Ogni volta che il nostro cane o gatto avverte un malore, subito lo facciamo visitare da un veterinario, per curarlo come si deve ad un figlio o persona di famiglia, o quasi. Ma come fanno gli animali selvatici, che non hanno farmaci disponibili confezionati, né brave persone che possano accudirli? Ebbene, devono curarsi da sé, e nella maggior parte dei casi, lo fanno sorprendentemente bene e in modi piuttosto specifici.
I lupi non hanno, tutto sommato, uno stomaco di ferro, per cui dopo aver mangiato carne non fresca, spesso si sentono male. Allora vanno in cerca di ortiche, che contengono acido formico nelle foglie, emetico naturale, che provoca il vomito, liberandosi del cibo non digerito. Quando invece il leone non va di corpo, ricorre a certe erbe con funzioni lassative. Questo lo fanno anche cani e gatti, se si trovano in campagna o in giardini.
Del tutto contrario al comportamento di molti erbivori, che quando vogliono un antidiarroico, cercano e mangiano pezzetti di corteccia di querce, molto ricca di tannino, forte astringente. I cervi maschi nei loro scontri spesso rimangono feriti, per cui si strofinano su un certo muschio, ricco di antibiotici naturali. I ratti muschiati invece ricorrono alla resina balsamica degli abeti, per guarire più in fretta. Le scimmie inoltre usano foglie d’alberi come cerotti per tamponare fortemente le ferite, da cui potrebbe uscire troppo sangue. Infine in caso di raffreddori, inseriscono nelle narici ciuffetti d’erba, poi espulsi, come fazzolettini disinfettanti.
Vari animali inoltre tengono molto all’igiene personale. I felini, in particolare, ma anche i canidi e tanti altri mammiferi si leccano spesso, soprattutto le ferite, come se conoscessero le notevoli proprietà antisettiche della saliva. Elefanti, ippopotami e bufali si bagnano spesso in fiumi e laghi per liberarsi dai parassiti, oltre che per rinfrescarsi quando il caldo è eccessivo .
Un’ ottima sostanza antiparassitaria è l’acido formico, prodotto dalle formiche, che se ne servono spesso per offesa e difesa, lanciandolo a distanze anche superiori ai 20 cm. Molti uccelli evidentemente ne conoscono l’efficacia , poiché se ne servono, quando si vogliono liberare dai parassiti presenti nei loro nidi. Allora vanno davanti ad un formicaio e lo becchettano violentemente, provocando la fuga di molte formiche, ma anche lo spruzzo di acido da parte di altre: aperte le ali, gli uccelli si fanno così una buona doccia disinfettante!
Altri uccelli più piccoli, per un “trattamento localizzato”, pongono addirittura una formica per volta sotto ali e code, dove si annidano di più i parassiti. Infine, acquisita un’adeguata dose di acido, si liberano dalle formiche, con un bagno in stagni.
Anche l’ottanta per cento della popolazione mondiale usa le piante per curare disturbi e malattie, in genere non particolarmente gravi. Esse a seconda dei casi, possono essere depurative, digestive, sedative, antidepressive, antireumatiche, ecc. Certo è che tra le circa 400.000 piante conosciute, solo di una parte limitata si conoscono per adesso i principi attivi.
Forse ce ne sono moltissime altre ancora da studiare, capaci di curare persino varie forme tumorali, oggi ancora irrisolte. Pare che anche dai veleni di certi serpenti si possano estrarre sostanze utili. Insomma la Natura è di certo la più estesa “farmacia” che abbiamo a disposizione, ma di cui molti “cassetti”, almeno per ora, in attesa di rigorose indagini biochimiche, restano ancora chiusi.
Testo di riferimento:
“L’intelligenza degli animali” di Isabella Lattes Coifmann (La Stampa)