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Gli inafferrabili neutrini

Da poco più di una decina d’anni gli astrofisici sono alla caccia delle particelle più abbondanti ed elusive del cosmo: i neutrini. Molto più numerosi dei raggi cosmici, investono la Terra e la “trapassano” in quantità enormi ogni secondo.
Nel tempo che avete impiegato a leggere il paragrafo di apertura di questo post siamo stati attraversati da molti miliardi di miliardi di neutrini. Non c’è ne accorgiamo perché queste particelle interagiscono in modo labilissimo con la materia. Oltre a essere difficili da rivelare, i neutrini sono particelle multiformi che si possono presentare in tre «sapori» diversi: i neutrini elettronici, quelli muonici e quelli tauonici. A complicare il panorama, si aggiunge il fatto che sono particelle trasformiste: cambiano sapore passando dall’uno all’altro, rendendosi quindi irriconoscibili.

Nonostante la loro elusività negli ultimi anni grazie alla ricerca i neutrini ci hanno svelato un mucchio di cose interessanti. Prima di tutto li abbiamo osservati provenire dal nostro Sole come prodotto delle reazioni nucleari che lo mantengono acceso. Successivamente sono stati osservati poco più che una manciata di neutrini provenienti dalla supernova 1987a. Si è trattato di neutrini di energia relativamente bassa, per i quali è sempre possibile una contaminazione da parte della radioattività terrestre e dell’atmosfera, essa stessa capace di produrre neutrini dalle interazioni dei raggi cosmici con gli atomi dei suoi gas.

Oggi la punta più avanzata della ricerca sui neutrini è indirizzata verso quelli ad alta ed altissima energia la cui provenienza cosmica è indiscutibile. Il cacciatore di neutrini più importante è certamente IceCube. Questo rivelatore di neutrini è costruito presso una installazione scientifica nel Polo Sud. Allo stesso modo del suo predecessore, l’AMANDA, IceCube viene costruito immergendo nel ghiaccio antartico, ad una profondità che varia tra 1,45 km e 2,45 km, dei rivelatori a geometria sferica nei quali sono alloggiati dei fotomoltiplicatori (PMT). Tali sensori sono disposti in pozzi verticali di sessanta moduli ognuno. I pozzi vengono costruiti usando un “trapano” a forma di cono che spruzza acqua calda.

Per catturare gli inafferrabili neutrini occorre convincerli a interagire con la materia: dall’interazione dei neutrini muonici, per esempio, si producono muoni ed è proprio tracciando il muone (un mesone abbastanza stabile) che riusciamo a ricostruire le caratteristiche del neutrino che l’ha generato. Peccato che i neutrini siano così restii a interagire con la materia che, per avere una seppur piccola possibilità di convincerli, è necessario mettere di mezzo il più grande spessore di materia del quale disponiamo: tutta la Terra.

Per catturare le sorgenti di provenienza dei neutrini dovremmo scandagliare una zona di cielo di oltre 10 gradi, una zona enorme e la nostra strumentazione attuale ci permette di arrivare con fatica a questa soglia ed è un peccato perché i neutrini che viaggiano in linea retta, conservano la direzione della loro provenienza e quindi potrebbero rivelarci il punto esatto della loro origine.

La lotta per catturare gli inafferrabili neutrini è aperta anche se estremamente difficile, per avere un termine di paragone una di queste particelle impiega soltanto 4 centesimi di secondo per attraversare tutto il nostro pianeta.

Valmont57

Diversamente giovane, fondatore di Wiki Magazine Italia, (già Scienza & DIntorni), grande divoratore di libri, fumetti e cinema, da sempre appassionato cultore della divulgazione storica e scientifica.

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