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Come sopravvivere ad un attacco nucleare

Durante la fase più acuta della Guerra Fredda, dagli anni Cinquanta alla metà degli Anni Sessanta, l’umanità convisse con la paura di un’imminente guerra nucleare tra le due superpotenze di allora, gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica. Soprattutto dopo alcuni episodi di crisi, particolarmente acuta, come l’invasione della Baia dei Porci sostenuta dagli USA o la crisi missilistica di Cuba, sembrò di essere ad un passo da quell’olocausto nucleare, che il mondo aveva bene presente, da quando nel 1945 gli americani avevano sganciato due ordigni atomici sulle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki.

A distanza di una sessantina d’anni, la guerra tra Russia e Ucraina (sostenuta dall’intero mondo occidentale) fa riemergere il timore che si possa innescare un escalation che sfoci nell’utilizzo di quelle autentiche armi di distruzione di massa che sono gli ordigni nucleari. Si tratta di un’eventualità ancora poco probabile, che le persone vivono non con l’ansia e anche la determinazione di prepararsi al peggio, delle generazioni vissute a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta, ma che faremmo bene a non escludere dal novero delle possibilità.

Cosa possiamo fare e soprattutto quale misure possiamo adottare per sopravvivere ad un attacco nucleare? In questo articolo proviamo, a dare qualche parziale risposta.

Le bombe nucleari non sono tutte uguali

Little Boy, l’atomica sganciata su Hiroshima il 6 agosto 1945, alle ore 8.14 e 45 secondi aveva una potenza di 16 chilotoni. Il chilotone è un multiplo dell’unità di misura ton utilizzata convenzionalmente per esprimere la quantità di energia liberata da un esplosivo: è pari a 1000 ton, quindi all’energia liberata dall’esplosione di mille tonnellate di tritolo

L’esplosione su Hiroshima si verificò a 580 metri dal suolo, uccidendo sul colpo tra le 70 000 e le 80 000 persone e distruggendo completamente il 90% degli edifici compresi tutti i 51 templi della città. Nel raggio di 2 km oltre alla distruzione di case e infrastrutture non sopravvisse nessuno e in seguito all’inquinamento radioattivo, negli anni successivi le morti riconducibili all’attacco americano sfiorarono le 250.000 persone.

Oggi un piccolo missile che pesa la metà di Little Boy, come il russo 3M-54 Kalibr, può essere lanciato da una nave, un aereo o da un sommergibile e portare a destinazione un ordigno nucleare più potente di quelli che rasero al suolo Hiroshima e Nagasaki. Un ordigno che viene definito come tattico, per differenziarlo da quelli cosiddetti strategici.

La bomba atomica più potente del mondo

Le bombe nucleari moderne hanno dispositivi che sono in grado di programmare la potenza desiderata in base alle esigenze tattiche individuate dai vertici militari. Per fare un esempio, la bomba statunitense denominata B61 – pare presente in varie basi Nato europee, tra le quali quella di Aviano – rilascia un’energia che si dice possa essere variata tra una frazione di chilotone fino a circa 300 chilotoni. In confronto, la bomba di Hiroshima era di soli 16 chilotoni.

La bomba atomica più potente mai sperimentata è un ordigno, progettato dall’Unione Sovietica negli anni Sessanta. Si tratta di Zar, una bomba H di tipo Teller-Ulam da 50 megatoni, ovvero 3.125 volte l’energia emanata dalla bomba sganciata su Hiroshima oppure 10 volte la potenza combinata di tutti gli esplosivi convenzionali usati nella seconda guerra mondiale.

Il test del 1961

Per avere un’idea della devastante potenza di questo ordigno, quando il 30 ottobre 1961 alle ore 11:32 nella baia di Mitjušicha, sull’arcipelago di Novaja Zemlja, a nord del circolo polare artico fu sganciata Zar, questa esplose a 4.000 metri dal suolo. Si generò una palla di fuoco che si espanse fino a un diametro di quasi 8 chilometri e l’onda d’urto venne registrata nell’insediamento di Dikson a 700 km di distanza, mentre vennero danneggiate le imposte in legno delle case sino a 900 km dall’ipocentro fino in Finlandia.

L’onda sismica generata dall’esplosione fece tre volte il giro della Terra. Nonostante l’esplosione fosse stata innescata nell’atmosfera, l’U.S. Geological Survey misurò una magnitudo sismica compresa tra 5,0 e 5,25 con un’onda d’urto propagata e percepita in tutto il mondo. Se fosse stato fatto esplodere anche il terzo stadio in uranio della bomba per ulteriori 50 Mt, la bomba avrebbe da sola aumentato del 25% il totale dei residui fissili rilasciati nell’atmosfera dal 1945.

Cosa mette a rischio la nostra vita durante un attacco nucleare?

E veniamo al focus di questo articolo, tre sono gli elementi che mettono a rischio la nostra vita in caso di attacco nucleare: l’esplosione della bomba, il fallout radioattivo e le radiazioni. Per quanto riguarda il primo elemento, gli effetti sulle persone (e le cose) dipendono da un insieme di fattori: la potenza della bomba, le condizioni meteo e soprattutto la vicinanza all’epicentro dell’esplosione.

Se si sganciasse la bomba di Hiroshima su Roma, l’area direttamente interessata dall’esplosione sarebbe quella riportata dalla seguente immagine.

Se invece la bomba che si abbatte sulla Città Eterna fosse la devastante ZAR russa i suoi effetti colpirebbero gran parte del Lazio come testimonia l’immagine successiva.

Se noi siamo in una zona vicina all’epicentro dell’esplosione non abbiamo scampo e quindi il problema è sfortunatamente per noi risolto. Quanto occorre essere distanti da un’esplosione nucleare per sopravvivere dipende da tante variabili (potenza dell’ordigno, conformazione morfologica del terreno, condizioni meteo) che non è possibile indicare una distanza di sicurezza valida per ogni caso.

Il secondo elemento di pericolo è costituito dal fall out radioattivo. Il materiale coinvolto nell’esplosione, reso radioattivo e lanciato in aria fino al limite della troposfera (12 km di quota) ricade sotto forma di cenere e pulviscolo altamente letale. Nella sua forma più acuta questo materiale altamente tossico cade nella zona dell’esplosione per almeno 48 ore, va da se che la sua ricaduta è influenzata dal vento e può quindi interessare zone non direttamente coinvolte dall’attacco nucleare.

Nell’immagine che segue, l’esplosione di una bomba nucleare tipo quella di Hiroshima su Roma e gli effetti del fall out radioattivo in seguito ad un vento intenso con direzione est. Come si può notare le zone di pericolo per questo effetto sono molto più ampie e inglobano una parte importante della Città Eterna e delle zone limitrofe.

Infine abbiamo le radiazioni: tutto ciò che viene colpito dall’esplosione e dal fallout mantiene un certo livello di radioattività per un periodo di tempo variabile. Anche in questo caso la durata della zona di interdizione per queste aeree dipende da diversi fattori e possono oscillare da una manciata di anni a diversi secoli. Chiarito il quadro degli elementi che mettono in serio pericolo la nostra vita, passiamo ad esaminare quali sono i comportamenti da tenere, se siamo riusciti a sopravvivere all’esplosione.

Che fare prima dell’attacco

I fattori chiave per ampliare le nostre chances di sopravvivenza si possono condensare in tre parole: distanza, schermatura e tempo. Non dovremmo arrivare del tutto impreparati ad una crisi che può sfociare in un attacco nucleare. La prevenzione gioca un fattore molto importante e aumenta le possibilità di sopravvivenza. Stabilire una sorta di piano d’azione con i propri cari da attuare in caso di pericolo, verificare se nei pressi della nostra abitazione o del luogo di lavoro esistono rifugi anti atomici o in alternativa, stazioni della metropolitana o ancora garage sotterranei, tenere sempre pronto un kit sanitario, documentarci sugli effetti e i pericoli connessi ad un’esplosione nucleare, sono tutti elementi preventivi che possono fare la differenza tra la vita e la morte in caso di attacco nucleare.

Durante l’attacco

Nel migliore dei casi potremmo essere avvertiti dalle autorità di un imminente attacco nucleare con un preavviso variabile , che difficilmente però supererà i due minuti. Non esiste una mappa pubblica di rifugi anti atomici, che per altro sono pochissimi nel nostro paese (e non soltanto da noi). Quindi dove ripararsi? L’ideale è rifugiarsi sottoterra, quindi tunnel della metropolitana o garages sotterranei a più livelli. Se siamo lontani da questi luoghi può andar bene anche una cantina e se l’attacco ci sorprende in un edificio con più piani e non possiamo muoverci, l’ideale sarebbe stare in un’area centrale dei piani intermedi del palazzo, possibilmente senza finestre.

Questi edifici dovrebbero essere in cemento armato o comunque in mattoni, tutti i sistemi di ricircolo dell’aria andrebbero disattivati per non introdurre l’aria “radioattiva” post esplosione, eventuali finestre chiuse e sbarrate. Se l’esplosione ci coglie all’aperto dobbiamo cercare di trovare rifugio dietro qualsiasi protezione sufficientemente robusta ed evitare di guardare il momento della deflagrazione per non rimanere accecati. Nel peggiore dei casi buttiamoci a terra e cerchiamo di coprirci bocca e naso con sciarpe, fazzoletti, foulard per ridurre l’ingestione di materiale radioattivo.

Dopo l’attacco

Se siamo sopravvissuti all’esplosione nucleare e siamo al riparo evitiamo di uscire per almeno 48 ore e se siamo in contatto con le autorità, attendamo fino al momento in cui ci viene dato il via libera. Come abbiamo detto di norma la fase acuta del fall out radioattivo inizia ad affievolirsi dopo 48 ore ma se siamo tagliati fuori dalle comunicazioni esterne e abbiamo delle scorte di acqua e cibo è meglio prolungare questa fase di attesa per diversi giorni ancora.

Se l’abbiamo scampata mentre eravamo all’esterno, allontaniamoci rapidamente dalla zona prossima all’epicentro cercando di andare controvento. Prima possibile dovremmo spogliarci completamente per gettare via gli abiti contaminati e lavarci delicatamente evitando di procurarci delle piccole abrasioni.

A questo punto a meno che l’intera nazione sia stata devastata da un massiccio attacco nucleare, le autorità pubbliche organizzeranno centri di raccolta e soccorso per i sopravvissuti e il modo migliore per aumentare le vostre chances di sopravvivenza sarà quello di seguire le indicazioni che perverranno dal governo, dalle forze armate e dai corpi internazionali di soccorso come la Croce Rossa.

Fonti:

alcune voci di Wikipedia

lastampa,it

Croce Rossa Stati Untiti

Geopop.it

Natale Seremia

Appassionato da sempre di storia e scienza. Divoratore seriale di libri e fumetti. Blogger di divulgazione scientifica e storica per diletto. Diversamente giovane. Detesto complottisti e fomentatori di fake news e come diceva il buon Albert: "Solo due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana, riguardo l’universo ho ancora dei dubbi."

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