venerdì, Settembre 20

È lui o non è lui? Alcuni celebri casi di scambi di persone…

Balzati agli onori delle cronache, non sono pochi i casi di intricati scambi di persona che hanno appassionato l’opinione pubblica, sia nel lontano passato che in tempi più recenti. Il primo di quelli che brevemente analizzeremo in questo articolo, riguarda Martin Guerre, un contadino dei Pirenei vissuto nel XVI secolo.

Partito soldato Martin non era più tornato. Passano otto anni e un uomo si presenta nel villaggio dove un tempo abitava affermando di essere Martin Guerre. La moglie e le quattro sorelle lo riconobbero, e la moglie tornò a vivere con lui. Ma nella sua famiglia non tutti erano convinti dell’identità di questo redivivo, in particolare lo zio che aveva dovuto restituire l’eredità ricevuta dal padre del contadino scomparso.

Non esitò quindi ad intentare causa sostenendo che l’uomo era un impostore. Il processo che si aprì fu seguito con grande partecipazione e interesse morboso per le implicazioni che il caso suscitava. Alcuni testimoni asserirono che avevano conosciuto il vero Martin Guerre, che aveva perduto una gamba durante una battaglia e che quindi l’uomo non poteva essere lui. Il presunto impostore fu condannato e ricorse in appello che grazie all’appoggio della moglie, delle sorelle e di diversi compaesani stava per vincere, quando come nei migliori thriller, un colpo di scena cambierà le carte in tavola.

Nel pieno del processo, arrivò all’improvviso un uomo con una gamba di legno, e dichiarò di essere il vero Martin Guerre. La moglie e le sorelle ammisero che era lui, il vero e autentico Martin Guerre e a quel punto l’impostore confessò, dichiarando che essendo stato scambiato per il contadino scomparso aveva colto al volo l’occasione per accaparrarsi una casa, della terra e una moglie!

Finirà impiccato davanti alla casa del vero Martin Guerre che ritornò in possesso di tutta la sua eredità e della moglie che lo aveva “scambiato” per un altro. Qualche secolo dopo un altro caso infiammerà l’opinione pubblica, stavolta italiana. All’inizio di marzo del 1926 nel settore ebraico del cimitero di Torino venne notata la sottrazione di alcuni vasi funerari. Il 10 marzo un uomo fu fermato da un custode mentre cercava di allontanarsi con uno di essi. Arrestato, appariva insano di mente e non fu possibile ottenere da lui indicazioni sulla sua identità.

Ricoverato nel manicomio di Collegno nell’aprile di quell’anno, la direzione del nosocomio, per dare un nome allo “smemorato di Collegno” fece pubblicare un annuncio con fotografia su La Domenica del Corriere del 6 febbraio 1927 e sull’Illustrazione del Popolo (supplemento della Gazzetta del Popolo) del 13 febbraio.

L’annuncio recitava così:

«CHI LO CONOSCE?

Ricoverato il giorno 10 marzo 1926 nel manicomio di Torino (casa Collegno). Nulla egli è in condizione di dire sul proprio nome, sul paese d’origine, sulla professione. Parla correntemente l’italiano. Si rileva persona colta e distinta dell’apparente età di anni 45.»

Il clamore mediatico porterà al riconoscimento dello “smemorato” nella persona del professore Giulio Canella di Verona, dato per disperso dieci anni prima, nel 1916, durante la Grande Guerra. Anche in questo caso la moglie del professor Canella riconobbe in quest’uomo suo marito. L’uomo sembrò recuperare la memoria, fu dimesso e andò a vivere con lei a Verona; ebbero anche diversi figli.

Tutto risolto? Niente affatto. Una lettera anonima indirizzata alla Questura di Torino, rivela che il presunto professor Canella è in realtà l’anarchico Mario Bruneri. Si aprì un lungo processo che si concluse nel 1931 quando la Suprema Corte di Cassazione confermò che l’uomo era davvero il Bruneri, e che su di lui gravavano diverse condanne precedenti, per cui dovette scontare alcuni anni di carcere. Ma la signora Canella continuò a sostenere che era suo marito, e dopo la fine della pena i due andarono a vivere insieme in Brasile.

In Brasile Mario Bruneri si fece iscrivere all’anagrafe come Giulio Canella;  tenne conferenze e pubblicò libri e articoli;  morì a Rio de Janeiro l’11 dicembre 1941. Il 10 giugno 1970 la Chiesa cattolica, precisò che riconosceva nello sconosciuto il professor Giulio Canella, considerando così legittimi i figli nati dalla coppia. Giulia Canella morì il 24 luglio 1977.

Casi del genere avvenivano anche e soprattutto quando riguardavano personaggi famosi, come nel caso della principessa Anastasija Nikolaevna Romanova, assassinata all’età di 17 anni, insieme al padre, alla madre, alle sue tre sorelle Ol’ga, Tat’jana, Marija e al fratello Aleksej il 17 luglio 1918 per ordine dei bolscevichi, i quali ne occultarono anche i corpi.

Voci su una possibile sopravvivenza della principessa all’eccidio si susseguirono per molti anni, tanto che  diverse donne si spacciarono come la granduchessa superstite. La più famosa fu Anna Anderson, che morì nel 1984 e il cui corpo fu cremato; ciononostante, analisi del DNA effettuate nel 1994 sulle sue ceneri smentirono definitivamente che ella fosse Anastasia. Altre furono Eugenia Smith, Magdalen Veres  e Ivanova Vasileva.

Fonti:

alcune voci di Wikipedia

Dietro le quinte della storia, di Angela-Barbero

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