Ogni giorno sulla Terra ci sono in media 43.000 temporali, circa 1.800 l’ora, che producono circa 100 fulmini al secondo, pari a più di 8 milioni di lampi che si abbattono sulla superficie terrestre, ogni giorno.
La fisica dei fulmini è ancora abbastanza misteriosa, ma si può affermare con ragionevole certezza che essi sono prodotti quando le nuvole acquisiscono una carica elettrica. La parte più bassa della nuvola è caricata negativamente e grazie al fenomeno dell’induzione il terreno vicino alla nube si carica positivamente generando un campo elettrico tra la nuvola e la superficie terrestre interessata.
A questo punto la differenza di potenziale tra la nuvola e la terra raggiunge decine di milioni di volt, e tra le due parti si genera un lampo di luce (una scarica elettrica). Contrariamente a quanto si pensi, i fulmini sono bidirezionali, ovvero vanno dalla nuvola alla terra e dalla terra alla nuvola.
Le correnti elettriche in un fulmine medio ammontano a circa 50.000 ampere mentre la potenza massima generata si aggira intorno ad un trilione di watt.
Il tutto dura soltanto per pochi microsecondi pertanto l’energia totale rilasciata è quella equivalente all’energia consumata da una lampadina di 100 watt in un mese. Ecco perché sarebbe inutile (al di la di ogni altra considerazione tecnica) cercare di raccogliere l’energia dei fulmini per utilizzi di tipo civile.
L’energia del fulmine scalda l’aria fino a circa 20.000 gradi Celsius, tre volte la temperatura della superficie del nostro Sole. Quest’aria super calda sbatte contro l’aria più fredda circostante provocando un’onda di pressione che da vita ad un’onda sonora che viaggia attraverso l’aria (il tuono). L’onda sonora viaggia a circa un chilometro ogni tre secondi e questo ci permette di calcolare con sufficiente precisione quanto distante da noi è caduto un fulmine.
Il fortissimo riscaldamento dell’aria causato da un fulmine provoca inoltre il caratteristico sentore di freschezza che ci capita di constatare soprattutto in campagna subito dopo un temporale. Si tratta dell’odore caratteristico dell’ozono una specifica forma molecolare dell’ossigeno costituito da tre atomi di questo elemento che viene prodotta durante il rilascio dei fulmini.
Pericolosi quando giungono a terra i fulmini però nell’atmosfera si comportano come dei veri e propri “spazzini” dei composti inquinanti perché favoriscono la formazione di grandi quantità di molecole ossidanti. Lo afferma uno studio pubblicato su “Science” dalla State University of Pennsilvanya coordinato dal meteorologo William Brune.
Il radicale idrossile è un radicale ossidante di formula ·OH naturalmente presente nell’atmosfera e nell’organismo umano. Mentre però nell’organismo umano questo radicale genera apprensione perché danneggia le strutture cellulari, nell’atmosfera questi svolge una funzione per così dire “ripulente” della stessa. Questa specie molto reattiva di ossigeno è capace di ossidare la maggioranza dei composti chimici presenti nella troposfera, gas serra inclusi.
Il radicale ossidrile è prodotto per lo più dalla radiazione solare e quindi la sua concentrazione è piuttosto bassa nella troposfera poiché a causa della sua reattività la vita media è inferiore al secondo. Era già noto che i fulmini producessero sia pure in quantità marginale questo radicale durante gli eventi temporaleschi. Lo studio di Brune adesso ha accertato che durante una tempesta, i fulmini generano direttamente sia iperossido che radicale ossidrile, in quantità enormemente superiore rispetto alle precedenti misurazioni.
Secondo lo studio il radicale ossidrile generato dai fulmini durante le tempeste a livello globale ammonterebbe ad una capacità ossidante dell’atmosfera che si colloca tra il 2 e il 16%.
fonte:
Le Scienze, luglio 2021, ed. cartacea
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