Storia

Giulia Tofana, il destino di un’avvelenatrice

Giulia Tofana, il destino di un’avvelenatrice. Di questa figura femminile, un impasto di bellezza prorompente, astuzia, crudeltà e totale assenza di scrupoli sappiamo relativamente poco. Eppure la sua “acqua tofana“, un miscuglio velenoso, probabilmente messo a punto nel 1640, che ucciderà centinaia di persone, in gran parte uomini, alimenterà la sua leggenda nei secoli.

Una famiglia criminale

Giulia, nasce a Palermo, in una data imprecisata, probabilmente intorno al 1615. Cresce con la madre o la zia, non c’è certezza sull’effettivo legame di parentela tra le due donne, Thofania d’Adamo, fattucchiera e criminale che aveva inventato una mistura velenosa con l’acqua. La madre aveva ucciso con questo veleno decine di persone, persino suo marito Francesco.

Arrestata Thofania D’Adamo viene condannata a morte e decapitata il 12 luglio 1633. Adesso Giulia, all’epoca poco più che adolescente, è sola. Gli rimangono gli insegnamenti della madre assassina seriale e la ricetta di quella mistura velenosa, che la scaltra e spregiudicata ragazza “migliorerà” fino a farla diventare la famigerata acqua tofana, un veleno incolore, inodore e insapore altamente tossico, capace nel giro di pochi giorni di provocare al malcapitato una morte apparentemente naturale.

L’acqua tofana

Giulia in acqua distillata aromatica faceva bollire un miscuglio di anidride arseniosa, limatura di piombo, antimonio, belladonna e alcoolato di cantaridina. Bastava una somministrazione di poche gocce per due settimane circa e il malcapitato moriva. In assenza di test tossicologici all’epoca sconosciuti niente faceva pensare ad un avvelenamento.

Insieme alla sorellastra Girolama, Giulia confezionerà decine di ampolline di acqua tofana che venderà soprattutto a donne desiderose di liberarsi di mariti violenti o più prosaicamente di impossessarsi dei beni del coniuge e poter vivere alla luce del sole le loro relazioni clandestine.

Giulia a Roma

Nel 1641 Giulia si trasferisce a Roma e qui utilizzando il suo corpo prosperoso e di una bellezza selvaggia inizierà ad intessere una fitta rete di relazioni. I suoi commerci carnali erano propedeutici a quelli di assassina su commissione. Giulia però non vendeva soltanto il preparato velenoso ma offriva alle donne della buona società romana che si rivolgevano a lei, rimedi per abortire gravidanze indesiderati o pomate astringenti, che se applicate all’interno della vagina simulavano, in un certo qual modo, la verginità perduta.

Fine di una carriera criminale

La sua carriera di fattucchiera e criminale seriale si interrompe però nell’estate del 1651 quando si rivolge a lei la contessa di Ceri che voleva liberarsi del marito. Giulia nel consegnarle l’ampolla di acqua tofana le raccomandò di somministrare all’uomo poche gocce al giorno per due settimane. La contessa ignorò le raccomandazioni della Tofana e somministrò tutto il liquido della boccetta contenente il veleno al marito già la prima sera, smuovendo così i sospetti dei parenti del defunto.

Le confessioni della contessa sottoposta ad un duro interrogatorio condussero a Giulia Tofana, la quale venne imprigionata e torturata, ammettendo di aver venduto, soprattutto a Roma, boccette sufficienti ad uccidere 600 persone. Processata fu condannata a morte insieme a quattro complici tra cui la sorellastra Girolama. La sentenza fu eseguita per impiccagione il 5 luglio 1659 a Campo dei Fiori.

Per secoli il ricordo di questa spietata criminale rimase vivido nell’immaginario collettivo anche grazie a numerose citazioni letterarie come ad esempio ne “Il conte di Montecristo” di Alexandre Dumas, nel quale si fa espresso riferimento all’acqua tofana ed ai segreti della potente mistura.

Per saperne di più:

Acqua Tofana

Fonti:

alcune voci di Wikipedia

Musini, Daniela. Le indomabili: 33 donne che hanno stupito il mondo

Natale Seremia

Appassionato da sempre di storia e scienza. Divoratore seriale di libri e fumetti. Blogger di divulgazione scientifica e storica per diletto. Diversamente giovane. Detesto complottisti e fomentatori di fake news e come diceva il buon Albert: "Solo due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana, riguardo l’universo ho ancora dei dubbi."

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