Batterio sopravvive fuori dalla ISS per un anno

Vivere nello spazio all’interno della ISS non è una cosa semplice. Una prova è stata fornita da Scott Kelly, un’astronauta americano che ha passato un anno sulla Stazione Spaziale Internazionale, nel 2015. Il periodo di permanenza passato nello spazio ha modificato il suo DNA. Inoltre, ha modificato i telomeri e il microbiota intestinale, e ha causato la perdita della densità ossea, e nonostante il suo rientro sulla Terra, tre mesi dopo presentava ancora dei dolori ai piedi.

Tutt’altra cosa è sopravvivere al di fuori della stazione Spaziale Internazionale, in condizioni piuttosto minacciose per la vita, come l’esposizione ai raggi UV, il vuoto e enormi cambiamenti di temperatura e microgravità. Ma sembra, grazie ad un esperimento condotto, che un batterio sia comunque sopravvissuto a tutto questo.

L’organismo in questione è una specie di batterio trovato per la prima volta in un barattolo di carne, il Deinococcus radiodurans, che è sopravvissuto per un anno su una piattaforma appositamente creata fuori dal modulo pressurizzato della ISS.

Il batterio Deinococcus radiodurans è sopravvissuto per 1 anno all’esposizione nell’orbita terrestre bassa, la LEO, al di fuori dalla Stazione Spaziale Internazionale, durante la missione spaziale Tanpopo.

La ricerca dei microbi

I ricercatori è da svariato tempo che dedicano i loro studi a questi microbi così potenti. A tal proposito un team internazionale ha istituito la missione definita Tanpopo, attuata all’esterno del modulo sperimentale giapponese Kibo, per riuscire a mettere alla prova delle specie batteriche molto resistenti.

Per effettuare lo studio le cellule batteriche sono state prima disidratate, poi mandate sulla ISS, e successivamente posizionate nella Exposed Facility, una piattaforma continuamente esposta all’ostile ambiente spaziale. Le celle sono state posizionate dietro una finestra di vetro, per riuscire a bloccare la luce UV e le lunghezze d’onda inferiori a 190 nanometri.

Il team di ricercatori appartenenti ad Austria, Giappone e Germania, hanno spiegato in un loro articolo che: “I risultati ottenuti dallo studio possono aumentare la consapevolezza riguardo ai problemi di protezione planetaria, come ad esempio sull’atmosfera marziana che assorbe le radiazioni UV al di sotto di 190-200 nm. La nostra configurazione sperimentale sulla ISS, per ricreare questa condizione, ha utilizzato una finestra al biossido di silicio”.

Come si può sopravvivere in queste condizioni così estreme?

Lo scopo dello studio del team è riuscire a scoprire cosa rende il D. radiodurans, così capace di sopravvivere in condizioni cosi estreme. I ricercatori, dopo aver fatto vivere un anno al batterio in condizioni di radiazioni, temperature di congelamento, ebollizione e assenza di gravità, lo hanno riportato sulla Terra.

Quindi, hanno messo a confronto il campione di Low Earth Orbit, il LEO, con quelli che invece avevano trascorso un anno sulla Terra. Il tasso di sopravvivenza era molto più basso per i batteri LEO rispetto alla versione terrestre. Il team di ricercatori ha scoperto che i batteri LEO, erano tutti ricoperti da delle piccole protuberanze o vescicole. Non solo, si erano attivati molti meccanismi di riparazione e alcune proteine ​​ mRNA, erano diventati molto più numerosi.

Il team, ha scritto anche che: “L’intensa vescicazione dovuta all’esposizione del LEO, scoperta dopo il recupero, può essere utile come risposta rapida allo stress, una condizione che riesce ad aumentare la sopravvivenza cellulare. Inoltre, le vescicole della membrana esterna possono contenere delle proteine molto importanti per l’acquisizione di nutrienti, per il trasferimento del DNA e per il trasporto di tossine, provocando così l’attivazione dei meccanismi di resistenza dopo l’esposizione allo spazio”.

Immagini della SEM per il controllo del batterio D. radiodurans sulla sinistra e dopo l’esposizione a LEO sulla a destra.

Lo studio effettuato è stato svolto per riuscire a comprendere se i batteri possano sopravvivere ad altri mondi, e anche ai viaggi tra di essi. Una questione molto importante per i viaggi futuri, che noi umani inizieremo ad affrontare più distanti dalla Luna nel nostro sistema solare, e chissà forse oltre.

La biochimica dell’università di Vienna, Tetyana Milojevic, ha spiegato che: “Questi studi ci aiutano a comprendere meglio i meccanismi e i processi attraverso i quali la vita può esistere oltre la Terra, ampliando così le nostre conoscenze su come sopravvivere e adattarsi all’ambiente inospitale dello spazio. I risultati ottenuti suggeriscono che la sopravvivenza del D. radiodurans nel LEO, per un periodo più lungo, è possibile grazie al suo efficiente sistema di risposta molecolare. Ciò ci indica che anche i viaggi più lunghi e più lontani sono realizzabili per organismi con tali capacità”.

Riferimenti:

https://www.sciencealert.com/this-bacterium-survived-on-the-outside-of-the-space-station-for-a-year

https://microbiomejournal.biomedcentral.com/articles/10.1186/s40168-020-00927-5

Valmont57

Diversamente giovane, fondatore di Wiki Magazine Italia, (già Scienza & DIntorni), grande divoratore di libri, fumetti e cinema, da sempre appassionato cultore della divulgazione storica e scientifica.

Recent Posts

Zuccheri e alimentazione

Una fonte nutritiva essenziale per il nostro organismo è costituita dagli zuccheri o carboidrati. Tra…

1 giorno ago

Una questione di concentrazione

Troppo spesso leggiamo sui giornali o sui social network di alimenti o sostanze con mirabolanti…

2 giorni ago

Piante di ieri, piante di oggi

L'evoluzione dei vegetali è stata lunga e complessa, con un passaggio fondamentale, quello dall'acqua alla…

2 giorni ago

27 settembre: Notte Europea dei Ricercatori, il progetto CO-Science

Nell’ambito del programma Horizon Europe è stato finanziato, per il biennio 2024 e 2025, dalle…

1 settimana ago

NASA punta al mondo che potrebbe essere abitabile oggi

La sonda spaziale Europa Clipper ha superato un traguardo fondamentale. Ciò porta la missione sulla…

1 settimana ago

Piante pericolose

Alberi killer Il suo appellativo è piuttosto minaccioso, “fico strangolatore”, e per certi versi si…

2 settimane ago