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Eloisa e Abelardo, una storia d’amore

Ci sono storie d’amore che hanno superato i secoli, fornendo ispirazione a letterati e più recentemente alla settima arte. Storie di una passione così travolgente che si candidano a rappresentare l’amore, quello con la A maiuscola, che in fondo è l’aspirazione di gran parte delle persone. A questa specialissima categoria appartiene la storia d’amore tra Eloisa e Abelardo.

Prendiamo confidenza con i protagonisti la cui vicenda amorosa infiammò le cronache del XI secolo e che ispireranno, alcuni secoli dopo, Shakespeare per il suo “Romeo e Giulietta“. Eloisa, nata intorno al 1095 era una giovane donna atipica per l’epoca, bellissima, colta, ambiziosa, nipote del canonico Fulberto di Chartres si trasferisce a Parigi per continuare i suoi studi filosofico letterari presso la cattedrale di Notre Dame ed è ospitata dallo zio che stravede per lei. Perfezionava la sua istruzione soprattutto nelle cosiddette arti liberali (grammatica, retorica, astronomia, etc.) e padroneggiava il latino, il greco e l’ebraico.  L’abate di Cluny Pietro il Venerabile scrisse di lei che, da studentessa, era «celebre per erudizione».

Conosce Pietro Abelardo nel 1117, quando da poco è a Parigi. Eloisa ha circa venti anni. Pietro di anni ne ha ben trentotto ed è già molto famoso. Teologo, filosofo e persino compositore Abelardo conosce Eloisa presso la cattedrale e se ne innamora follemente. Anche lui oltre ad essere coltissimo era un uomo di bell’aspetto, tanto che in una delle tante lettere che i due amanti si scriveranno, Eloisa lo ricorda così: “Tutti si precipitavano a vederti quando apparivi in pubblico e le donne ti seguivano con gli occhi voltando indietro il capo quando ti incrociavano per la via […] Avevi due cose in particolare che ti rendevano subito caro: la grazia della tua poesia e il fascino delle tue canzoni, talenti davvero rari per un filosofo quale tu eri […] Eri giovane, bello, intelligente”.

Questa giovanissima fanciulla fa perdere letteralmente la testa ad Abelardo che molti anni dopo nel suo racconto autobiografico, Historia calamitatum mearum, scrive: «Io che fino ad allora sono vissuto nella più rigorosa castità ho cominciato ad ubbidire alle passioni e più progressi facevo nello studio della filosofia e della teologia, più mi allontanavo con la mia condotta licenziosa dalla purezza di vita dei filosofi e dei teologi».

Il destino viene incontro ai desiderata dei due amanti, lo zio Fulberto per accelerare la preparazione della nipote, invita Abelardo sotto lo stesso tetto per favorire il ritmo delle lezioni. «Prima ci siamo trovati uniti sotto lo stesso tetto – scrive Abelardo – poi anche nei nostri cuori». Nella casa dell’ignaro zio tra i due scoppia una passione irrefrenabile, riviviamola con le parole di Abelardo.

«Con la scusa di studiare avevamo tutto il tempo per amarci e lo studio ci permetteva di godere della solitudine che l’amore sempre richiede. Aprivamo i libri, ma si parlava più d’amore che di filosofia ed erano più i baci che le spiegazioni. Le mie mani invece di sfogliare i libri correvano al suo seno. L’amore si rifletteva nei nostri occhi più spesso di quanto la lettura non li dirigesse sui libri. E talvolta per allontanare ogni possibile sospetto arrivavo a percuoterla: ma era amore, non sdegno, era tenerezza non ira e tutto questo era nell’insieme più dolce del più prezioso balsamo. Ma le parole sono inutili, eravamo folli e passavamo dall’una all’altra delle varie fasi d’amore e se in amore si può inventare qualcosa di nuovo, noi l’inventammo».

Per Eloisa, Abelardo scrive poesie e canzoni d’amore diffusi e cantati per tutta Parigi. Tutta la città, o meglio tutti gli ambienti colti, religiosi e borghesi della città sanno di questa scandalosa storia d’amore. Alla fine buon ultimo se ne accorge anche lo zio Fulberto che scaccia Abelardo. La separazione dei due amanti è però breve. Eloisa rimasta incinta informa con una lettera Pietro che approfittando di una momentanea assenza dello zio, piomba in casa, preleva l’amata e fugge con lei in Bretagna, a Pillet dove viene ospitata dalla sorella. Qui nel 1118 nasce il loro unico figlio, Astrolabio che significa il rapitore di stelle.

Abelardo propone ad Eloisa un matrimonio segreto per cercare di salvare la sua carriera ecclesiastica. La giovane però è contraria come dimostrano alcune lettere che i due si scambiano. Alla fine i due si sposarono a Parigi,  ma nonostante il segreto, la notizia venne divulgata. Per evitare scandali, Abelardo inviò Eloisa nel monastero di Argenteuil dove era stata educata. In questa grande storia d’amore non c’è però il lieto fine.

 I parenti, convinti che Abelardo avesse costretto Eloisa a farsi monaca per liberarsi di lei, decisero di vendicarsi: una notte, mentre Abelardo dormiva nella sua casa, tre uomini lo aggredirono e lo castrarono. In seguito due di essi verranno catturati e, secondo la legge del taglione, accecati ed evirati a loro volta, mentre Fulberto, il mandante dell’aggressione, verrà solo sospeso dai suoi incarichi.

Abelardo, dolorosamente mutilato, si ritira nel chiostro di Saint Denis, ove comincia il secondo, operoso periodo della sua vita. Eloisa sarà costretta a sacrificare la sua giovinezza nel monastero di Argenteuil del quale diverrà badessa. I due negli anni si terranno in contatto attraverso lettere nelle quali mentre Abelardo, forse a causa della sua evirazione, condannerà l’amore terreno, lei non si rassegnerà a rinnegare l’importanza dei sensi e della passione nelle vicende amorose, scrivendo, ad esempio: “Perché la sublimazione si dovrebbe raggiungere soltanto annichilendo i sensi e il sentimento d’amore che si prova verso un’altra persona?“.

Abelardo morirà nel 1142 e circa venti anni dopo, nel 1164 si spegnerà Eloisa. I due riposeranno nella stessa tomba fino al 1817 quando i resti dei due amanti furono trasferiti al cimitero di Pere Lachaise, a Parigi.

Valmont57

Diversamente giovane, fondatore di Wiki Magazine Italia, (già Scienza & DIntorni), grande divoratore di libri, fumetti e cinema, da sempre appassionato cultore della divulgazione storica e scientifica.

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