mercoledì, Dicembre 18

Giochi e tempo libero dell’uomo medievale

Contrariamente a come spesso si descrivono i secoli che convenzionalmente chiamiamo medioevo e gli uomini che vi hanno vissuto, sia le classi aristocratiche e agiate che il popolo, amavano trascorrere il tempo libero, attraverso feste e giochi, che appagavano lo spirito ludico e il bisogno di socializzazione dell’uomo medievale.

Vita all’aria aperta

L’uomo medievale aveva un rapporto più intenso e intimo con la natura che lo circondava rispetto al nostro. Dopo la stagione invernale, fin dall’inizio della primavera rinasce la gioia di vivere e la natura ne è l’espressione più visibile, sia nelle campagne che nei villaggi e nelle città, dove essa “coabitava” con le costruzioni umane. A Parigi, la gente affolla i prati di Saint Germain, e si spinge nei dintorni, fino alle porte cittadine, magari per ristorarsi in una delle tante taverne presenti.

Giardini e paesaggi sono idealizzati tanto che che l’abate Mathieu de Vendôme descrive come deve essere il luogo perfetto dove spirito e corpo possono ristorarsi pienamente: “I fiori profumano, l’erba è verde, l’albero germoglia, i frutti abbondano, gli uccelli cinguettano, il ruscello mormora, la brezza è tiepida”. Il frutteto dipinto da Guilluame de Lorris nella prima parte del Roman de la Rose costituisce il luogo ideale in cui trascorrere il tempo.

La natura è anche il luogo dove i nobili svolgono una delle loro attività preferite: la caccia. Già nel XIV secolo le battute di caccia sono rigidamente codificate. Alla vigilia della caccia coi cani, prima di coricarsi, i capicaccia si riuniscono e si dividono le aree di ricerca. Una volta isolato il cervo e perimetrata la zona, intervengono i cacciatori che la sera prima avranno abbondantemente mangiato e bevuto. Molto apprezzata è anche la caccia con il falcone, l’unica attività venatoria a cui possono partecipare anche le donne.

I giochi

Nel mondo contadino tra i giochi più diffusi ci sono le biglie e le bocce. Quest’ultime inizialmente consistevano nell’avvicinare la propria boccia ad un piolo piantato per terra ad una certa distanza, in seguito il piolo sarà sostituito dal boccino come avviene nel gioco moderno.

Uno dei giochi più popolari è la soule (una sorta di rugby). La variante in cui si usano i piedi prevede di calciare la palla verso una meta. Nell’altra variante i giocatori, per lanciare il pallone, usano una mazza con un’estremità ricurva. La partita si svolge da un villaggio all’altro, oppure fra gli abitanti di uno stesso villaggio; in questo secondo caso, si affrontano celibi e sposati.

La borghesia preferisce la pallacorda (jeu de paume) che a Parigi si gioca spesso in delle cave di gesso. Il nome deriva dall’uso del palmo (paume) con cui si lanciava la palla, fino al XVI secolo quando viene introdotta la racchetta. Quintana e tornei sono invece sport riservati ai nobili. Il torneo è assimilabile ad un gioco di squadra in cui, nel XII secolo, si confrontano due gruppi di uomini, uno a cavallo, l’altro a piedi.

Solitamente si svolgono durante i giorni festivi e durano tre giorni. Ai vincitori, oltre la fama, vanno dei premi materiali. Sempre rimanendo in ambito aristocratico o dell’alta borghesia, quando il maltempo imperversa non si disdegna il giuoco degli scacchi. Da quello che sappiamo la strategia scacchistica dell’uomo medievale era molto approssimativa, con le prime mosse si scambiavano gran parte dei pezzi minori, finché sulla scacchiera rimanevano pochi attori del gioco.

Tuttavia una bella scacchiera costava molto e sono solo i nobili più importanti a potersela permettere. Il duca Luigi d’Orléans, fratello di Carlo VI, che pratica tutti i divertimenti conosciuti, compra nel 1394 parecchi libri, di cui uno intitolato Le Jeu des eschets. Sua moglie, Valentina Visconti, condivide la stessa predilezione per il gioco degli scacchi.

Le veglie

Nel mondo rurale un modo per passare il poco tempo libero a disposizione sono le veglie. Le contadine amano ritrovarsi a fine serata per chiacchierare magari mentre sbrigano alcune incombenze che si possono espletare da sedute. Un testo del 1390 fa espressa menzione di queste serate. L’inquisitore Jacques Fournier lascia una vivida descrizione di una di queste veglie, nel comune di Montaillou tra il 1307 e il 1308. Vi partecipano il padre e la madre di Jean, i suoi quattro fratelli, le due sorelle e due perfetti arrivati all’inizio della serata. Jean Maury ha dodici anni e rievocherà questa veglia una quindicina di anni dopo.

A tavola siedono solo gli uomini adulti, il padre di Jean, suo fratello maggiore e i due prefetti. La madre e le sorelle servono gli uomini al tavolo. I figli più giovani mangiano vicino al focolare. Finito il pasto i ragazzi più giovani vengono mandati a letto e lo stesso Jean non può assistere al culmine della discussione che si svolge tra i quattro adulti. La Chiesa non ama queste veglie serali, potenziale momento di comportamenti indecenti, come si evince da questa lettera pastorale del 1493 relativa alla diocesi di Saint-Brieuc: “Già in un precedente sinodo, abbiamo proibito, al fine di tagliar corto con questi abusi insensati e scandalosi, che si organizzassero spesso delle veglie nella nostra città e nell’intera diocesi, sotto le pene previste dagli statuti di questo sinodo. E sappiamo che tale divieto è stato violato diverse volte. Ecco perché rinnoviamo e confermiamo questi statuti, interdicendo a tutti i sudditi di qualsiasi condizione di intrattenersi in questi raduni serali con balli, follie e stravaganze, di assistervi o di comparirvi, sotto pena di 10 lire applicabile alla nostra questua. Ci riserviamo in particolare il potere di assolvere da queste pene, e lo rifiutiamo a ogni sacerdote o cappellano”. Inutile dire che questi divieti non avranno alcun riscontro concreto.

I falò

Bonfire that burns on a dark background, wood burning flame.

Sempre nel solco delle veglie notturne un posto importante nel tempo libero dell’uomo medievale lo rivestono fuochi e falò, sia in città che in campagna. I fuochi sono un must della festa di San Giovanni, mentre i falò sono diffusi dappertutto e non richiedono per forza una festività da celebrare. La sera del sabato santo, la festa delle torce e dei tizzoni, l’ultima domenica di carnevale, con le candele della Candelora sono solo alcune delle occasioni durante le quali si accendono giganteschi falò che rischiarano e riscaldano le tenebre notturne. Ribadiamo che non è necessario una festa del calendario religioso per accendere fuochi e falò, a Parigi per celebrare il giovane re Enrico, si ricorda il seguente evento.

“Il ventiseiesimo giorno di aprile 1430, i governatori parigini ordinarono dei grandi fuochi, a somiglianza di quanto si fa per la festa estiva di san Giovanni […], e fecero capire al popolo che si trattava di celebrare il giovane re Enrico, colui che si riteneva sovrano di Francia e d’Inghilterra, il quale era arrivato a Boulogne, insieme a gran copia di mercenari, per combattere contro gli Armagnac, quasi irrilevanti”.

Nel tardo Medioevo, a Boigneville, vicino a Gallardon, gli abitanti “e altri villici dei dintorni hanno l’abitudine di divertirsi nella domenica delle Torce ogni anno, mettendosi a ballare verso sera e facendo delle lanterne con torce di paglia fissate a un bastone, in cui inseriscono il fuoco e che chiamano tizzoni”. Durante questa festa i giovani del paese accendono fuochi e falò che animano ulteriormente questo momento di festa e di socializzazione degli abitanti del luogo.

Fonti:

alcune voci di Wikipedia

Verdon, Jean. La vita quotidiana ai tempi del Medioevo

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