Da qualche settimana Netflix propone una serie ispirata al romanzo “Il Gattopardo” di Giovanni Tomasi di Lampedusa. La serie completa un tris d’eccezione insieme al romanzo e al grandioso film di Luchino Visconti del 1963. In questo articolo tratteremo, pur con la necessaria sintecità, le tre opere.
«Se non ci siamo anche noi, quelli ti combinano la repubblica in quattro e quattr’otto. Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi»
(Tancredi Falconeri, allo zio don Fabrizio Corbera, Principe di Salina)
Mai capolavoro della letteratura italiana avrà una vita editoriale così travagliata. Giovanni Tomasi di Lampedusa scriverà il suo primo e unico romanzo a cavallo degli ultimi anni della sua vita, tra il 1956 e il 1957, anno della sua morte. Al principio della primavera del 1956, l’autore cominciò a dettare i primi capitoli del Gattopardo all’allora giovanissimo Francesco Orlando, al quale Tomasi impartiva lezioni private di Letteratura inglese, che le batté a macchina in quattro copie.
Il manoscritto inviato nel 1957 fu respinto da diverse case editrici, tra le quali Mondadori ed Einaudi. Pubblicato postumo nel 1958, l’anno successivo vinse il Premio Strega.
Le vicende editoriali de “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa sono tanto affascinanti quanto travagliate, segnate da rifiuti iniziali e da un trionfo postumo. La storia della sua pubblicazione è un vero e proprio “caso letterario“, che ha contribuito a consolidare il mito del romanzo.
Le vicende editoriali de “Il Gattopardo” sono un esempio di come un’opera possa essere inizialmente fraintesa e poi riconosciuta come un capolavoro.
Inquadrato inizialmente come romanzo storico Il Gattopardo è molto di più. Attraverso il racconto delle vicende del Principe di Salina e della sua famiglia non soltanto si descrive una cruciale fase storica della Sicilia e dell’Italia, una pagina del Risorgimento che apre di fatto il romanzo nel maggio del 1860 ma esplora le caratteristiche per così dire “antropologiche” dell’aristocrazia siciliana e più in generale della classe dominante.
Il lento e inelluttabile decadimento di un’epoca e delle ferre convenzioni sociali su cui poggiava, sono accompagnati dalla descrizione impeccabile della Sicilia, vero protagonista dell’opera di Tomasi di Lampedusa. Una terra bella quanto selvaggia e desolata, riarsa da una calura opprimente, con colori accesi che si contrastano in una solo apparente disarmonia.
Il fatalismo del Principe di Salina è anch’esso un archetipo dei siciliani che hanno visto succedersi nella loro storia millenaria una moltitudine di invasori, sconfitti non con la forza delle armi ma con la sopportazione, l’indifferenza, la capacità di adattamento. Il romanzo è permeato da forti contrasti e intriso di storia, dove convivono bellezza e decadenza, tradizione e cambiamento.
Il progetto di portare “Il Gattopardo” sul grande schermo inizialmente era stato affidato a Mario Soldati e poi a Ettore Giannini, ma entrambi abbandonarono per divergenze con il produttore Goffredo Lombardo. Fu quindi scelto Luchino Visconti a cui però fu affidata ampia autonomia per l’adattamento cinematografico del capolavoro di Tomasi di Lampedusa. Alcune curiosità sul film.
Il casting:
La scena del ballo:
L’attenzione ai dettagli:
Rapporti sul set:
Fotografia:
La serie TV “Il Gattopardo”, disponibile su Netflix, si presenta come un ambizioso adattamento del celebre romanzo di Tomasi di Lampedusa, cercando di espanderne la narrazione e di offrire una nuova lettura dei personaggi. L’opera si distingue per la sua cura nella ricostruzione storica e per la qualità della produzione, con costumi e scenografie che immergono lo spettatore nell’atmosfera della Sicilia risorgimentale.
Tuttavia, la serie divide la critica: se da un lato viene apprezzato lo sforzo di approfondire le dinamiche psicologiche dei protagonisti, dall’altro alcuni critici lamentano una certa freddezza nella narrazione e una mancanza di empatia verso i personaggi. La serie sembra voler modernizzare il racconto, strizzando l’occhio a un pubblico più giovane e a produzioni in costume di successo, ma questa scelta rischia di snaturare l’essenza del romanzo, che si basa su una profonda riflessione sul tempo e sulla decadenza.
Kim Rossi Stuart offre un’interpretazione intensa del Principe di Salina, riuscendo a trasmettere la malinconia e l’ironia del personaggio, ma alcuni lo trovano distante dalla figura carismatica del romanzo. Nel complesso, la serie si lascia guardare, ma non riesce a raggiungere la potenza emotiva del film di Visconti, rimanendo un adattamento ambizioso ma non del tutto riuscito.
Per saperne di più:
Col suo folto e bianco mantello peloso, l'Orso polare si mimetizza bene sulle nevi e…
Nella giornata del fiocchetto lilla - disturbi alimentari - approfondiamo l’importanza del cibo nella nostra…
Questa è la stella solitaria più vicina alla Terra, distante appena 5,96 anni luce
La sonda ha completato il suo primo flyby nel suo viaggio verso Giove
C’è tempo fino al 15 marzo per candidarsi all’originale iniziativa promossa dal Comune di Siculiana in collaborazione…