lunedì, Settembre 16

Darwin, il taccuino B e l’Albero della Vita

Charles Darwin era rientrato da circa nove mesi dal suo viaggio intorno al mondo sul brigantino della regia marina inglese HMS Beagle, quando nel luglio del 1837, all’età di ventisette anni, decise di inaugurare un taccuino molto speciale.

Il taccuino, che etichettò con la lettera B, era in pelle marrone con una linguetta ed un fermaglio, composto da 280 pagine di pregiata carta color crema, abbastanza piccolo da poter essere portato in una tasca senza troppi problemi. Nelle intenzioni di colui che avrebbe rivoluzionato il concetto di evoluzione, era un contenitore privato destinato a fermare nel tempo le sue intuizioni più ardite.

Il lungo viaggio intorno al mondo aveva sedimentato nel giovane Darwin una serie di idee, di conoscenze e di intuizioni che avevano bisogno soltanto di essere correlate ed organicamente sistemate. Si trattava di intuizioni e scoperte che andavano contro le credenze dell’establishment scientifico e religioso dell’epoca e di questo Darwin ne era perfettamente consapevole.

Tra il clero ed i laici devoti la convinzione che tutte le creature viventi fossero state plasmate da Dio in specifici atti di creazione era granitica. Questo “dogma” era conosciuto all’epoca come teoria della creazione speciale.

Darwin si proponeva di indagare su una teoria alternativa all’ortodossia scientifica e religiosa del tempo, ovvero che le creature viventi non avessero forme eternamente stabili. Si trattava di scoprire in virtù di quale meccanismo avveniva questa trasformazione di forme di cui Darwin era fermamente convinto, anche in base alle osservazioni naturalistiche compiute durante il lungo viaggio del Beagle.

Si sistemò pertanto in un’abitazione poco distante dal British Museum ed entrò a far parte di società scientifiche quali la Geological Society e la Zoological Society. Non aveva un lavoro, ma non ne aveva bisogno. Di famiglia agiata era in condizione di vivere di rendita e di concentrarsi esclusivamente sulle sue ricerche.

Il taccuino A, Darwin lo dedicò alle geologia, il taccuino B fu il primo di una serie che dedicò a quello che lui chiamava “trasmutazione”, l’embrione di quella che sarebbe diventata la teoria dell’evoluzione. Inaugurò il taccuino B, nel luglio del 1837, con alcuni richiami all’opera del nonno Erasmus Darwin, intitolata Zoonomia, ovvero leggi della vita organica pubblicata diversi decenni prima.

Il taccuino non era destinato ad essere il “brogliaccio” di un futuro saggio ma un guazzabuglio di appunti, libri da leggere, domande cruciali a cui trovare risposte convincenti. Tra le domande spesso frettolosamente scarabocchiate ed a volte senza il punto interrogativo si possono leggere: “perché la vita è breve“, “perché la riproduzione è così importante“, “perché gli animali di una certa specie di un paese hanno una forma stabile, ma la stessa specie presente in un isola mostra modificazioni sia pur minime“?

“Ogni specie cambia, progredisce?” recita un’altra, cruciale domanda vergata sulle pagine color crema del taccuino B. Queste domande ed altro ancora, inframmezzate da speculazioni e schizzi, riempiono le prime ventuno pagine del taccuino.

Le pagine sono prive di data e quindi non sappiamo inquadrare temporalmente le intuizioni e gli interrogativi di Darwin, poi in calce alla ventunesima pagina, una frase lapidaria: “Gli esseri organizzati rappresentano un albero”.

Darwin evocava l’immagine, non nuova, ma che lui saprà rivoluzionare dell’albero della vita.

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