giovedì, Settembre 19

Emily Bronte. La sua vita e la sua leggenda letteraria

Emily Bronte (Thorton 1818 – Haworth 1848) crebbe nella selvaggia e desolata brughiera dello Yorkshire (Inghilterra) e, con le sorelle Charlotte e Anne, condusse, fin dall’infanzia, un’esistenza chiusa nell’aspra solitudine famigliare e umana segnata da una fortissima tensione interiore.

Nelle poesie e nel suo unico romanzo “Wuthering Heights” (Cime Tempestose – che tanta fortuna e tanto successo avrebbe avuto nei molti decenni a venire fino ai giorni nostri) la sua immaginazione quasi febbrile e la sua accesa visionarietà prettamente romantica si esprimono con un vigore davvero eccezionale.

E’ dalla “Vita di Charlotte Bronte” di Elizabeth Gaskell che si ricavano particolari piuttosto incredibili riguardo all’atmosfera della casa della famiglia in cui visse Emily, una casa il cui silenzio, misterioso e spesso inquietante, era rotto soltanto dai colpi di pistola che il bizzarro reverendo Bronte, il padre della scrittrice, sparava contro immaginari disturbatori; mentre sua moglie, che in otto anni di matrimonio gli aveva dato sei figli, sorrideva con disarmata obbedienza dal letto in cui si preparava a morire prematuramente.

Un temperamento vibrante e ipersensibile come quello di Emily non poteva che introvertirsi sempre di più e trovare, all’interno del suo mondo interiore, le difese dell’immaginazione e del desiderio. Ed ecco allora che questa giovane donna piena di talento per la quale la libertà (sia dalle convenzioni che dalla religione rivelata) era come il respiro vitale, dalla volontà inflessibile e dal carattere magnanimo ma piuttosto impulsivo e facile alla collera, scopre violentemente, sotto gusti semplici e un aspetto modesto, una speciale forza segreta, quasi un fuoco che avrebbe potuto infiammare le vene di un eroe.

Ella riversa così “questo fuoco”, “questa forza speciale” nella scrittura. Nascono perciò le poesie, i racconti, i drammi, le fiabe e, in ultimo all’apice, il romanzo – capolavoro “Cime Tempestose” il quale è proprio un’affermazione di libertà sconfinata della sua autrice il cui prezzo è altissimo in termini di dolore, di sofferenza, di rinunce, di sopraffazione e di violenza; lo stesso prezzo che esattamente Emily Bronte è disposta a pagare nelle sue poesie, che al romanzo in fondo preludono, e del quale sembrano avere una quantità di elementi: “Il profondo essere della natura conterrà il tuo, /Il mio spirito abbraccerà tutto il tuo spirito,/il suo alito assorbirà i tuoi sospiri./Mortale, sebbene il canto della vita sia presto finito,/chi vive una volta, non muore mai“.

Nella natura di Emily Bronte sembrano incontrarsi quasi gli estremi del vigore e della semplicità. Morì, dopo essersi consumata attraverso sofferenze sopportate con uno stoicismo esemplare. Solo due ore prima di spirare permise che si chiamasse un medico per assisterla nel fatale passaggio o quantomeno per confortarla. Si spense proprio mentre, accanto al focolare, si pettinava i lunghi capelli. Il pettine le sfuggì di mano, e lei cadde esanime. Era terminata la sua vita segnata, fin dalla prima infanzia, da una sofferenza sottile e spesso nascosta; presto sarebbe iniziata la sua leggenda letteraria, non solo in Inghilterra e nei paesi anglosassoni ma nel mondo intero.

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