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Essere atei nel Medioevo

Come più volte abbiamo scritto in questi articoli dedicati all’Età di Mezzo, la società medievale è profondamente religiosa. L’influenza della Chiesa è enorme e le persone, siano esse nobili che gente comune, credono in Dio e nella promessa di una vita eterna dopo la morte. Questo non significa l’assenza del “peccato“, le genti del Medioevo commettono tutta la gamma possibile dei peccati previsti dalla dottrina della fede, da quelli più gravi (assassinio, furti, stupri, etc.) a quelli che la morale cristiana condanna come incompatibili con la religione (adulterio, sodomia, eresie, usura, etc.).

Nessuno di questi peccati però compromette definitivamente la salvezza eterna, se ci si pente sinceramente e si espia proporzionalmente alla gravità del peccato. Questo significa che la società medievale non conosce l’ateismo? Niente affatto, anche nel Medioevo c’è una quota marginale ma significativa di atei e agnostici, la differenza con le società moderne e contemporanee è che non è possibile esprimere pubblicamente la miscredenza.

La ricerca delle prove dell’esistenza di Dio

Innanzi tutto occorre chiarire che in questa categoria, pur nella sua necessaria brevità, quest’articolo non contempla le numerose eresie che contestano una o più parti della dottrina cristiana dominante ma che non mettono in dubbio l’esistenza di un Dio, unico e onnipotente.

Una dimostrazione indiretta che gli atei non sono così irrilevanti nella società medievale è data dalle opere di Sant’Anselmo e Tommaso d’Aquino che cercano e argomentano le prove dell’esistenza di Dio. Evidentemente le loro riflessioni sono volte ad estirpare dubbi ben presenti, sia tra gli aristocratici che tra la gente comune. D’altra parte la presenza di atei, non è un problema che affligge soltanto la Chiesa cristiana.

Un problema non solo cristiano

Il Corano così descrive la presenza di un gran numero di atei: “Dicono che non c’è altra vita al di fuori di quella attuale. Si vive e si muore, solo il tempo ci annienta. Ma non sanno niente, formulano soltanto ipotesi”. Abū al-Walīd Muḥammad ibn ʾAḥmad ibn Rušd, conosciuto in Occidente come Averroè, uno dei più importanti filosofi del mondo arabo, nato nel 1126 e morto nel 1198, sia pure con una certa cautela, afferma che il mondo materiale è eterno, che Dio è incapace di conoscere i singoli individui e che i corpi non rinascono. In Occidente è Egidio Romano a propalare la fama di ateo di Averroé, che a suo dire, così giudicava le tre religioni monoteiste.

“Averroè riteneva impossibile il cristianesimo a causa del mistero eucaristico. Definiva il giudaismo una religione per bambini a causa dei tanti precetti e obblighi legali. Confessava che la fede maomettana, la quale si occupa solo della soddisfazione dei sensi, è una religione da porcelloni”.

I filosofi del dubbio

Nell’ambito di un dibattito difficile e prudente, a causa dell’intolleranza della Chiesa, alcuni filosofi come Boezio di Dacia e Sigerio di Brabante, cercano di operare una distinzione tra fede e ragione, attirandosi gli strali di altri filosofi e di vescovi come quello di Parigi, Etienne Tempier, che si scaglia contro di loro affermando che non esistono due verità, ma una sola, quella della fede cristiana.

Questo fermento intellettuale, come detto, prudente e spesso sottotraccia, percorre anche i livelli più alti dell’aristocrazia medievale, se nel 1239, Papa Gregorio IX, sente il bisogno di stigmatizzare addirittura l’imperatore Federico II: “Abbiamo delle prove contro la sua fede. Ha detto che il mondo intero è stato ingannato da tre impostori: Gesù Cristo, Mosè e Maometto; e ha messo il Gesù crocifisso al di sotto degli altri due, morti in gloria. Inoltre ha osato affermare che solo gli uomini di poco senno credono che Dio, creatore di ogni cosa, abbia potuto nascere da una vergine […], e che si deve credere soltanto a ciò che è possibile dimostrare con la ragione naturale […]. Ha combattuto la fede in tante altre maniere, sia con le parole sia con le azioni”.

L’ateismo del popolo

Non dobbiamo pensare che l’ateismo e l’agnosticismo riguardino soltanto le classi colte e dominanti, Anche il popolo è attraversato dallo scetticismo sull’esistenza di Dio come ad esempio risulta dai registri dell’Inquisitore Jacques Fournier che indicano come diversi abitanti del paese di Montaillou contestino l’immortalità dell’anima e la resurrezione dei corpi. Raymond de l’Aire è convinto che il verbo predicato dai preti sia una truffa ai danni dei creduloni.

L’incredulità popolare non emerge soltanto dai registri degli Inquisitori ma si evince anche dalle prediche e dall’agiografia in cui ricorre spesso il topos dell’incredulo punito. Le idee che venivano messe in discussione con maggior frequenza dalla gente comune erano quelle concernenti l’anima e il suo destino, i poteri dei santi e la
transustanziazione.

La struttura repressiva e intollerante (in materia religiosa) della società medievale non consente una piena espressione della negazione di Dio, che viene manifestata solo da pochi, temerari individui. Prevalentemente non si nega Dio, ma solo alcuni suoi attributi; si mettono in dubbio dogmi della religione cristiana, si propongono dottrine panteistiche o materialistiche, si interpretano le scritture in modo non ortodosso.

In questo spazio così articolato, pur non essendo nel solco dell’ateismo “puro”, ne siamo molto vicini e questi fermenti di scetticismo saranno alla base di un’aperta negazione di Dio, che avverrà successivamente in età moderna.

Per saperne di più:

Averroé

Fonti:

alcune voci di Wikipedia

Verdon, Jean. La vita quotidiana ai tempi del Medioevo

Valmont57

Diversamente giovane, fondatore di Wiki Magazine Italia, (già Scienza & DIntorni), grande divoratore di libri, fumetti e cinema, da sempre appassionato cultore della divulgazione storica e scientifica.

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