Lo scontro Mussolini-Farinacci

Roberto Farinacci, nato a Isernia il 16 ottobre del 1992, pur essendo un uomo rozzo, violento e persino sgrammaticato giuocò un ruolo fondamentale nei primi anni del regime fascista. Ferreo propugnatore dello squadrismo violento, ottenne un successo politico incontestabile all’indomani del delitto Matteotti, costringendo Mussolini ad assumersi la responsabilità morale di quanto accaduto nel discorso del 3 gennaio 1925.

Farinacci, Segretario del Partito

In quelle circostanze Farinacci sostenne a spada tratta un Mussolini in forte difficoltà, mettendo provvisoriamente da parte le differenze che iniziavano a covare tra l’ala governista del regime, rappresentata dal Duce e quella “rivoluzionaria” che faceva capo a lui, diventato il 12 gennaio 1925 Segretario Nazionale del Partito.

Il Duce che teneva sotto controllo, anche attraverso l’OVRA tutti i gerarchi del partito, riceveva quasi quotidianamente informative su Farinacci e le sue imprese. I primi segni dei contrasti tra Mussolini e Farinacci iniziano a maturare nei primi mesi del 1925. Il Duce ormai saldo al potere, vuole far indossare il doppio petto al regime, constata come Farinacci, nonostante le sue raccomandazioni, sta scatenando gli squadristi in gran parte del Nord Italia.

La rottura

Appare chiaro come il Segretario del Partito intenda “sostituirsi” a Mussolini come leader dello squadrismo rivoluzionario. Al Duce vengono recapitati manifesti contenenti slogan quali “Per Farinacci, solo e vero Duce del Fascismo, Eja Eja Alalà“. Mussolini chiede spiegazioni allo spregiudicato gerarca che gli risponde negando di saperne niente. Il tono però non piace al Duce.

La rottura fra i due si verifica verso la fine del 1925. Lo testimonia un lungo telegramma riservato che Mussolini, per dare maggior ufficialità a quanto scrive, indirizza al prefetto di Cremona: Voglia comunicare all’on. Farinacci quanto segue: «Ho dato tassativo ordine di emanare entro oggi decreto di scioglimento delle squadre, fra le quali sono molti di dubbia fama, come recenti cronache criminali documentano ampiamente. I miei ordini non si votano, si accettano senza riserve. Poiché quando è in gioco il prestigio del governo sono indiscutibili. Mio ordine è preciso: tutte le formazioni squadristiche, a cominciare dai Corsari neri del troppo loquace Castelli, saranno sciolte a qualunque costo, dico a qualunque costo. È gran tempo di fare separazione necessaria: i fascisti con i fascisti, i delinquenti con i delinquenti, i profittatori con i profittatori».

Farinacci emarginato

Alcuni mesi dopo Farinacci viene esonerato da tutti gli incarichi di partito. Augusto Turati viene nominato Segretario del Partito Fascista. Farinacci si ritira provvisoriamente nella “sua” Cremona. La città che aveva conquistato con la violenza durante la prima fase di presa del potere del regime.

Ma l’uomo non demorde. Utilizzando le colonne del suo giornale “Il Regime Fascista” attacca ad alzo zero tutti: il nuovo segretario Turati, Italo Balbo, il ministro degli Interni Federzoni e persino l’organo ufficiale del PNF, “Il Popolo d’Italia“, diretto dal fratello del Duce, Arnaldo Mussolini.

La lettera di Mussolini

Furibondo attacca lo stesso Duce, arrivando a scrivergli che vuole “ucciderlo moralmente e politicamente“. Mussolini alla fine perde la pazienza e in una lunga lettera, il 10 giugno 1926 così replica:

Caro Farinacci

alla tua lettera-sfogo rispondo molto brevemente e semplicemente quanto segue:

a) Non è vero che io ti voglia assassinare moralmente e politicamente. Frasi grosse e grottesche. Il vero è piuttosto il contrario. Io da tre mesi faccio il possibile per salvarti politicamente e moralmente. Ma tu non sei stato a posto. Dopo le tue dimissioni da segretario generale del partito hai dimostrato di non saper stare tranquillo nei ranghi, ma hai assunto arie le quali hanno sollevato un disagio abbastanza notevole nel partito e speranze eccessive in tutti gli avversari. b) Nel mio atteggiamento verso di te dal gennaio del 1926 in poi non giocano affatto i motivi cui alludi – alcuni dei quali assolutamente ridicoli – bensì la tua campagna contro il Ministero dell’Interno; campagna che ritengo profondamente ingiusta e dannosa al regime non fosse altro per le soddisfazioni e speranze che regala agli avversari. c) La nera ingratitudine non esiste né verso di te né verso chicchessia; né oggi, né nel secondo semestre del ’24, né mai. Può darsi che io debba qualche cosa a qualcuno, te compreso; ma gli altri mi debbono un’infinita gratitudine, te compreso. Io sono di gran lunga creditore di tutti, indiscutibilmente. Tutti in Italia e fuori sanno (te compreso) che se il regime vive e vincerà le tremende battaglie alle quali va incontro gli è perché io vivo e lavoro sedici ore al giorno come un negro. Lasciamo stare il tasto dell’ingratitudine! E ricorda piuttosto che io ti chiamai a reggere il partito quaranta giorni dopo il mio discorso del 3 gennaio, appunto per darti una prova solenne di riconoscimento per quanto avevi fatto per il partito nel periodo quartarellaro. (si riferisce al periodo del caso Matteotti).

E ricorda che l’ordine del giorno del Gran consiglio del 30 marzo ’26 di plauso alla tua opera fu dettato da me. Tale riconoscimento confermo oggi, aggiungendo però che da sei mesi tu non cammini più sul retto sentiero della disciplina. Da tre mesi ti ripeto queste parole. S.E. Teruzzi** può testimoniarlo. d) Negare l’esistenza del fattaccio bancario di Parma è un colmo! Per ciò che riguarda “Il Popolo d’Italia” ti hanno venduto del fumo. Ricordo perfettamente che durante il processo Candiani il conte L. fece un’offerta al mio giornale, ma ricordo altrettanto perfettamente che io – proprio io – pregai l’avvocato intermediario di restituire la somma – ventimila lire – al signor conte. Il regime, cioè il governo, e se vuoi il sottoscritto, non si occupa affatto della tua professione. Ho veramente altro da fare io, specie in questo momento nel quale tutto il mondo dell’antifascismo è in agguato nella speranza vaga di far tracollare il regime sul terreno economico-finanziario. e) Il disagio nel partito è originato in gran parte dal tuo atteggiamento di indisciplina spirituale, di monopolizzatore della purezza e della salvezza del partito, dal tuo continuo lanciare accuse generiche alle quali non fai seguire precisazioni concrete, dai tuoi contatti e dai tuoi discorsi (anche sul treno Milano-Genova) ma soprattutto dai discorsi dei tuoi amici i quali hanno la lingua troppo lunga. Ancora una volta, ed è l’ultima, ti ripeto: «Obbedisci a Turati» e, smettendo quell’aria di antipapa che aspetta o fa credere di aspettare la sua ora, riconciliati con Federzoni che non ha rancori di sorta verso di te, che non merita i tuoi sospetti e che è un servitore devoto del regime; riconciliati con Balbo che ha anche lui meriti indiscutibili verso il partito e che fu durante il periodo quartarellaro particolarmente preso di mira dagli avversari del regime; e fa la polemica soltanto contro i nemici del fascismo. E soprattutto evita la massoneria. L’atmosfera si chiarirà; l’avvenire ti sarà aperto e gli avversari non avranno la gioia di vederti bandito dalla vita politica.

Ricordati che chiunque esce dal partito decade e muore. Cordiali saluti

Mussolini

La fine di Farinacci

Dopo questa dura presa di posizione Farinacci fu emarginato dalla vita politica del Partito e del regime fino al 1935 quando il Duce decise di reintegrare l’ex avversario nel Gran Consiglio del Fascismo. Il gerarca che seguì Mussolini nella disperata avventura della Repubblica Sociale Italiana fu catturato nei pressi di Beverate, in provincia di Lecco con 12 valigie colme di denaro e gioielli.

Dopo un sommario processo veniva fucilato il 28 aprile 1945 in una piazza di Vimercate.

La fucilazione di Farinacci

Per saperne di più:

Farinacci. L’antiduce. In appendice il «Diario 1943» del gerarca più fascista di Mussolini – Acquista QUI

Valmont57

Diversamente giovane, fondatore di Wiki Magazine Italia, (già Scienza & DIntorni), grande divoratore di libri, fumetti e cinema, da sempre appassionato cultore della divulgazione storica e scientifica.

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