Il dibattito sull’esistenza di Dio, creatore dell’universo e di tutte le cose in esso contenute, compreso noi esseri umani, affonda le sue radici nel passato più lontano. La progressiva secolarizzazione delle società, soprattutto quella occidentale, invece di spegnere questo dibattito l’ho ha rinfocolato contrapponendo atei e agnostici ai credenti. Entrambi gli schieramenti cercano di utilizzare la scienza per spiegare e corroborare un concetto metafisico destinato a rimanere, probabilmente senza risposta.
Fin dal tempo dell’antica Roma si afferma il concetto che l’onere della prova spetta a chi afferma qualcosa. In questo caso è il credente che asserendo l’esistenza di Dio, dovrebbe dimostrare, con evidenze inconfutabili le prove di quanto asserisce. Di più, siccome esistono decine, se non centinaia concetti di Dio, il credente dovrebbe riuscire a confutarli tutti e dimostrare come il suo concetto di divinità sia l’unico che abbia solide fondamenta.
Per altro, anche basandosi sul metodo scientifico, nessun ateo o agnostico può dimostrare, in maniera incontrovertibile, l’inesistenza di Dio. Esistono però indizi e ragionamenti che entrambi gli schieramenti portano a sostegno della loro visione su questo spinoso argomento. Scorriamo sinteticamente le ragioni degli uni e degli altri.
I credenti portano a sostegno dell’esistenza di Dio prove ontologiche, cosmologiche e teologiche, oltre ad altre considerazioni ricavate dai testi sacri, dai miracoli e dalle mancate risposte della scienza. La prova ontologica si estrinseca nella possibilità della mente dell’essere umano di concepire un Essere Perfetto e questa capacità immaginifica deve necessariamente associarsi alla sua esistenza. Questa prova fu introdotta da Anselmo d’Aosta alla fine dell’XI secolo, e sostenuta, in tempi più recenti, da Cartesio e Leibniz.
Come si può comprendere le obiezioni alla prova ontologica furono numerose e non soltanto proveniente dal campo “laico”. Immanuel Kant scrisse una famosa confutazione nella Critica della ragion pura: «essere, manifestamente, non è un predicato reale, cioè un concetto di qualche cosa che si possa aggiungere al concetto di una cosa», Per dirla in termini semplici nessuno potrà mai trasformare l’idea di un milione di euro, in un vero milione di euro, fatto da solide e fruscianti banconote.
La prova cosmologica afferma, invece, che ogni cosa nell’universo è il prodotto di una causa. Risalendo durante il corso degli eoni, si giunge così alla prima causa e questa non può che essere Dio. Questa argomentazione è stata introdotta originariamente da Aristotele, ripresa da Tommaso d’Aquino e successivamente da diversi altri filosofi. La replica dal fronte avverso si basa sull’assioma che se tutto deve avere una causa, e pur ammettendo che la causa del Big Bang è Dio, quale è la causa della creazione del Creatore?
La prova teologica parte dall’assunto che è impossibile che un universo così ordinato e complesso sia sorto per caso. Dietro questa perfezione deve per forza esserci un “progettista perfetto” che ha concepito ogni cosa. Anche questa tesi è stata promossa da Aristotele e Tommaso d’Aquino e più recentemente ha assunto il nome di “disegno intelligente”. La replica dei non credenti si concentra sullo smantellamento di questa idea di perfezione associata al nostro Universo. Perché creare un universo sterminato, praticamente infinito e confinare la vita esclusivamente su un anonimo pianeta roccioso in un angolo di una delle miliardi di galassie che lo compongono? Inoltre questo universo, per quello che fino ad adesso la scienza è in grado di appurare è ostile alla vita, perlomeno a quella che noi siamo in grado di concepire e questo dato di fatto minerebbe, ulteriormente la sua presunta perfezione.
Una delle più ciniche appartiene al filosofo Blaise Pascal che affermava: conviene credere, perché se si crede e Dio esiste si vince la vita eterna; se si crede e Dio non esiste, si vive comunque una vita più lieta rispetto a quella che ha come prospettiva la morte, intesa come il nulla eterno. La tesi morale sull’esistenza di Dio, invece si basa sull’assunto che ogni uomo conosce la differenza tra bene e male e pertanto questa conoscenza deve essere “esterna” e provenire direttamente da Dio. La tesi del consenso universale la possiamo sintetizzare così: nel mondo, ad ogni latitudine, tantissime persone credono in Dio, ergo se tutti credono in Dio, vuol dire che Dio esiste.
La replica a quest’ultima tesi si basa principalmente su due obiezioni. La prima; il fatto che esistono un consistene numero di atei e agnostici, secondo alcune statistiche credibili circa 1/6 della popolazione mondiale, abbatte il concetto che la religione sia un sentimento innato nell’essere umano. Anche sostenere che Dio esiste perché la maggioranza della popolazione ci crede è un errore di argomentazione: in passato sono state le credenze che con il progresso della scienza si sono rivelate false, come ad esempio la conformazione piatta della Terra o la sua centralità rispetto all’universo conosciuto.
Ci sono poi altre tesi e argomentazioni minori come la felicità del credente rispetto al non credente, i testi sacri come prova dell’esistenza di Dio, i miracoli e le mancate risposte della scienza che non trattiamo sia per mancanza di spazio che per l’irrilevanza di alcune di esse.
Una delle principali tesi sostenute dai non credenti per asserire l’inesistenza di un Creatore è la mancanza di evidenze concrete. Come ha sostenuto Cristopher Hitchens citando Euclide, «ciò che può essere asserito senza prove concrete può essere anche rifiutato senza prove concrete». Se per credere in Dio dobbiamo rinunciare alle evidenze concrete, scientifiche allora è possibile credere in qualsiasi cosa, nell’esistenza degli unicorni piuttosto come asseriva con una battuta Bertrand Russell anche in “una teiera di porcellana orbitante tra la Terra e Marte”.
Il rasoio di Occam conosciuto anche come principio di economia, o principio di parsimonia, è un principio metodologico che indica di scegliere la soluzione più semplice tra più soluzioni egualmente valide di un problema. Concepito da un francescano Guglielmo di Occam questo principio viene usato per contestare l’esistenza di Dio. La sua inesistenza non pregiudica affatto il funzionamento dell’universo, che si può spiegare molto meglio evitando di ricorrere a un’entità sovrannaturale. In altri termini l’universo funziona perfettamente anche senza la presenza di un Creatore onnisciente e onnipotente.
Un’altra argomentazione usata per confutare l’esistenza di un Dio e che la storia dell’umanità è contrassegnata dall’esistenza di centinaia di religioni diverse e migliaia di divinità diverse. Se una religione fosse nel vero, il fatto che non sia diffusa in qualche zona del Paese destinerebbe intere popolazioni alla dannazione eterna e verrebbe meno quel senso ecumenico che le principali religioni monoteiste affermano. Inoltre, le religioni si contraddicono l’una con l’altra, e questo diminuisce ulteriormente la loro attendibilità.
La tesi del “non motivo” si basa sul fatto che un Essere perfetto e onnipotente non avrebbe alcun motivo di creare l’universo e conseguentemente la vita umana. I desideri appartengono agli uomini e un Creatore non dovrebbe sentirne alcun bisogno. Un’altra argomentazione usata dai non credenti è che il mondo è ingiusto e crudele. Guerre, malattie, disastri naturali, povertà estrema ed altro ancora minerebbero l’esistenza di un Creatore “giusto e buono”. La replica dei credenti è che questo è il frutto del libero arbitrio che Dio ha concesso agli uomini e che tutto sarà riequilibrato dopo la morte, con la giustizia divina che varrà per la vita eterna.
In linea con quanto sopra è la tesi sul male ingiustificato e crudele. Perché alcuni esseri umani sono condannati a soffrire per quasi tutta la loro esistenza? Perché alcuni bambini si ammalano di malattie terminali? Perché Dio dovrebbe tollerare, senza intervenire, sofferenze indicibili, catastrofici disastri naturali, epidemie devastanti? Come afferma Stephen Law: se la credenza in un dio malvagio è irragionevole, perché la credenza in un dio buono è significativamente più ragionevole? I credenti, soprattutto cristiani, sostengono che la sofferenza è necessaria per espiare i proprî peccati e per accedere alla vita eterna.
La tesi delle “contraddizioni divine”. Dio è onnipotente, onnisciente e infinitamente buono. Perché Dio non impedisce il male allora?. Se non può significa che non è onnipotente. Se non vuole vuol dire che non è infinitamente buono. Se non lo fa perché non sa come farlo, vuol dire che non è onnisciente. Questa tesi si attaglia anche alla critica sul libero arbitrio. Altre confutazioni sull’esistenza di un Creatore si rifanno alla sua complessità e alle neuroscienze. Non affronteremo nello specifico queste due argomentazioni, basti sapere che entrambe si rifanno all’impossibilità dell’esistenza di un Dio immateriale, onnisciente, onnipotente e infinitamente buone.
Se ci affidiamo al metodo scientifico né l’esistenza di Dio, né la sua inesistenza può essere provata ogni ragionevole dubbio. Esistono come abbiamo sommariamente elencato argomentazioni a favore dell’una o dell’altra tesi. Alla fine si tratta come sempre di una scelta individuale. Ci sono però tendenze collettive che vanno comunque considerate. Rimanendo esclusivamente in Italia, centro universale della religione cattolica, secondo rilevamenti statistici Ipsos, nel 2023 il 61% degli italiani (pari a circa 35 milioni di persone) si dichiarava cattolico; il 7% (circa 4 milioni) affiliato ad altre denominazioni cristiane; il 2% ad altre religioni; il 28% (circa 16 milioni) irreligioso; mentre il 2% preferiva non rispondere.
Sei anni prima, nel 2017, sempre secondo rilevazioni Ipsos il 74,4% degli italiani (pari a circa 45 milioni di persone) si dichiarava cattolico; seguivano i non religiosi e i credenti senza religione, complessivamente rappresentanti il 22,6% (pari a circa 13 milioni di persone). La religione cattolica in soli sei anni ha perso 10 milioni di credenti. La secolarizzazione della società, fenomeno non soltanto italiano, sembra quindi dimostrare che c’è, collettivamente, un significativo aumento degli atei e degli agnostici.
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