I banchetti nella Roma medievale

Tra il XIII e il XV secolo il cibo e la sua ostentazione ricopriranno un ruolo fondamentale nella definizione dello status symbol delle classi dominanti. Il banchetto, spesso svolto in un luogo pubblico, dove la gente normale può sbirciare il lungo susseguirsi delle portate, lo sfarzo di vasellame e stoviglie, l’eleganza e il numero degli invitati assume quindi una manifestazione di potere e di rilievo sociale delle famiglie in grado di organizzarlo.

A questo proposito i banchetti della Roma medievale e papalina né sono un’espressione chiara e persino didascalica. Come quello che Cola di Rienzo (1313-1354), l’ultimo dei “Tribuni del Popolo“, come amava farsi definire offre nel 1347 ai Romani, davanti a San Giovanni in Laterano. La piazza dove viene allestito il banchetto è pervasa dai fumi e dagli aromi dei maiali e dei capretti arrostiti, cucinati su enormi bracieri. Dalla statua di Marco Aurelio collocata in sito fino al 1357 quando verrà spostata in Campidoglio, viene incessantemente servito vino bianco e rosso a profusione. I Romani che partecipano al banchetto gozzovigliano senza alcun riguardo per l’etichetta, urlando, ridendo sguaiatamente e insudiciando tutto. Al termine del banchetto la piazza è cosparsa da resti di carne, ossa, pane e pozze di vino.

Le cose cambiano nel secolo successivo dove i banchetti allestiti in piazza in occasione dell’elezione di Sisto IV, in Roma (1471), sono di ben altra natura. Ad esempio quello offerto dal cardinale Pietro Riario, nipote di Sisto IV nel 1473 per Eleonora d’Aragona e il suo seguito in piazza Santi Apostoli, si caratterizza per la sua raffinatezza e per i partecipanti che appartengono tutti al mondo aristocratico e religioso dell’Urbe.

Questo processo di “civilizzazione” dei banchetti, nei quali si introduce una maggiore attenzione al galateo e all’etichetta, inizia già nel Trecento, sull’onda di nuove ricorrenze religiose solennizzate anche a tavola, come l’istituzione dell’Epifania, introdotta fra le festività all’indomani del Giubileo nel 1301 e quindi celebrata con più fasto dopo la conclusione del Grande scisma.

I banchetti sono organizzati dai maestri di cerimonia su indicazione dei committenti. Si tratta di cerimonie pubbliche che hanno il preciso scopo di essere osservate dal popolino. Se ha luogo d’inverno il banchetto sarà tenuto nel salone grande di casa, quando viene la bella stagione invece si sceglie come sede un giardino oppure una piazza, così che dalle strade circostanti il popolo possa assistervi e ammirare la successione delle portate.

La tavola viene ornata da argenterie, cristalli e vasellame pregiato, spesso realizzati appositamente da illustri artisti come Benvenuto Cellini o il celeberrimo Tobia che per montare un liocorno d’argento chiedere lo spropositato onorario di 17.000 ducati.

Il banchetto spesso segue un filo conduttore derivato dalla storia dell’Antica Roma o da quella greca, oppure dalla mitologia ed ha una durata lunghissima. Per ore e ore si susseguono portate di tre piatti ognuna, composte di carne, pesce, cacciagione, pollame, legumi, frutta, dolciumi e ogni ghiottoneria più ricercata. Tra una portata e l’altra gli ospiti vengono allietati da danze, pantomime, canzoni e recite in versi latini. Per avere un’idea di quanto era possibile ingurgitare in questi banchetti romani riportiamo la descrizione di un cronista coevo del banchetto servito in onore di Eleonora d’Aragona: «Placti cinque con duy caponi per uno, coperti con bianco mangiare con grani di melagranati inaurati et dieci scutellectae com dieci pollastri coperti con sapore pavonazo, garbo et vino corso»; inoltre «confecture dieci con dieci navi de zuccaro de sopre piene de gliandi et rose de zuccaro et diece tasse con pinchyata in forma de pissci de diverse manere».

Seguono «placti cinque depessce frisco in argento con poma range. Tre conche de ariento piene de pessce in gelatina»; e infine «placti cinque de torte de herbe inargentate, cresomola, cerase». È in questo periodo che si introduce l’abitudine di servire dei sorbetti ghiacciati tra una serie di portate e le altre, alfine di favorire la digestione degli ospiti e aprire lo stomaco per le successive libagioni.

Queste vere e proprie maratone di cibo ogni tanto provocavano delle vittime come accadrà a Papa Alessandro VI presso la dimora del cardinale Adriano Castellesi di Corneto durante un banchetto morì probabilmente a causa di una congestione anche se un’altra tesi sostiene che fu avvelenato durante questo incontro conviviale.

Fonti:

alcune voci di Wikipedia

Il Medioevo giorno per giorno di L. Gatto

Valmont57

Diversamente giovane, fondatore di Wiki Magazine Italia, (già Scienza & DIntorni), grande divoratore di libri, fumetti e cinema, da sempre appassionato cultore della divulgazione storica e scientifica.

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