventato laddove i dati storici erano incompleti o incerti; e ho creato alcuni personaggi che la storia non cita. Talvolta ho modernizzato luoghi e termini latini, ma non l’ho fatto in ogni circostanza, preferendo certe suggestioni alla coerenza meccanica.

Tranne poche eccezioni, i documenti che costituiscono questo romanzo sono frutto della mia invenzione: ho parafrasato molti brani delle lettere di Cicerone, ho rubato brevi passaggi delle Res Gestae di Augusto, e ho copiato un frammento di un volume perduto delle Historiae di Livio tramandato da Seneca il vecchio.

Ma se vi sono delle verità in quest’opera, esse appartengono alla finzione più che alla storia. E sarò grato a quei lettori che accoglieranno il libro per ciò che intende essere: un’opera d’immaginazione.”

L’onesta ammissione che Augustus sia un romanzo che non si fonda su una concreta intelaiatura storica ma privilegi le esigenze del racconto e dell’arte sul rigore scientifico non toglie nulla alla grandezza dell’opera che scava nell’animo umano e ci restituisce il sapore di una società come e forse più di quello che potrebbe fare un saggio storico.