Il nuovo anno, il 1941, si apre con un’Italia già avvilita per l’andamento delle operazioni belliche decise autonomamente dal regime fascista. Il Duce è sempre più deluso dai suoi generali e dall’esercito italiano nel suo complesso. Qualche giorno prima del Capodanno 1941 aveva confidato al genero e Ministro degli Esteri Galeazzo Ciano: «Se quando ero socialista, avessi avuto della borghesia italiana una conoscenza non puramente teorica quale dettata dalla lettura di Carlo Marx, ma una vera nozione fisica quale ho adesso, avrei fatto una rivoluzione così spietata che quella del camerata Lenin sarebbe stata al confronto uno scherzo innocente.»
L’anno nuovo si apre con affermazioni roboanti dei vertici dell’Asse su una vittoria ormai ritenuta a portata di mano. Al di la della retorica e della propaganda, Hitler si è convinto che gli insuccessi registrati su tutti i fronti dagli italiani sono il frutto di una strutturale impreparazione del regio esercito. Dietro quindi frasi di circostanza come «la lotta dell’Italia è la nostra; le sue speranze sono le nostre» si fa strada il convincimento di dover sostenere attivamente l’alleato prima che il suo tracollo possa riflettersi anche sulla Germania.
Si deve pertanto convincere Mussolini, senza urtarne la suscettibilità, a terminare la sua “guerra parallela” e ad accogliere truppe e consiglieri militari tedeschi, sia in Italia che nei teatri dove gli italiani sono già a mal partito. In modo progressivo e sovrastimando l’orgoglio di Mussolini, dapprima i tedeschi rispediscono a casa quanto rimaneva del CAI (il Corpo Aereo Italiano) impegnato sui campi della Manica, in vista di una possibile invasione della Gran Bretagna.
Il passo successivo è l’apertura di una serie di basi aeree tedesche in Sicilia per contrastare la superiorità navale britannica nel Mediterraneo. Poi l’accelerazione: con la direttiva n. 22 Hitler costituisce l’Afrika Korps da inviare in Libia, al comando di Rommel, previa autorizzazione degli italiani. Siamo al giorno 11 del mese di gennaio 1941.
Intanto la situazione in Libia e in Grecia per gli italiani sfiora il disastro. L’inetto Graziani fa imbufalire Mussolini con una serie di telegrammi in cui chiede continuamente rinforzi rivelando come ha ormai perso il controllo della situazione. Il 5 gennaio si era arresa Bardia e gli inglesi avevano catturato con poca fatica 45.000 italiani. Il 22 cadeva Tobruk causando la perdita di molte tonnellate di prezioso materiale e la cattura di altri 25 000 soldati.
I continui rovesci, anche sul fronte greco, fanno si che uno scoraggiato Mussolini, il 20 gennaio ospite al Berghof del suo sodale Hitler, accetti senza riserve, l’invio di contingenti tedeschi in Libia e in Grecia. Gli italiani affrontavano rassegnati il secondo anno di guerra e si abituavano a veder c circolare nelle proprie città sempre più soldati tedeschi.
La “guerra parallela” di Mussolini e la sua “autonomia” dall’alleato tedesco erano definitivamente finite e il Duce si consegnerà mani e piedi all’ordalia hitleriana.
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