giovedì, Settembre 19

Gli Avari

Dopo i Sassoni, l’avversario che mise più in difficoltà Carlo Magno furono gli Avari, quelli che al tempo erano considerati gli eredi dei formidabili cavalieri delle steppe. A loro, Carlo che per tutta la sua vita utilizzò la guerra come principale strumento della sua politica estera, dedicò tempo e rilevanti risorse. Ma chi erano esattamente gli Avari?

Più che un popolo, il nome di Avari aveva designato, qualche secolo prima, un’orda di nomadi delle steppe, razziatori e allevatori di cavalli, non troppo dissimili dagli Unni, per aspetto e usanze, tanto che molte fonti franche li identificavano come “Huni“. In realtà si trattava di un conglomerato di tribù e orde di razziatori formatosi circa un secolo dopo la morte di Attila, tra cui c’erano certamente anche bande di Unni.

Il primo chiaro riferimento all’etnonimo avaro si rintraccia in uno scritto di Prisco di Panion (morto dopo il 472). L’autore racconta che, nel 463 circa, i saraguri, gli onoguri e gli oguri furono attaccati dai sabiri, in fuga perché colpiti dagli avari. Il successivo autore a menzionare gli avari, Menandro Protettore, attivo nel VI secolo, segnala di ambasciatori göktürk giunti a Costantinopoli nel 565 e 568. I turchi si erano irritati per la scelta dei bizantini di stringere un’alleanza con gli avari, considerati dai primi come loro sudditi e schiavi.

Sotto la guida di un kaghan, titolo di derivazione turca, gli Avari si erano successivamente scontrati con i bizantini occupando le grandi pianure danubiane. Attraverso questa conquista gli Avari ingloberanno sotto il proprio dominio altre popolazioni della stessa provenienza, note collettivamente come Bulgari, popoli germanici come i Gepidi, e soprattutto, in misura crescente, tribù slave.

Il khanato avaro era dunque una realtà eterogenea, dal punto di vista etnico e linguistico e durante il regno di Carlo Magno, gli Avari avevano ormai abbandonato il nomadismo, trasformandosi come gran parte delle tribù slave in agricoltori e allevatori di bovini. L’aristocrazia che governava gli Avari, costituita da formidabili guerrieri a cavallo, non aveva però abbandonato le usanze della steppa, comprese la moda di portare lunghe trecce di capelli, che tutte le fonti coeve indicano come il tratto distintivo degli Avari.

In sostanza erano Avari tutti quei popoli e bande che riconoscevano l’autorità del “khanato”. Se noi a distanza di molti secoli sappiamo ancora decisamente poco sugli Avari, Carlo ne sapeva ancora meno. Tutto quello che poteva reperire negli scritti equiparava gli Avari alle orde di razziatori delle steppe, pagani, crudeli e avidi di bottino. Per Paolo Diacono, un longobardo friulano che viveva alla corte di Carlo, erano né più né meno che degli Unni. In realtà da tempo il khanato intratteneva rapporti diplomatici con il mondo cristiano, stringendo accordi sia con i Longobardi che con gli stessi Franchi e con l’impero bizantino che aveva estromesso dalle pianure danubiane.

Come dimostrano alcuni studi genetici durante l’impero carolingio gli Avari erano ormai una popolazione essenzialmente europea che avevano ben poco nel proprio corredo genico dei razziatori delle steppe asiatiche. Uno studio pubblicato su Scientific Reports nel settembre del 2016 ha esaminato il DNA mitocondriale di 31 persone sepolte nel bacino dei Carpazi durante il periodo avaro tra il VII e il IX secolo d.C. 

Sono stati trovati perlopiù portatori di aplogruppi europei come l’H, il K, il T e l’U, mentre circa il 15% recava aplogruppi asiatici come il C, l’M6, il D41c e l’F1a. Il loro DNA mitocondriale è risultato essere principalmente caratteristico dell’Europa orientale e meridionale. Era questo il “popolo” contro cui Carlo scatenò l’ennesima guerra di sterminio.

Fonti:

alcune voci di Wikipedia

Carlo Magno di A. Barbero

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