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I cavalieri medioevali

Se c’è un prototipo del cavaliere medioevale, per intenderci quello con cotta, armatura e cavallo bardato, questo si ispira senz’altro ai cavalieri normanni che invasero l’Inghilterra, soggiogandola, dopo la battaglia di Hastings del 1066.

Una delle prove più convincenti si ritrova nel celeberrimo arazzo di Bayeux, noto anche con il nome di arazzo della regina Matilde. Si tratta in realtà non di un vero e proprio arazzo ma di un tessuto ricamato  lungo più di 68 metri realizzato in Normandia o in Inghilterra nella seconda metà dell’XI secolo, che descrive per immagini gli avvenimenti chiave relativi alla conquista normanna dell’Inghilterra del 1066, culminanti con la battaglia di Hastings. Circa la metà delle immagini rappresenta peraltro fatti precedenti l’invasione stessa. Si tratta di un autentico capolavoro che raffigura 626 persone, 202 cavalli e muli, 505 animali di altro genere, 37 edifici, 49 alberi. Un totale di 1515 oggetti che forniscono importanti spunti storici sulla vita e la tecnologia del XI secolo.

I veri protagonisti sono però i cavalieri normanni muniti di cotte di maglia, elmi a calotta con tanto di nasale e grandi scudi a goccia, rappresentati nelle più varie azioni. E’ questa l’immagine che associamo ai cavalieri medioevali, guerrieri “imbragati” in armature pesantissime che se fornivano una buona protezione contro le offese del nemico, ma impacciavano i movimenti e richiedevano continua assistenza da parte di uno scudiero.

In realtà le cose non stavano esattamente così. Soprattutto nell’Alto Medio Evo la corazzatura era piuttosto leggera. Il capo più pesante, elmo a parte, era costituito da una cotta formata da centinaia di anelli di metallo ribattuti e agganciati a gruppi di quattro che coprivano le parti vitali, ossia le spalle e il torace. La fitta maglia di ferro garantiva libertà di movimento e impediva di ferire alle stoccate di punta, ma si rivelava abbastanza inefficace se il colpo veniva dato di taglio oppure inferto con forza dall’alto al basso.

Per ovviare parzialmente a questo inconveniente il cavaliere sotto la cotta di maglia indossava un’ulteriore protezione fatta di cuoio bollito o di stoffa imbottita. Con il passare del tempo la cotta si estese a protezione delle braccia e delle cosce del cavaliere.

Nel corso del XIV secolo, pian piano iniziano a diffondersi ulteriori protezioni di ferro applicate alle braccia e alle gambe e in corrispondenza delle articolazioni, unitamente a un elmo coperto da una visiera anch’essa metallica, magari munito di barba di ferro – simile alla cotta di maglia – a protezione del collo e della nuca. Un’armatura di questo genere, completa, poteva arrivare a pesare anche 40 chilogrammi!

Uno dei rischi che correva un cavaliere così corazzato era quello di rimanere disarcionato o peggio ancora, in caso di uno scontro lungo il guado di un fiume, di cadere da cavallo ed essere trascinato sul fondo dal peso dell’armatura. In quest’ultimo caso il suo destino era segnato: morte per annegamento certa.

Un altro inconveniente era il surriscaldamento che una corazzatura di metallo subiva sotto i raggi del sole. Rimanere esposti anche per poche ore ad una simile eventualità metteva a dura prova la resistenza di qualunque guerriero. Abbigliati in questo modo i cavalieri erano indistinguibili gli uni dagli altri, per questo portavano il loro stemma dipinto sullo scudo o sulle armi, in modo da essere identificati con certezza.

Anche il cavallo era corazzato. Di solito erano previste protezioni per la testa, per il collo e per il petto. Tutto questo peso richiedeva una bestia dalla struttura fisica possente e di statura notevole per questo si faceva ricorso spesso a stalloni appartenenti ad esempio alla razza Frisone. Quasi tutti i cavalieri avevano però più di un cavallo, sia per dare respiro a quelli sfiancati sia per l’impiego in diverse situazioni operative.

L’arma “cavalleresca” per eccellenza era la spada. Di solito era a doppio taglio e con un’impugnatura più o meno elaborata a seconda della ricchezza e del rango del suo proprietario. Un cavaliere non si separava mai dalla sua spada. Quest’arma assunse anche un notevole valore simbolico che in qualche modo sottolineava la nobiltà del suo possessore. Nel Trecento furono scritti numerosi manuali esplicativi con tanto di disegni sull’arte del combattimento con la spada.

Il più antico trattato di scherma finora conosciuto è il London Tower Fechtbuch (anche noto come manoscritto numero I.33, conservato in originale nell’Armeria reale di Leeds): databile al 1320 circa, illustra una serie di azioni tra due monaci, un maestro e un allievo, armati di spada e di brocchiero, cioè un piccolo scudo circolare.

Ma ogni guerriero poteva diventare un cavaliere? La cosa non era così semplice. Innanzi tutto occorreva essere abbastanza ricchi da poter comprare e mantenere un cavallo. Inoltre occorreva avere sufficienti risorse per assoldare e mantenere uno o più scudieri che fra l’altro avevano il compito di prendersi cura dei cavalli. E per completare il tutto, le sostanze del cavaliere dovevano essere sufficienti per la sua dotazione di armi ed armature.

Per diventare cavalieri occorreva superare un tirocinio di molti anni. Sin da piccolo, cioè intorno agli otto anni, l’aspirante entrava come paggio alla corte di un nobile per apprendere l’arte della guerra. A quattordici anni passava al rango di scudiero, ossia di “reggiscudo” – donde il nome – di un cavaliere già maturo, che diventava in pratica il suo tutore.

Qualche volta allo scudiero poteva capitare di combattere a fianco del suo signore. Dopo un lungo apprendistato, se dimostrava di essere affidabile e valoroso, poteva ambire “all’investitura”, durante una cerimonia pubblica che si concludeva con un “colpetto” sulla guancia o sulla nuca da parte del suo signore.

I cavalieri diventavano così dei veri “professionisti” della guerra che costituiva la loro unica attività. D’altra parte la chiamata alla guerra da parte dei grandi feudatari costituiva per il cavaliere anche una preziosa occasione per fare bottino ed accrescere il proprio rango sociale. Non di rado infatti i sovrani o i grandi signori ricompensavano i cavalieri più fedeli e che si erano particolarmente distinti con feudi o terreni che ne accrescevano prestigio e ricchezza.

Valmont57

Diversamente giovane, fondatore di Wiki Magazine Italia, (già Scienza & DIntorni), grande divoratore di libri, fumetti e cinema, da sempre appassionato cultore della divulgazione storica e scientifica.

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