E=mc2 – Spazio, tempo, velocità. Ep. 3

L’interpretazione di Maxwell sull’elettromagnetismo ha prodotto risultati straordinari nella vita di tutti noi, dall’invenzione della radio e della televisione, al radar, ai telefoni cellulari al forno a microonde per limitarci soltanto ad alcuni strumenti tecnologici che fanno parte integrante della nostra vita.

Uno dei problemi però delle equazioni del grande matematico e fisico scozzese era che se si passa da un certo punto di vista (ad esempio il nostro) ad un altro (un’ipotetica astronave che viaggia ad una velocità prossima a quella della luce) compaiono termini nuovi che non sono in accordo con gli esperimenti.

Tutto questo preoccupava non poco il geniale fisico olandese Hendrik Lorentz (1853-1928) a cui lo stesso Einstein deve moltissimo, tanto che di lui ha detto: “La gente non si rende conto di quale grande influenza abbia avuto Lorentz sullo sviluppo della fisica. Non possiamo immaginare come sarebbe andata se egli non avesse dato tanti contributi impareggiabili» .

Per ovviare a questi “inconvenienti” Lorentz elaborò le “trasformazioni” che portano il suo nome. Esse sono trasformazioni di coordinate che permettono di descrivere come varia la misura del tempo e dello spazio tra due sistemi di riferimento inerziali, cioè quando l’oggetto della misura è in moto rettilineo uniforme rispetto all’osservatore.

Albert Einstein ricavò a sua volta le trasformazioni di Lorentz nell’articolo sulla relatività ristretta del 1905 postulando la costanza della velocità della luce in ogni sistema di riferimento e la validità della relatività galileiana. Il fatto che l’equazione delle onde si conservi sotto trasformazione di Lorentz permette di scrivere le equazioni di Maxwell dell’elettromagnetismo in una forma invariante nel passaggio tra due sistemi di riferimento in moto relativo tra loro.

Senza le trasformazioni di Lorentz ad esempio le comunicazioni satellitari non funzionerebbero. Nella vita quotidiana fortunatamente non è necessario applicare le trasformazioni di Lorentz, i nostri sensi non sono in grado di percepire le differenze di spazio e di tempo tra voi che passeggiate per strada ed un auto che vi sfreccia accanto a 120 km/h.

Le cose si complicano quando qualcosa viaggia a velocità prossima a quella della luce. Immaginiamo un’astronave che viaggia a 200.000 km al secondo e che un’astronauta comunichi al capitano di fermarsi a 100 metri da lui per poter salire a bordo. Ammettendo che questa straordinaria nave spaziale sia in grado di fermarsi di colpo i 100 metri della nave spaziale corrispondono a 135 metri per l’astronauta.

Le distanze misurate all’interno di un’astronave che viaggia a 200.000 km al secondo sono più piccole di quelle di un osservatore esterno, nel caso il nostro astronauta autostoppista. Ed anche il tempo vi scorre più lentamente. E la ragione è ancora una volta legata alla velocità della luce. Questi effetti si chiamano dilatazioni e contrazioni dello spazio e del tempo.

La velocità della luce oltre ad essere una costante per tutto l’universo ne rappresenta anche un limite, in altre parole le velocità non si sommano: c+c=c e non 2c. Questo era uno dei risultati delle trasformazioni di Lorentz che permettevano anche di spiegare l’esito disturbante dell’esperimento di Michelson e Morley. Le velocità si sommano nel modo normale soltanto quando sono inferiori a quelle della luce.

Dalle trasformazioni di Lorentz emerge anche che niente di significativo può viaggiare più velocemente della velocità della luce.

Valmont57

Diversamente giovane, fondatore di Wiki Magazine Italia, (già Scienza & DIntorni), grande divoratore di libri, fumetti e cinema, da sempre appassionato cultore della divulgazione storica e scientifica.

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